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Versailles: profumo della finzione, tanfo della realtà

La serie Netflix (3 stagioni dal 2015 al 2018) racconta la corte del Re Sole. Ma qual è la verità storica di Versailles?

di Francesca Sarah Toich
16/08/2022
in Artwork, Long form, saggi, analisi
Cover di Versailles per Mondoserie
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Versailles, serie franco canadese in onda dal 2015 al 2018 (3 stagioni, 30 episodi, su Netflix), ha suscitato fin da subito la collera dei francesi. Possibile che proprio la storia del Re Sole, il monarca che disse “la Francia sono io”, sia stata realizzata da sceneggiatori britannici con un cast tutto inglese? Oltretutto il co-produttore della serie è Canal+, il principale diffusore televisivo in Francia, che invece di dar voce agli attori ed esponenti del cinema “locale” ha preferito la certezza mediatica della lingua inglese.

L’amarezza perdura dal debutto e vaga ancora oggi nelle critiche del web. Gli ideatori però non avevano tutti i torti: la prima stagione di Versailles ha riunito ad ogni episodio un milione di francesi (erano poi così incazzati?) ed è stata la serie più venduta all’estero. 

Ascolta qui la versione podcast di questo articolo.

Versailles e il suo protagonista: un monarca rivoluzionario.

DUBBI. È storicamente corretta? No. 

Rende giustizia al sovrano più famoso di tutti i tempi? Mah.

Certamente se siete appassionati di costumi, palazzi, giardini e intrighi di corte non        potete perdervela. Io l’ho divorata senza batter ciglio. Una volta finita tuttavia mi sono chiesta:  era davvero così la vita dei nobili all’epoca? In queste pagine scopriremo insieme non solo molti dettagli e curiosità della serie ma vi parlerò della vera Versailles, delle feste, dei costumi, della sontuosa cucina del Re Sole e di alcune abitudini dell’epoca che vi faranno letteralmente rizzare i capelli!

Cominciamo da alcune considerazioni sulla serie. Fin dai primi episodi si è chiaramente voluto mostrare le debolezze e le palpitazioni amorose di Luigi XIV, ruolo affidato a George Bladen: che “tiene il colpo”, dicendola alla francese, ma è ben lontano dal monarca realmente esistito. Moltissimi registi hanno tentato di dare un carattere cinematografico ad una figura così potente nell’immaginario popolare. Uno dei lavori più singolari resta senz’altro La presa del potere di Luigi XIV, film realizzato da Roberto Rossellini nel 1966 per la tv francese. 

Nulla a che vedere con la bella e patinata serie tv di cui stiamo parlando, anzi, il regista italiano cercò di restare il più fedele possibile alla realtà storica. Ma anche in quel caso Jean-Marie Patte, attore e artista scelto da Rossellini per interpretare il Re, non riesce a entrare pienamente nel personaggio. Difficile per un attore incarnare il vero Luigi XIV, un assolutista che a soli diciotto anni si dichiara tutt’uno con lo Stato per volere divino, regnando per settantadue anni e centodieci giorni (record ancora imbattuto in Europa) e rivoluzionando la politica, l’arte, la danza, il teatro, la moda, la cucina, la caccia, l’architettura, l’urbanistica, la concezione della donna, la musica, la guerra e persino il modo di divertirsi.

Foto: Versailles, il cast
Il cast di Versailles, serie franco-canadese (2015-2018)

Alla tavola del Re Sole

Il Re Sole, soprannome ottenuto a ventun anni quando interpreta Apollo nel balletto Reale della notte, fu un uomo di una forza inconsueta. Cacciatore indefesso, amante insaziabile (nonostante le sue numerose relazioni non mancò di onorare il letto nuziale nemmeno una notte) sopravvisse a numerosissime congiure e malattie. 

Che ci fosse qualcosa di straordinario nella sua struttura si capiva dall’appetito. 

È noto che mangiasse da solo, facendosi guardare da tutta la corte. All’ora di pranzo, davanti alla sua tavola, in piedi, stavano principi, principesse, duchi, marchesi, ambasciatori e altri ospiti. Attorno a lui, e dietro di lui, guardie, camerieri e servitori. 

Anche i pasti, come tutti i minuziosi particolari della sua vita, erano uno spettacolo. 

Sappiamo da diversi scrittori, in testa il biografo di Corte Saint-Simon, che il re non mangiava, piuttosto ingoiava. E aveva proibito la forchetta, in uso in Francia da più di un secolo. Lui non la sopportava al punto che neppure i bambini a corte avevano il diritto di imparare ad usarla. Per Luigi XIV il rapporto col cibo cominciava dalle dita: il cibo andava toccato, palpato. Si dice fosse molto abile con il coltello. Una cena normale del re consisteva in 14 antipasti, 4 arrosti, 4 insalate e 6 piatti finali tra dolci e frutta. In tutto, 28 portate.  In un giorno di festa arrivò a mangiare 54 diversi piatti. 

Per noi oggi ha dell’incredibile, ma all’epoca le persone (quelle che potevano permetterselo naturalmente) mangiavano molto più. Rimaniamo comunque attoniti leggendo il diario della principessa Palatina, moglie del fratello del Re, che, come tutto il resto della corte, per prassi doveva ogni giorno restare a guardar pranzare il sovrano dall’inizio alla fine: “Ho visto sovente il re mangiare quattro piatti colmi di zuppe diverse, un intero fagiano, una pernice, un copioso piatto di insalata, due grandi fette di prosciutto, del montone al sugo, un piatto di dolci e poi ancora della frutta e uova sode.” 

Quello che il re avanzava, veniva distribuito tra i nobili e poi tra i servi. Nulla andava buttato in una corte dalle gerarchie precisissime in cui ogni momento era regolato da un inflessibile cerimoniale. 

Molière cena con Luigi XIV. Dipinto di Jean-Auguste Dominique Ingres (1857)

La messa in scena del potere

Perché nella serie non si vede l’esile e longilineo George Bladen affrontare una simile abbuffata? Oppure non ci capita di ammirarlo seduto sulle comode in velluto a defecare mentre parla di affari, come spesso faceva il Re Sole?  Fin dal primo episodio, poi, Luigi XIV svolge i suoi incontri amorosi a tu per tu con l’amante, in un’atmosfera intima e personale, che lascia molto spazio a primi piani ed emozioni del protagonista.

Un Re, al tempo, non era mai solo. Veniva seguito dai servi dalla nascita alla tomba. Da sempre, un valletto prescelto dormiva ai suoi piedi, attaccato a lui da una corda legata al polso. Ogni movimento era seguito e monitorato da decine di osservatori.  Forse risulta impossibile oggi tradurre una simile cattività, tanto siamo abituati al concetto che fare “certe cose” in pubblico risulti inevitabilmente un disonore. All’epoca non lo era affatto, tantomeno per un sovrano il cui compito era quello di rendersi il più visibile possibile dalla sua cerchia.

L’astuzia di Luigi XIV fu di trasformare questa sua “prigionia” in uno spettacolo quasi religioso di totale devozione alla sua figura. È noto che ogni mattina pochi eletti potevano assistere al suo risveglio e alla sua toilette. E che durante tutto l’arco della giornata la nobiltà che lo circondava faceva a gara per essere presente ad ogni suo gesto, parola, dichiarazione. Luigi XIV aveva praticamente obbligato molti nobili di Francia a vivere a Versailles. L’affitto degli appartamenti e i costi di vitto e alloggio erano esorbitanti. Ma stare a Versailles era uno dei pochi modi per far parte dell’elite.

Foto: Versailles, il Re Sole nella reggia
Versailles: il Re Sole nella reggia

Versailles: com’era davvero 

Era davvero il castello dorato che vediamo oggi? Così lustro e magnifico come ci mostra la serie?  Erano tutti giovani, belli e profumati, magri e dai capelli fluenti? E le feste si svolgevano sontuose ed elegantissime come viene mostrato in tutte le stagioni di Versailles? I costumi straordinari che vediamo indossare dagli attori, con mille ricami luccicanti, le camicie bianchissime, gli stivali e i gioielli maestosi, sono gli stessi dell’epoca?

Cominciamo dai divertimenti: in realtà le feste erano molto meglio di quanto viene mostrato nella serie tv. Tanto per citarne una a caso, la festa del 1664 intitolata dal Re “I piaceri dell’Isola Incantata” durò dal 5 al 14 maggio ed ebbe 600 invitati. Il tema quella volta fu l’Orlando Furioso. Ma ve ne furono altre dove il re trasformò Versailles in una piccola Venezia… Il piacere e l’arte per il Re Sole furono un indiscutibile strumento di potere. 

Altro suo pallino fu la moda. Fece di nastrini, cravatte, scarpe, tacchi, camicie e merletti un mezzo politico con cui imporsi in tutt’Europa. Chiunque doveva tentare di vestirsi come lui. O come le sue amanti. Voleva che i nobili si indebitassero fino al collo per abbigliarsi ogni giorno in modo sfarzoso e colorato. Le altre corti europee cominciarono ad imitare il suo stile. Per non parlare degli arredi della Reggia, tutta d’oro e marmo. Specchi veneziani e soffitti decorati in ogni centimetro. Un trionfo di sontuosità e abbondanza. 

L’inaugurazione della reggia di Versailles: 7 maggio 1664

Messe in scena fastose, odori infernali.

Eppure, quando un visitatore arrivava a Versailles all’epoca di Luigi XIV la prima cosa che annotava sul suo diario personale non erano i vestiti dei nobili o la maestosità del luogo ma piuttosto… l’odore infernale che emanava l’intera reggia assieme i suoi abitanti.  

RICORDO: Un paio d’anni fa avevo fatto l’abbonamento all’opera di Versailles. Amavo andare alla sera nel Castello, quando i turisti sparivano e restavano solo i silenziosi appassionati di musica barocca. Dentro alla reggia c’è tuttora il teatro originale dove il Re Sole e i suoi cortigiani assistevano agli spettacoli. Una sera ero terribilmente in ritardo, causa i mezzi che da Parigi portano alla città di Versailles. Una volta arrivata al teatro, visto che l’Opera (Alcyone di Marin Marais) era già cominciata, una maschera mi ha gentilmente portato non al mio posto in platea (andandoci avrei chiaramente disturbato gli altri) ma addirittura nel palco reale, dove l’accesso era più facile per i ritardatari.

Quando qualche giorno dopo, entusiasta, ho detto ai miei genitori: “Sapete, ho avuto l’onore di stare seduta proprio dove Luigi XIV era solito guardare le opere che commissionava per lui!”, ricordo che mio padre esclamò ironico: “Ah sì? e c’era ancora la sua puzza?”

È un luogo comune pensare che all’epoca la gente, specialmente nobile, non si lavasse. Ed è assolutamente vero! A metà del ‘600 erano gli stessi medici a sconsigliare l’uso dell’acqua. Un bagno era un evento rarissimo e considerato molto pericoloso. Si credeva infatti che le malattie entrassero attraverso i pori della pelle e che l’acqua fosse non solo portatrice di malanni ma che, dilatando i pori, facesse entrare direttamente i morbi nel corpo. C’è da dire che la gente proveniva da secoli di pestilenze ininterrotte delle quali non si era ancora capita la causa. Tutti all’epoca erano convinti che la peste venisse dai miasmi dell’aria e che entrasse nel corpo soprattutto tramite l’acqua. 

Re Luigi XIV, il Re Sole. Dipinto di Hyacinthe Rigaud (1701)

Come coprire i cattivi odori: istruzioni per l’uso. 

E così, non ci si lavava mai con acqua fresca (salvo qualche bagno nei fiumi o per rare ragioni mediche). Al mattino al Re Sole veniva portata una bacinella piena d’acqua e alcool (usanza che veniva dalla peste del ‘400, dove acqua e alcool equivalevano al nostro gel anticoranavirus) con la quale si tergeva le mani e il viso. All’epoca le uniche parti che si “lavavano” erano quelle visibili. Mani, décolleté, volto. Sí, il re con le sue amanti a volte sguazzava nelle grandi pozze di marmo, come si vede nella serie tv, ma interamente vestito. E l’acqua era piena di essenze. Sia mai acqua pura! 

Visto che non si lavavano, come coprire allora, i cattivi odori? Con i profumi. Al tempo profumarsi era considerato molto più igienico, dato che le essenze contenevano alte dosi di alcool. Madame de Montespan, la celebre amante del re, ogni mattina si metteva nuda a letto e si faceva cospargere dalle sue cameriere con litri di profumo al punto che il re cominciò a non sopportarli più. Dopo averne troppo abusato in gioventù Luigi XIV arrivò ad avere in odio tutti gli odori, tanto da girare sempre in carrozze senza finestrini (anche d’inverno) e aprire ogni finestra nelle stanze dove entrava. Ma non poteva certo rinunciare al profumo.

L’unico che continuò a tollerare fu quello all’arancio, e perciò fece costruire nella reggia un’orangerie, un padiglione tutto dedicato alla coltura degli aranci cinesi. Pare che gli altri profumi aumentassero le sue frequenti emicranie. Rimane leggendaria una litigata del re con la sua amante Montespan: la marchesa si era presentata alla carrozza letteralmente inondata di profumo e il re non la fece salire. Fu – pare – l’inizio della fine della loro lunghissima relazione.

Anna Brewster è Madame de Montespan in Versailles

Polveri, sanguisughe, salassi.

Riassumendo: non si lavavano, nelle toilette non c’era un goccio d’acqua (si chiamavano appunto toilette secche) eppure nei quadri ci sembrano tutti pulitissimi. Infatti, tutta l’opera stava nella dissimulazione. Ci si cambiava, e spessissimo. Un nobile a Versailles arrivava a cambiarsi d’abito diverse volte al giorno. E le camicie, che costavano più di un quadro, dovevano essere immancabilmente bianchissime. Quando la principessa Palatina, sempre nei suoi diari, ci racconta di essere tornata da un lungo viaggio in carrozza e di essere ricoperta di polvere e fango, corre in fretta e furia a cambiarsi la camicia. È tutto. 

Il loro concetto di pulizia semmai era interno. Purghe, sanguisughe, salassi erano all’ordine del giorno. Si cambiavano di continuo e si truccavano in maniera pesantissima. Il bianco poi era l’ossessione dei nobili. Certo, per avere una carnagione d’avorio non bastava ripararsi dal sole con un ombrellino. E allora? Nel tavolino da trucco di ogni nobile che si rispettasse, troneggiava la polvere “blanche de ceruse” (bianco/biacca al piombo).

Questa polvere aveva di certo il potere di imbiancare istantaneamente il volto, il collo e le parrucche ma era ad altissimo contenuto tossico. Oltre a causare un invecchiamento precoce e dei buchi nella pelle, portava malattie agli occhi e ai polmoni. Inoltre, non lavando i capelli ma passandoli quotidianamente con questo prodotto si causavano non solo la calvizie ma anche delle forme gravissime di irritazione cutanea. Luigi XIV perse tutti i capelli molto giovane anche a causa di questi trattamenti: poco male, si disse, è il momento di tirare fuori le parrucche.

Da allora la parrucca diventò praticamente obbligatoria per uomini e donne. Tuttavia le parrucche, le colle e polveri per tenerle assieme dilaniavano la carne della cute. Ma a loro non importava. L’apparenza era tutto. 

Quindi, se dovessimo aggirarci nei saloni di Versailles all’epoca, ci troveremmo di fronte ad una serie di personaggi che parrebbero usciti da un teatro giapponese, bianchi in volto e dalle gote rosso sangue con parrucche esorbitanti e polverose e, indegno particolare, quasi tutti sdentati. Luigi XIV perse tutti i denti verso la fine dei suoi quarant’anni. Una bella differenza con la straordinaria abbondanza di belli e belle nella serie, con tutti i loro denti e capelli, il volto all’acqua di rose, le pelle fresca e pulita…

Dipinto: un medico pratica un salasso, popolare trattamento igienico dell’epoca

4000 persone, nessuna toilette. 

Passiamo ad altro. È vero che non c’erano bagni a Versailles? Sì, è vero. Il re e pochissimi eletti avevano una sedia bucata dove defecare. Il resto degli abitanti e dei visitatori la faceva dove poteva. Dietro le tende, fuori dalla finestra, dietro le scale, in giardino… era normale! I servi pulivano, per quel che potevano. C’erano poi dei muri dedicati solo a ricevere le urine dei nobili. Contando che a Versailles vivevano 4000 persone e che ogni giorno arrivavano circa un centinaio di ospiti non ci stupisce affatto che, senza nemmeno un bagno, la puzza fosse infernale, come descrivono le cronache dell’epoca.

OSSERVAZIONE: Noi rabbrividiamo al pensiero di questi parrucconi puzzolenti dalla pelle erosa dalla biacca. Immaginarli pisciare ovunque e far l’amore senza essersi lavati da mesi ci da il voltastomaco. Ridiamo poi all’idea dell’immensa importanza che arrivavano a dare a un nastrino o ad una camicia, al punto da lasciarli in testamento a chi avevano di più caro.

Ma non è difficile immaginare che tra qualche secolo la gente (ammesso che ci arrivi, la gente, tra qualche secolo) riderà della nostra infatti ridicola mania di stirarsi la faccia a suon di botulino e bisturi. Ci compiangerà nell’assurdo nostro spreco di vestiario di bassa lega, messo assieme in qualche modo da schiavi in un altro paese, usato e gettato con la stessa rapidità con cui è stato fatto. Piangeranno e ci odieranno per l’enorme quantità di plastica contenuta nei nostri vestiti che ad ogni lavatrice rilasciano microparticelle inquinantissime negli oceani. 

Quando poi sfoglieranno le riviste di moda di questi ultimi quarant’anni inorridiranno nel vedere ragazzine ossute dagli occhi tristi e le labbra umide, tutte con la stessa espressione assente, col ginocchio più grosso della coscia, tanta è la magrezza.

Ricordiamoci che il Re Sole e la sua gente erano convinti di essere moderni, pulitissimi e fieri di star facendo gran passi avanti nella moda e nella sanità. 

Le modeste – seppur fastose – attrezzature igieniche della reggia di Versailles

Filippo I d’Orléans: mecenate, condottiero, omosessuale.

E dopo queste spietate considerazioni, vi esorto caldamente a guardare la serie Versailles. È godibilissima, i costumi sono straordinari, la trama superficiale ed intrigante al punto da farsi divorare senza esitazione. Anche se storicamente poco corretta, la serie ha il grandissimo merito di aver messo in luce uno dei personaggi più interessanti all’epoca. Filippo I d’Orléans, fratello del Re Sole.

Filippo, chiamato da tutti Monsieur, fu un grandissimo mecenate (grazie a lui Molière venne accolto dal Re), un eccellente condottiero e un fiero omosessuale. La sua natura fu incoraggiata fin dall’infanzia: lo stesso cardinal Mazzarino convinse la Regina Anna, sua madre, a permettergli di vestirsi in abiti femminili. Lei lo chiamava spesso “la mia bambina” e abbiamo un famoso ritratto di Luigi e Filippo giovanissimi dove Filippo è vestito in abiti femminili. La passione per il travestimento lo accompagnò per tutta la vita.

Spesso si presentava ai balli e feste in abiti femminili, ricoperto di trucchi e gioielli. Celebre rimase il suo costume da pastorella. Devotissimo all’etichetta di corte, si assicurò sempre che ogni cerimonia e rappresentazione venisse svolta al meglio. 

Apertamente omosessuale, amante per molti anni del Cavalier di Lorraine, per doveri dinastici fu costretto ad adottare uno stile di vita bisessuale. Grazie ai figli avuti dai suoi due matrimoni Filippo divenne un antenato comune in molte casate, tanto da guadagnarsi involontariamente il titolo di “nonno d’Europa”. Nella serie è interpretato da uno strepitoso Alexander Vlahos che assieme a Evan Martin Williams (cavalier di Lorraine) e Jessica Clark nel ruolo della Principessa Palatina, seconda moglie di Filippo, creano un trio divertente ed intrigante. 

Ritratto del Duca di Orleans. Dipinto di Pierre Mignard (ultimo quarto XVII secolo).

Costruire Versailles. E costruire, oggi, la nuova aristocrazia.  

In Versailles viene mostrato qualcosa di piuttosto veritiero, quando vi sono scene girate all’esterno. Si vede infatti la reggia in continua evoluzione, costruzione. Spesso il Re litiga con qualcuno tra il fracasso dei rumori causati dagli operai. In effetti la Reggia venne costruita nell’arco di trent’anni. All’inizio dei lavori, nel 1661, è solo un padiglione di caccia ereditato dal padre in un terreno insalubre e paludoso.  Per molti anni il re utilizza il palazzo per le sue feste e naturalmente per la sua passione venatoria. Vi si stabilisce solo all’età di 44 anni e i lavori finiranno una decina d’anni dopo. Quindi oltre all’orribile puzza c’erano pure i continui rumori degli operai. 

Questo non ha però impedito al re di concepire la prima residenza privata e isolata della nobiltà che, ritirandosi dal mondo, di fatto creerà quella crepa pericolosissima tra potere e popolo. 

CONSIDERAZIONE: Qualche tempo fa, quando esistevano ancora i cinema, mi recai a vedere un titolo insolito per i miei gusti: “Capital in the twenty-first Century”, film documentario incentrato sulla distribuzione del potere e del denaro negli ultimi secoli. 

La teoria di Capital è che il nostro recente sistema economico, accentrando nelle mani di poche entità mastodontiche le intere risorse planetarie, stia generando un ritorno all’aristocrazia. E delle peggiori. Un’aristocrazia isolata, talmente ricca da vivere in isole private dove non paga nemmeno le tasse o in smisurate abitazioni di campagna controllate da centinaia di “guardie”. Queste persone straordinariamente ricche cominciano poi ad avere la tendenza a favorire gli accoppiamenti tra famiglie dello stesso “lignaggio” , per non disperdere i patrimoni. 

Una classe totalmente distaccata dal mondo dei comuni cittadini, che per naturale contrappeso diventano sempre più poveri. I lavoratori normali delle Grandi Entità non vedranno mai i loro capi (pensiamo al classico esempio del postino di Amazon). Non esiste quasi più la possibilità di una scalata sociale poiché la società ricca è diventata completamente inaccessibile e chiusa. Un microcosmo che si nutre del macrocosmo senza dare nulla in cambio. Una nuova Versailles? 

Foto: giardini di Versailles

In conclusione: Versailles, sì o no?

Non preoccupatevi: la serie tv è totalmente priva di tutti questi tristi pensieri. Si limita ad un lunga ed imperdibile successione di intrighi amorosi tra fiocchi e maniche di pizzo. Personalmente, pur adorando tutte tre le stagioni, ho preferito le prime due. Nella terza inevitabilmente Luigi XIV diventa estremamente religioso, attitudine che poco aiuta i gossip e gli intrallazzi. Persino i costumi diventano più sobri. Negli ultimi anni effettivamente Luigi XIV, influenzato da Madame de Maintenon (sua amante, che arriverà a sposare in segreto), divenne ossessionato dal cattolicesimo e si fece costruire una magnifica cappella reale. Niente più feste a Versailles ma tutti a messa a sentir i Vespri. 

NOTA FINALE: Devo ammettere che uno dei migliori concerti a cui ho assistito in vita mia è stato proprio nella cappella personale del Re Sole. Si trattava del Vespro della Beata Vergine di Monteverdi, diretto dal talentuoso Raphael Pichon. L’acustica della cappella è assolutamente perfetta e la sobria maestosità del marmo bianco induce ad ottimi ragionamenti. Inoltre, c’è un immenso organo che talvolta viene retro illuminato di rosa, rendendomi perfettamente felice. 

Serie in costume: ascolta la puntata del podcast! 

Serie in costume! Sì, no, e perché? | PODCAST

Ascolta la versione podcast dell’articolo su Versailles!

Versailles, com’era davvero la corte del Re Sole? | PODCAST

 

Tags: ciboFranciain costumestoriaVersailles
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Francesca Sarah Toich è un’artista che vive e lavora a Parigi, dove ha una compagnia di teatro e magie nouvelle. Scrittrice, autrice, attrice, ha vinto il primo premio nel concorso internazionale di scrittura per lo spettacolo “Premio Goldoni Opera Prima” con la tragedia intitolata “Diotallevi” e ha pubblicato due romanzi fantasy per ragazzi. Ha prestato la sua voce a numerosi film, documentari, installazioni artistiche e radiodrammi (in particolare per RAI radio Italia). Specializzata in Commedia dell’Arte e letteratura italiana è stata premiata come migliore giovane interprete della Divina Commedia, vincendo per due volte il Lauro Dantesco a Ravenna. Insegna e recita in italiano, inglese e francese in numerose compagnie di teatro e ricerca, ed ha portato le sue performance in prestigiosi teatri e gallerie d’arte in varie parti del mondo tra cui recentemente a New York, Mosca e Tokyo.

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