La fidanzata inesistente (Untold: The Girlfriend Who Didn’t Exist) è un episodio della docuserie Untold (Netflix, 2021-24), che vanta già 4 stagioni con 16 episodi (leggi il nostro pezzo su Jake Paul the Problem Child). dedicata a scandali et simila del mondo sportivo americano (basket, football, tennis, boxe ecc.). Ogni episodio è una storia a sé, e si tratta di storie tanto assurde quanto intense. Dall’arbitro NBA che scommetteva sulle partite da lui dirette al figlio minorenne di un boss mafioso divenuto presidente di una squadra di hockey sul ghiaccio, per intenderci.
La narrazione degli eventi è affidata agli stessi protagonisti, il cui racconto è costellato da filmati di repertorio e dai commenti di giornalisti e personalità varie, per lo più coinvolte all’epoca dei fatti. I risvolti privati di queste vicende pubbliche così particolari, tra vittorie e sconfitte, hanno il potere di coinvolgere ed emozionare.
Come nel caso de La fidanzata inesistente, storia divisa in due parti di circa un’ora ciascuna. Protagonista della prima parte – di questa incredibile bugia – è Manti Te’o, giovane promessa del football. Classe 1991, nato alle Hawaii da una famiglia samoana, il giovane viene cresciuto con rigidi valori morali, sintetizzati nel mantra della Tripla Effe – fede, famiglia, football. Quel che si dice un bravo ragazzo, forse un po’ troppo naif, che finisce alla University of Notre Dame, nell’Indiana. Grazie alle sue doti fisiche e al suo grande impegno diviene presto un leader nella squadra di football del college, i Notre Dame (Notre Dame Fighting Irish Football).
Una finzione irrimediabilmente oscura
Il gelido inverno dell’Indiana è ovviamente tutt’altra cosa rispetto alle solari isole hawaiane. Il giovane promettente Te’o, che soffre di solitudine, inizia una relazione a distanza con una ragazza conosciuta su Facebook. Un social al tempo (2009) ancora relativamente ‘nuovo’. La ragazza in questione vive in California e si chiama Lennay Kekua. Anche se non si sono mai incontrati di persona, in poco tempo tra loro nasce una storia d’amore.
Avrete sicuramente già intuito trattarsi di catfishing, ovvero l’inganno perpetrato on line tramite un fake account (un falso profilo) con cui si finge di essere un’altra persona. Lennay, che nelle foto è un’avvenente fanciulla, ha moltissime cose in comune con la nascente star del football. I due condividono gli stessi valori, hanno addirittura gli stessi gusti. Forse perché dietro Lennay si nasconde Ronaiah Tuiasosopo: anch’egli ragazzo di origini hawaiane, a sua volta – ironia della sorte! – educato con i valori della Tripla Effe.
Nella seconda parte de La fidanzata inesistente è proprio lui, nel frattempo diventata Naya, a raccontare la propria versione dei fatti. Il profilo di Lennay era per lei, al tempo in cui doveva nascondere a tutti la propria identità sessuale, l’unico modo per potersi relazionare ai ragazzi. Con Te’o le cose vanno però diversamente. Nonostante la situazione paradossale, i sentimenti di entrambi sono profondi e genuini. Ma nell’ultimo periodo Naya teme di stare perdendo il suo nuovo amore. Il giovane campione di football è diventato molto popolare al college, e non si perde una festa. La contorta gelosia di Naya partorisce una folle idea: fingere di essere rimasta vittima di un incidente stradale. Accortasi di essere riuscita ad attirare la sua attenzione, rincara la dose. Ora dice di essere gravemente malata di leucemia.
La finzione ha ormai preso una piega irrimediabilmente oscura. E non si può tornare indietro.
La fidanzata inesistente di un ingenuo campione
La tragedia, per quanto imprevedibile, è già nell’aria. E la data fatidica è l’11 settembre 2012, poco prima di una finale decisiva per il futuro di Te’o e della sua squadra. Il giovane apprende della morte della nonna, a cui era molto legato. La reazione di Naya / Lennay / Ronajah è isterica, quasi incomprensibile. Terrorizzata dall’idea di essere eclissata dalla morte della nonna di lui, Ronajah finge la morte di Lennay. Ovvero la propria stessa morte. Se vi state chiedendo come diavolo abbia fatto, potrete scoprirlo nel documentario La fidanzata inesistente. Fidatevi: ha davvero dell’impensabile.
Te’o è semplicemente sconvolto, ma nonostante la doppia tragedia riesce a giocare una partita esemplare. Portando la squadra ad una vittoria attesa da moltissimo tempo. Il giovane fuoriclasse dedica la vittoria alla memoria della nonna – e di Lennay, la sua virtuale fidanzata. Tutto bene, dunque? Al contrario. L’incubo è appena iniziato. Essendo Te’o destinato a giocare nella NFL, la massima lega professionistica, la sua prestazione e il suo lutto attirano l’attenzione della stampa sportiva, cartacea e on line. Una storia così edificante e commovente al contempo è irresistibile.
Tutti i titoli delle principali testate sportive inneggiano al coraggioso campione. Solo il piccolo blog Deadspin si chiede chi sia questa misteriosa fanciulla, così tragicamente deceduta. Dopo una veloce ricerca, i giornalisti fiutano lo scoop. Lennay non è mai esistita. Si risale addirittura a Ronaiah, che si rifiuta di rispondere. E ora l’interrogativo più grande è: Te’o ne era consapevole ed aveva architettato ad arte la messinscena mediatica oppure è stato soltanto il più sprovveduto dei creduloni? Ricordiamo che all’epoca il catfishing era un fenomeno ancora praticamente sconosciuto. Le truffe di internet erano per lo più di natura pecuniaria. Difficile dunque riuscire ad immaginarsi una finzione inutile (senza utile), portata avanti per ragioni esclusivamente sentimentali.
Vittime di un’assurda (mediatica) fatalità
In entrambi i casi – vittima o complice, credulone o truffatore – la figura pubblica di Te’o non poteva che uscirne a pezzi. Infatti, ne esce a pezzi. La fidanzata inesistente ci mostra un lato inedito del rapporto tra sport e media in America. Per appassionare gli spettatori, l‘informazione sportiva abbisogna di storie e di idoli. L’atleta in ascesa Manti Te’o aveva incarnato alla perfezione quel ruolo. Ma così come alla prima goleada si è esageratamente innalzati, al primo strike si è spietatamente distrutti.
Appurato il suo ruolo di vittima, Te’o non solo perde ingaggi, vedendo svanire il suo sogno, ma diviene suo malgrado una sorta di villain popolare. I meme sulla sua dabbenaggine si sprecano sul web, mettendo a dura prova l’integrità psicologica di lui e della sua famiglia. Le confessioni di Manti Te’o, di come abbia affrontato il suo periodo di gloria e la sua discesa agli inferi, vengono affiancate da quelle di Naya Tuiasosopo, che ha nel frattempo pienamente accettato la sua natura transgender. E che racconta di come lei per prima fosse caduta nel suo inganno, portato per anni avanti. Prigioniera del suo stesso psicotico raggiro. Anche lei vittima, a suo modo, della paura di non essere amati. Di non essere accettati.
Senza però dimenticare che la vittima principale qui è Te’o. Ma lui, alla fine, dimostrando in questa difficilissima circostanza una sorprendente nobiltà d’animo, l’ha perdonata. In fondo sia lei sia lui, nonostante l’assurda fatalità di quanto avvenuto – e grazie al documentario Untold: La fidanzata inesistente –, hanno avuto la possibilità di riappacificarsi. Tra di loro, con loro stessi e con i mass media. Potendo finalmente dare la propria versione di questa triste vicenda. Potendo forse metterci sopra, una volta per tutte, la parola ‘fine‘.
La fidanzata inesistente di Cazzaniga
Perché, ripercorrendo il tutto, sono stati i giornalisti a metterci la parola ‘inizio‘. Indagando e rendendo pubblico il caso. Portandolo alla mercé del pubblico. Negli ultimi anni, il catfishing è diventato un fenomeno largamente noto e diffuso. Vi è addirittura una famosa trasmissione americana in onda su MTV, a cui ha fatto seguito altre versioni in altri paesi. Catfish: False Identità (lo stesso conduttore, Nev Schulman, ne è stato vittima), indaga e smaschera eventuali impostori virtuali. Dovrebbe quindi essere ormai un fenomeno, come dire, addomesticato.
Eppure in Italia, non troppo tempo fa, è saltata fuori un’altra storia inverosimile. Il profilo fittizio questa volta ha il nome di Maya. Solo che dietro Maya non si nasconde una confusa anima transgender, ma una vera e propria associazione a delinquere. Vittima di questo tremendo raggiro, un altro campione sportivo: il pallavolista Roberto Cazzaniga. Che ha creduto di essere fidanzato – per la bellezza di 13 anni! – con una donna dalle fattezze di top model brasiliana (nella fattispecie Alessandra Ambrosio).
Per tutti quegli anni (13!) i due si sono sentiti solo al telefono o tramite chat e social (il famigerato Facebook) – sempre senza dirette video! Assurdo, vero? No. La cosa più assurda è la cifra che Cazzaniga, convinto di pagare i conti ospedalieri di lei per suoi fantomatici gravissimi problemi al cuore, ha sborsato nell’arco di quasi tre lustri: 700.000 euro. Settecentomila. Dietro la fantomatica Maya, ben tre persone: una sarda che fingeva la voce brasiliana, una cara amica di lui e il fidanzato di questa (appartenente tra l’altro alle forze dell’ordine!). Evidente che Cazzaniga, oltre ad essere persona troppo introversa e un poco ingenua, non abbia voluto ascoltare amici e familiari – ormai ridotti sul lastrico, per sopperire alle incessanti richieste di denaro di lui.
Catfishing e media: una finzione al cubo
In pratica Roberto non ha voluto aprire gli occhi, dando retta alle persone a lui vicine, per ben tredici anni. Almeno fino a quando non è intervenuta la magia della televisione. Nelle vesti dell’arcinoto format Le Iene che, avendo ben fiutato l’eclatante caso, ha fisicamente costretto il pallavolista a fare i conti con la realtà. Mostrandogli il vero volto della donna che dava voce a Maya, ad esempio. E rompendo così un incantesimo che durava da una vita. Con un uomo convinto di avere una fidanzata, di cui parlava entusiasticamente ai suoi esterrefatti compagni di squadra. La cui voce lo tranquillizzava prima di una partita, salvo poi allarmarlo prima dell’ennesimo fantomatico intervento al cuore. Un’illusione costata una somma astronomica, solo per cominciare. La storia, dopo essere stata vista da milioni di spettatori, è finita nelle mani della Guardia di Finanza.
Strane storie quelle amorose virtuali, fatte di confidenze, promesse, segreti, e talvolta ahimè di terribili inganni. Ma la maggior parte di queste relazioni è, a suo modo, reale. Tra social e siti di incontri, sempre più di frequente quella virtuale è una legittima forma di reciprocità sentimentale. Tranne quando, ovviamente, uno dei due nasconde all’altro la propria identità. E qui si potrebbero aprire tanti discorsi: dall’ipotesi di due catfish che legano inconsapevolmente tra loro al problema squisitamente filosofico di cosa sia un’identità…
Restiamo per ora nell’ambito del semplice catfishing: storie che, nella misura in cui si conoscono e se ne può parlare, significa che sono già passate nel tritatutto dei media. E la relazione tra catfishing e media – in pratica una finzione al cubo – è un potenziale dagli ampi risvolti farseschi e drammatici. Tutti da scoprire, purtroppo.
Gogna e vergogna
Daniele, 24 anni, si suicida dopo aver capito che Irene – sua fidanzata virtuale – era in realtà Roberto, un uomo di 64 anni. Ottomila messaggi in un anno – vuol dire più o meno 22 al giorno – tra parole d’amore, sogni e progetti futuri. Lui però incappa in rete nelle foto di “lei”, scoprendo che si tratta di una modella romana. Compreso l’inganno, il gesto estremo. Con una straziante lettera d’addio per i familiari.
I quali, comprensibilmente distrutti, chiedono giustizia – ritenendo l’anziano responsabile della morte del giovane. La Procura, pur perseguendo l’impostore per il reato di sostituzione di persona, archivia quest’ultima ipotesi. Interviene, anche in questo caso, il programma de Le Iene. Raggiunge il truffatore, intervistandolo per le strade del paese, mentre spinge la carrozzina della vecchia madre. Lui, colto alla sprovvista, si giustifica naturalmente come può.
Andato in onda il servizio, parte la gogna mediatica. Il suo volto è oscurato, ma tra tatuaggi e carrozzina tutti in paese sanno di chi si sta parlando. Compaiono minacce di morte, scritte sui muri di casa sua e dintorni. Il vecchio non regge e a sua volta si toglie la vita. Lasciando, amaro parallelo, una lettera d’addio contenente disposizioni per le cure della vecchia madre.
Considerazioni finali (La fidanzata inesistente e dintorni)
Gogna e vergogna. Sempre più spesso e da più parti si chiede a gran voce la criminalizzazione del catfishing. Altri ritengono che cascare in tale tranello sia come decidere di giocare al gioco delle tre carte. In pratica la colpa è tua, dato che ci giochi. Sia come sia, la cosa forse più pericolosa è l’intromissione dei massmedia che, con il pretesto di svelare l’inganno, gettano letteralmente in pasto al pubblico persone con gravi problemi di autostima – da una parte e dall’altra – colte in situazioni di estrema emotività e fragilità.
Non prendo naturalmente in considerazione i casi in cui ad agire sia un vero e proprio predatore. Che si finge, ad esempio, una ragazzina quattordicenne per legare con altre coetanee, destinate nella sua testa a divenire prede. Non credo occorra commentare casi come questo. Ma se invece qualcuno finge di essere un altro per riuscire a relazionarsi al prossimo, viene difficile pensare possa per lui essere terapeutico l’essere smascherati davanti a centinaia di migliaia di spettatori. E se qualcuno è stato così ingenuo da credere in un amore totalmente virtuale, senza mai alcun contatto diretto, risulta altrettanto difficile pensare la cosa migliore per lui sia ammetterlo davanti alle telecamere.
Perché alla fine ognuno di noi ha qualcosa di untold, di non detto, non rivelato. E chissà quanti tra noi hanno, o hanno avuto, magari senza nemmeno saperlo, una fidanzata inesistente.
Reale contro virtuale: I love you, now die