L’ispettore Barnaby (Midsomer Murders, ITV) è una serie televisiva britannica in produzione dal lontano 1997. E tuttora in produzione. Ha all’attivo ben 24 stagioni, per un totale di 132 episodi di 90 minuti. La serie è tratta dai romanzi gialli di Caroline Graham, adattati da Anthony Horowitz (in realtà gli episodi tratti direttamente dai libri sono solo sette; il resto sono sceneggiature originali). Questo famoso poliziesco è ambientato nell’immaginaria contea di Midsomer, ricalcata su alcune aree rurali del sud dell’Inghilterra.
Protagonista è naturalmente l’ispettore capo della polizia di Causton (capitale altrettanto immaginaria), facente parte della Metropolitan Police Service. Per la precisione è il maturo Tom Barnaby, interpretato da John Nettles dalla prima alla tredicesima stagione. Dalla successiva ad oggi invece il testimone passa al più giovanile John Barnaby (Neil Dudgeon), che nella storia è il cugino di Tom, proveniente dalla polizia di Brighton. La ragione di questo passaggio di consegne? Nettles, proveniente da un’onorata carriera teatrale, cominciava a sentirsi troppo vecchio per fare ancora la parte del detective televisivo.
Sempre affiancati da un fidato e inesperto secondo o meglio, da un susseguirsi di diversi giovani sergenti: Gavin Troy, seguito da Scott e Ben Jones. Quest’ultimo lavorerà con entrambi i cugini, per essere poi sostituito da Nelson e infine da Winter.
L’ispettore Barnaby e la tradizionale indolenza british
La quasi totalità delle vicende de L’ispettore Barnaby si svolge in piccoli villaggi, pieni di antiche e orgogliose tradizioni britanniche. Nonostante quindi le storie accadano ai nostri giorni (per lo meno a partire da quelli di 25 anni fa), queste realtà di campagna risultano assolutamente anacronistiche. Così come la struttura narrativa, noiosamente classica, quasi arcaica. Ai ritmi visivi e sonori frenetici e schizzati di tante presenti produzioni, questa serie contrappone un’esasperata lentezza. Al posto di violenza e azione vi sono dialoghi e situazioni, in perfetto stile Agatha Christie. Con la differenza che Barnaby non è Poirot. Così ogni episodio contiene un placido susseguirsi di omicidi (caratteristica comune, a dire il vero, anche alle avventure del celeberrimo investigatore belga). Un susseguirsi di cadaveri tra cui si districa, altrettanto placidamente, l’ispettore Barnaby.
L’assassino non è mai un serial killer, e nemmeno un più comune sociopatico. Si tratta quasi sempre di un abitante del villaggio che, nel tentativo di coprire il primo omicidio, commette una serie di altri delitti.. Oppure che si trova a dovere – volere saldare più conti. Conti dettati solitamente dall’avidità, dalla passione, o da più generiche e noiose questioni familiari. Risalenti magari a qualche decennio prima. Tutto sempre dannatamente inglese, nell’accezione più stereotipata e provinciale del termine. Barnaby e la sua spalla si muovono dunque con una certa indolenza tra questi verdi paesaggi e tra questi personaggi maledettamente popolari. Non c’è alcun eco di orrore o malvagità in questi delitti. Vi è invece il caratteristico humor britannico, nella sua versione più pura. Ovvero quella in cui non si ride (questa non è una battuta, è proprio così).
I protagonisti de L’ispettore Barnaby
La narrazione rifugge da qualsiasi profondità di tipo psicologico. I protagonisti episodici, per quanto bizzarri o stravaganti possano talvolta essere, non celano misteri di sorta. Anche la vita privata dei due Barnaby procede invariata e identica a se stessa, ai margini della narrazione, per così dire, orizzontale. L’astuto e laconico Tom è felicemente sposato, ha una figlia, e un breve trascorso presso l’MI6, il servizio segreto di Sua Maestà. Per il resto, è un uomo normalissimo – fino alla nausea. Ama la tranquillità, odia le novità, e rientra a casa quasi sempre in tempo per la cena. La domenica va a passeggio con la moglie Joyce (Jane Wymark). I due talvolta capitano in qualche surreale e strampalata fiera locale. L’astuto e scanzonato John è invece felicemente sposato, ha una figlia, e una laurea in psicologia. A parte l’avere un cane e un aspetto più giovanile, è quindi indistinguibile dal cugino.
Tutta la sturmtruppen di sergenti al loro seguito meriterebbe un’analisi a parte. Si fa per dire. Chi più chi meno in sintonia con l’ispettore, chi più donnaiolo, chi più petulante… Talvolta scompaiono, con o senza frettolose spiegazioni. Chiude il quadro dei personaggi ricorrenti l’abile anatomo-patologo George Bullard (Berry Jackson), sostituito per un breve periodo dal collega dottor Dan Peterson (Toby Jones – Wayward Pines). Interessante notare come da S15 si susseguono altre tre figure, sempre per così dire, patologiche. Tutte e tre dottoresse. E non a caso: segno dei tempi (e delle correzioni che ultimamente comportano)..
Tempi che però, ne L’ispettore Barnaby, faticano – o non vogliono proprio – cambiare. Nel 2011 il produttore Brian True-May affermò candidamente che nella serie non ci sono personaggi di colore, perché essa è un ‘baluardo dell’inglese’. Very british, very old. Per correre ai ripari, la sostituta Jo Wright – chissà perché True-May venne così velocemente estromesso dal suo ruolo – si impegna da allora a rappresentare differenti gruppi etnici. Con qualche leggera forzatura, qua e là.
Gli inediti della 23esima stagione (tra tazze di thè e il Botswana)
L’aplomb vagamente razzista e perbenista de L’ispettore Barnaby è, piaccia o meno, una delle sue innocenti caratteristiche. Così come l’iconico tema musicale della sigla d’apertura, che ricorda molto, chissà perché poi, i vecchi mitici b movie di fantascienza. O come la fotografia: sgranata, quasi d’altri tempi. Come la pletora di vecchie usanze e pregiudizi british che si trova tra questi cottage, giardini e piccole chiese gotiche. Tra ville d’epoca, tazze di thè, arsenico e merletti (che qui non sembrano nemmeno più tanto vecchi). Circoli letterari, birre al pub, feste di primavera e ridicole rievocazioni storiche. Con il suddetto impassibile aplomb si scorrazza tra impiccati, incidentati, saltati in aria, avvelenati, o addirittura schiacciati da un rullo compressore…
Cose che evidentemente devono piacere molto, dato che la serie è stata distribuita in moltissimi paesi di tutto il mondo. Australia, Botswana, Canada, Finlandia, Ungheria, Israele, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Romania, Sudafrica, Stati Uniti e America Latina… In Italia, dopo essere andata in onda su La7 dal 2003 al 2017, dall’anno successivo è tuttora nel palinsesto serale di Giallo. Alcune stagioni si possono trovare anche su Prime Video. La traduzione del titolo oscilla tra L’ispettore Barnaby e I misteri di Midsomer. Da martedì 14 marzo 2024, sempre sul canale Giallo, sono andati in onda i tre episodi inediti della 23esima stagione (sic). Attendiamo, cone estrema pacatezza, la ventiquattresima stagione (ma anche no).
Fin troppo classico e conservatore, L’ispettore Barnaby, ambientato nei villaggi campagnoli del XXI° secolo, ma sempre con un sapore decisamente retrò, si compiace del proprio provincialismo. Barnaby è puro tradizionale intrattenimento, come il thè delle cinque. Un thè dannatamente annacquato, questo immagino si sia capito. Ma, attenzione, ha il suo pregio. Questa serie, infatti, sembra talvolta essere ambientata nel paese delle meraviglie di carrolliana memoria. Non ci si chiede il perché. Ci si ritrova, smarriti, in una concatenazione di eventi la cui logica è anch’essa andata smarrita molto tempo prima. Chissà dove, però, e chissà quando…
Provare per credere: bastano un divano, un paio d’ore digestive e il tenere gli occhi socchiusi. Si parte con la straordinaria sigla d’apertura, probabilmente c’è già stato un omicidio ma poco importa. Il tema musicale della sigla è il giusto preludio al dolce soqquadro mentale che si sta preparando dentro voi. Lasciate scorrere le immagini, i dialoghi, le situazioni. Il resto verrà da sé.
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