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Atlanta: un sogno lungo quattro stagioni | 10 minuti, 1 serie
Atlanta, podcast | Puntata a cura di Untimoteo
Targata FX, Atlanta è una serie qui in Italia trasmessa sulla piattaforma Disney+. Creata da Donald Glover e diretta da Hiro Murai, consta di 4 stagioni per un totale di 41 episodi (2016-2022), tutti della durata approssimativa di mezz’ora. Lo show ha ricevuto ben 3 Emmy, due Golden Globe, un Peabody e molti altri riconoscimenti.
Ora, a distanza di qualche anno dalla sua conclusione, questa serie merita un’ulteriore riflessione. Ecco il perché di questo nuovo podcast dedicato a una serie, Atlanta, di cui avevamo già parlato a più riprese. Perché siamo di fronte a una delle opere più interessanti dell’odierna serialità televisiva, un ritratto dell’America di oggi, pregna di disagio e angoscia. Intrappolata nei propri paradossi. Destinata a subire i contraccolpi del mito dell’American Dream. Riviste oggi, le quattro stagioni sembrano un lento passaggio dalla dormiveglia al sonno, fino al sogno profondo. E nell’ attimo del risveglio… la serie finisce.
“10 minuti 1 serie” è il format del podcast di Mondoserie che racconta appunto una serie in dieci minuti (più o meno!). Senza troppe chiacchiere, dritti al punto.
Atlanta nel podcast: luogo fisico ma anche della mente
A grandi linee, come raccontato nel podcast, Atlanta segue le vicende di Earn, interpretato da Glover stesso. Un giovane espulso dal college, con una figlia avuta da Van, con cui il rapporto è tutt’altro che semplice. Senza casa e senza un lavoro, il nostro Earn prova il tutto per tutto inventandosi manager del cugino Al, che sta avendo un discreto successo come rapper con il nome di Paper Boi. Al è sempre accompagnato dal Nigeriano Darius, il cui ruolo non è chiaro a nessuno. Ma che si rivela sempre più un moderno sciamano, un uomo capace di camminare al di qua e al di là della linea della realtà.
Atlanta non è una serie narrativa nel senso tradizionale del termine; Glover stesso l’ha definita più volte come una raccolta di “short stories” o di “parabole”. Nonostante una narrazione fortemente orizzontale, la serie procede comunque frammentata. Con notevoli amnesie e con momenti volutamente ellittici.
Inganna maliziosamente lo spettatore e si discosta da ogni possibile definizione. Rompe gli schemi tradizionali della televisione, per scivolare in un mondo sospeso tra realismo e assurdo. Atlanta è un luogo fisico ma anche della mente. Si perde il conto delle volte in cui i suoi protagonisti si guardano attorno, attoniti o sospettosi, avvolti dal dubbio che quella che stanno vivendo non sia la realtà. Una serie complessa e sfuggente. Se però la guardiamo come se ogni stagione fosse una fase del sonno ecco che la sua struttura non convenzionale e la sua evoluzione tematica si allineano magicamente.
Tutto quello che vediamo non è che un sogno dentro un sogno
Come vediamo meglio nel podcast, la stagione 1 di Atlanta è il dormiveglia. C’è ancora una forte connessione con la realtà, ma i confini tra ciò che è vero e ciò che non lo è iniziano a sfumare. La narrazione è relativamente lineare, ma con inaspettate divagazioni. Conosciamo i personaggi, i loro obiettivi e la loro routine: la lotta per la sopravvivenza economica, le dinamiche razziali, la cultura hip-hop. Già qui, però, la serie ci introduce a elementi “sognanti”. Il confine tra realtà e finzione si perde nel fumo della marijuana. Arrivano le amnesie.
La stagione 2 si intitola “Robbin’ Season”. Questa è la fase del sonno, in cui il viaggio onirico si fa più profondo e inquietante. La narrazione si allontana ulteriormente dalla linearità e si immerge in un surrealismo che spesso sfocia nell’horror psicologico. La trama principale è sempre presente ma ogni episodio diventa una parabola a sé stante, un incubo a occhi aperti. Il mondo diventa più minaccioso e imprevedibile.
La stagione 3 è il sonno profondo. I personaggi sono completamente disconnessi dalla loro realtà. Si trovano in Europa in un tour, e la loro identità è persa, quasi assente. La serie non segue quasi per niente la trama, ma si concentra su episodi “antologici” che sembrano sogni di qualcun altro. La bizzarria raggiunge livelli estremi.
Infine la stagione 4, il risveglio. I personaggi tornano ad Atlanta. I confini tra sogno e veglia rimangono porosi, ma tornano a una parvenza di normalità. Ogni episodio sembra un tentativo di “sistemare” la loro vita, di affrontare traumi passati o di cercare un senso in un mondo che sembra ancora folle. Il “risveglio” è il momento in cui apri gli occhi, e anche se la realtà è lì, le immagini del sogno rimangono nella mente.
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