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Better call Saul: eccezionale ritorno nel mondo di Breaking Bad

La serie di Gilligan e Gould vince la sua scommessa, inserendosi anch’essa a pieno titolo nella tradizione del Grande Romanzo Americano

di Livio Pacella
27/09/2022
in Articoli, Artwork
Cover di Better Call Saul per Mondoserie
614
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Better Call Saul è una serie statunitense ideata da Vince Gilligan e Peter Gould – autori della mitica Breaking Bad – di cui è uno straordinario spin-off. Andata in onda dal 2015 al 2022, per 6 stagioni e 63 episodi, è stata acclamata da pubblico e critica. Arrivando ad essere considerata una delle migliori serie di tutti i tempi. Per alcuni addirittura superiore al suo storico antecedente, che avevamo analizzato in questa puntata del podcast.

Numerosissime le candidature che nei diversi ambiti (cast, drammaturgia ecc.) questa serie ha fin dal principio collezionato tra Emmy e Golden Globe. Il Critic’s Choice Television Award ha eletto Bob Odenkirk miglior attore protagonista nel 2015 e nel 2016 e Jonathan Banks miglior attore non protagonista (2015). L’American Film Institute l’ha infine decretata migliore serie dell’anno (sempre nel 2015).

Ponendosi prima, durante e dopo le vicende di Breaking Bad (quindi prequel e sequel al contempo), Better Call Saul è incentrato sulla parabola esistenziale di Saul Goodman (Bob Odenkirk), alias Jimmy McGill, alias Gene Takavic. L’assurdo e pittoresco avvocato della malavita di Albuquerque (e dunque di Walter White e Jesse Pinkman, i due protagonisti di Breaking Bad).

La sua storia, che coincide principalmente con la genesi di Saul Goodman (il nome che sceglie quando decide di reinventarsi paladino legale della criminalità), si intreccia con quella di Mike Ehrmantraut (Jonathan Banks), altra vecchia conoscenza dalla serie capostipite, e di come questo ex poliziotto – ora addetto al parcheggio del tribunale – diventerà il braccio destro di Gustavo Fring (Giancarlo Esposito), l’indimenticabile impassibile e spietato trafficante di droga, soberrimo direttore di ‘Los Pollos Hermanos’.

Vecchie conoscenze e nuovi protagonisti di Better Call Saul 

A supportare queste nuove intense narrazioni, compaiono altri – altrettanto nuovi e intensi – personaggi. Sul versante legale, innanzitutti Kim Wexler (Rhea Seehorn). Amica, collega, amante, complice, moglie e infine bussola morale, quanto immorale, di Jimmy. Segue ‘Chuck’ McGill (Michael McKean), il fratello maggiore – egregio e stimato avvocato – di cui cerca disperatamente l’approvazione. E l’irritante socio biondo platino di questi, Howard Hamlin (Patrick Fabian).

Sul fronte della droga viene introdotto il giovane Ignacio ‘Nacho’ Varga (Michael Mando), tragica figura costretta per amore del padre al doppio gioco tra Fring e i Salamanca. E a proposito di Salamanca, last but not least, c’è lo scaltro e spietato Lalo, altro carismatico nipote dai pochi scrupoli dello zio Hector. Di cui finalmente sapremo come e perché si è ridotto ad una carrozzella con campanellino…

Questi i personaggi portanti di una narrazione che in buonissima parte ha dell’incredibile perché, avendo visto Breaking Bad, già si conosce il destino della maggior parte di loro. In buonissima parte, non del tutto: l’incipit dello show, in bianco e nero, ci presenta infatti Gene Takavic – l’identità scelta da Saul dopo la rocambolesca fuga (di cui i cultori di Breaking Bad, per l’appunto, sono già a conoscenza).

Ora vive in Nebraska e lavora come commesso nella pasticceria di un centro commerciale. Le sue giornate sono scandite da una precisa e soffocante monotonia. Dove ogni routine – tra la noia del lavoro e le rievocazioni serali dei bei tempi andati tramite i VHS dei suoi surreali spot – è studiata al solo scopo di evitare di essere scoperto. 

Better Call Saul: l’origine di Saul Goodman

Negli ultimi episodi dell’ultima stagione la fotografia in bianco e nero diventerà prevalente, passando così dal passato remoto – attraverso il passato prossimo (che consente una comparsata ai due protagonisti di Breaking Bad – al presente di Jimmy. Rivelandoci il grandioso epilogo della sorte di Takavic / Goodman / McGill. E illuminandoci ancora una volta (assieme al El camino, film incentrato su Jesse Pinkman) sul dopo Breaking Bad.

Il passato remoto è invece il tema narrativo di tutte le altre stagioni: la metamorfosi che porta a Saul Goodman è una profonda e affascinante odissea esistenziale. Che passa per il carattere esuberante del protagonista, con la sua tendenza a imbrogli e raggiri e, in generale, alle scorciatoie di ogni tipo (il giovane Jimmy è un truffatore da quattro soldi). Esuberanza da sempre mal sopportata da Chuck, geloso e invidioso di un fratello che si fa comunque in quattro per accudirlo – a causa di una sospetta o presunta malattia (poiché difficilmente diagnosticabile), ovvero un’ipersensibilità alla presenza di qualsiasi campo elettromagnetico. Così il brillante fondatore del rinomato studio HHM è al contempo una persona molto fragile. E questo, piuttosto che facilitare, complica ulteriormente il rapporto tra i due.

Il percorso di Jimmy per diventare avvocato, nonostante l’opposizione del fratello, ma con l’aiuto di Kim – altro personaggio fondamentale di Better Call Saul – è un viaggio pieno di ostacoli e insidie. E, proprio come in Breaking Bad, intriso di humour noir e di momenti drammatici. E sarà proprio Kim Wexler a determinare la nascita, l’apoteosi e in un certo senso la fine del machiavellico e mefistofelico Saul Goodman.

Un mirabile gioco di simboli

L’altro viaggio, si diceva, ruota intorno alle figure di Nacho, Mike e Gus. Attraverso la toccante storia di Nacho approfondiamo l’origine dell’impero della droga celato dall’attività di ‘Pollos Hermanos‘ e le motivazioni profonde che guidano l’agire dell’indecifrabile Fring. 

Così come la profondità del rapporto che questi andrà instaurando con Mike. Assistiamo alla nascita di un vero e proprio sistema criminale che i due costruiscono con pazienza infinita, sudore e sangue of course. Sistema che, come già sappiamo, verrà bellamente distrutto dalla sfrenata megalomania di Eisenberg.

Inutile dire che tutti i conti narrativi tornano meravigliosamente, confrontando le due saghe televisive ambientate ad Albuquerque. E che, forse per la prima volta nella storia della serialità, i due show competono per eccellenza di forma e contenuti. Ancora una volta la fotografia è mirabile, non tanto e solo per l’aspetto estetico quanto per l’essenzialità e, soprattutto, la funzione narrativa implicita in tanti (solo) apparenti dettagli. La storia scorre anche se questi ultimi non vengono colti. Ma solo tramite un’attenta e paziente visione (o revisione) di queste due serie può essere svelato un articolato gioco di simboli, che rimandano continuamente ai temi portanti della narrazione. 

Talvolta sono anche solo le espressioni dipinte sul volto di questi favolosi protagonisti a raccontare molto più delle parole. Strazianti e suggestivi, in tal senso, gli ultimi flashback di Better Call Saul, che ci mostrano Jimmy/Saul con il fratello Chuck (con l’inquadratura che si sofferma sul libro La macchina del tempo di H.G. Wells). E gli ultimi due, l’uno con Mike l’altro con Walter White, il protagonista ponendo ad entrambi la stessa domanda: che faresti se potessi tornare indietro nel tempo?

Better Call Saul, Breaking Bad e il grande Romanzo Americano

Rimorso, pentimento, o anche solo semplice valutazione del proprio vissuto. Una valutazione necessaria per Jimmy McGill, arrivato al punto cruciale della propria esistenza. E per restare in tema di simboli e dettagli, non sfugge l’unico accenno di colore nel bianco e nero (come nella Sin City di Miller e Rodriguez): la brace dell’ultima sigaretta condivisa con Kim Wexler. 

Senza bisogno di troppe parole. Anche se l’affabulazione è stato il vero talento di Saul Goodman. Uomo di indubitabile talento, come Walter White. Un mondo, due storie. Due protagonisti molto diversi tra loro, spinti da diversi impulsi, destinati però ad un incontro fatale. Entrambi giocano su un terreno insidioso, in cui morale e immorale si confondono a causa del castello di menzogne che vanno costruendo.

Il finale di Better Call Saul, lontano dall’epica tragicità di quello di Breaking Bad, ma in egual maniera stilisticamente perfetto, ribadisce in modo commovente la differenza fondamentale tra un’esistenza cosiddetta normale (a regular life) e una vita fondata sugli eccessi e sul primato dell’ego, che riscrive a suo piacimento ciò che si può e ciò che non si può fare…

L’unico limite – se di limite si tratta – di questo show è che per essere pienamente goduto richiede la preventiva visione del suo antecedente. Ad ogni modo la grande tradizione del romanzo americano ha trovato, attraverso queste due serie – ed altre eccellenze della produzione televisiva, come I Soprano – una nuova e vitale linfa.

Curiosità

Curiosità per gli appassionati: parallelamente alla serie è stata creata una breve e surreale miniserie raccolta in 4 stagioni con il titolo di Better Call Saul Employee Training. Ogni episodio dura una manciata di minuti e ogni stagione ha il suo protagonista. Nella prima è Gustav Fring che spiega agli impiegati le regole di condotta e lavoro nella catena di Pollos Hermanos (sic!). Nella seconda è Mike Ehrmantraut, impegnato come consulente della sicurezza alla Madrigal Electromotive. La terza vede Kim Wexler dare lezioni di etica ad ipotetici avvocati alle prime armi. L’ultima vede protagonisti i tre videomaker che assistono Saul Goodman nella produzione dei suoi stravaganti spot pubblicitari… E ho detto tutto.

Abbiamo discusso i grandi temi di Breaking Bad in questa puntata del podcast

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Tags: Better Call SaulBreaking Baddramadroga e narcotraffico
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