• Missione
  • Redazione
  • Contatti
lunedì, Giugno 9, 2025
  • Login
Mondoserie
  • Home
  • Articoli
  • Video
  • Podcast
  • Mondovisioni
    • Documentari
    • Fumetto / Animazione
    • Libri
    • Long form, saggi, analisi
    • Speciali
      • Speciale David Lynch
      • Speciale The Walking Dead
      • Speciale I Soprano
      • Speciale Mike Flanagan
  • Eventi
  • Tags
  • Missione
  • Contatti
  • Redazione
No Result
View All Result
  • Home
  • Articoli
  • Video
  • Podcast
  • Mondovisioni
    • Documentari
    • Fumetto / Animazione
    • Libri
    • Long form, saggi, analisi
    • Speciali
      • Speciale David Lynch
      • Speciale The Walking Dead
      • Speciale I Soprano
      • Speciale Mike Flanagan
  • Eventi
  • Tags
  • Missione
  • Contatti
  • Redazione
No Result
View All Result
Mondoserie
No Result
View All Result
  • Iscriviti alla newsletter
Home Articoli

The Last of Us, la vita e l’amore dopo la fine del mondo

La seconda stagione (pur con qualche inciampo) conferma temi e qualità dell'acclamata serie tv, che ha adattato un popolarissimo videogame. Una riflessione struggente su cosa ci renda umani

di Jacopo Bulgarini d'Elci
01/06/2025
in Articoli, In primo piano, Long form, saggi, analisi
Cover di The Last of Us per Mondoserie
3.2k
VIEWS
Condividi su FacebookWhatsappEmail

La seconda stagione di The Last of Us (Sky e NOW, 2025) ha confermato, ed era facile attenderselo, lo straordinario successo del primo capitolo. Un successo indubbio sotto il profilo critico e mediatico; più articolato in termini di pubblico. Io stesso ho almeno una grossa riserva su questo secondo atto – ci torno verso la fine. Pur continuando a considerla una delle migliori produzioni degli ultimi anni. Facciamo quindi un punto generale. 

Nel 2023, lo ricordate, il magnifico drama post apocalittico impressionò un po’ tutti (quasi tutti, come vedremo) e sorprese più di qualcuno. Facendo benissimo due cose. 

La prima: prendere un videogame amatissimo, oggetto di un vero culto (il gioco The Last of Us), e compiere un doppio miracolo. Adattarlo senza perdere il favore dei fan storici, notoriamente gelosi dei loro universi videoludici. E farlo conquistando quanti non avevano dimestichezza con il gioco, e magari diffidavano della categoria. Un po’ come l’anno dopo, nel 2024, avrebbe fatto Fallout. La seconda? Portare a definitiva maturazione un sottogenere divenuto così popolare da essere ormai inflazionato. Il racconto post apocalittico, in particolare nella variante più in voga: un contagio globale ha mutato la maggior parte di noi in mostri che danno la caccia ai pochi superstiti.    

Naturalmente questi due fattori non bastano a spiegare l’eccezionale, e assai meritato, successo di The Last of Us. Nei prossimi capitoli proveremo a scoprirne la ricetta segreta, analizzando uno per uno i suoi ingredienti. La storia, il rapporto col videogame, il fascino del genere; ma anche le atmosfere, a partire dalle musiche. Alcune ispirazioni: Nausicaä di Miyazaki, La strada di Cormac McCarthy. E persino il verissimo fungo Cordyceps.  

Fino all’ultima parte, quella in cui proveremo a tirare le fila. Scoprendo che c’è un fattore più profondo che ha fatto di The Last of Us la serie evento del 2023 e della prima metà del 2025. E ha a che fare con la vita. Con l’amore. Con ciò che, alla fine, ci rende umani. 

The Last of Us: una rapida introduzione 

Serie televisiva statunitense, The Last of Us è basata sull’omonimo videogioco sviluppato da Naughty Dog e pubblicato nel 2013 con enorme successo. La serie è stata creata da Craig Mazin, già showrunner dell’ottima serie Chernobyl, e da Neil Druckmann, uno dei creatori del videogame originale. Prodotta da HBO, in Italia è su Sky e Now. La prima stagione, di 9 episodi, è andata in onda tra gennaio e marzo 2023. Conquistando una valanga di premi, ed essendo la prima serie live action tratta da un videogame a venire candidata agli Emmy (vincendone diversi). La seconda stagione si è ridotta a 7 episodi (aprile-maggio 2025), non per caso. 

La serie racconta la storia di Joel (Pedro Pascal), un contrabbandiere che viene incaricato di scortare Ellie (Bella Ramsey), una ragazza di 14 anni immune a un’epidemia fungina che – 20 anni prima – ha decimato gran parte dell’umanità. La recalcitrante coppia attraversa un’America post-apocalittica infestata dagli infetti, umani trasformati dal parassita, e da conflitti tra varie fazioni di sopravvissuti.  I paesaggi dello show, che alternano città devastate dal collasso della civiltà agli sconfinati scenari dell’America rurale e montana, riflettono la sua produzione. La serie è stata infatti girata principalmente in Canada, oltre che in alcune zone degli Stati Uniti.

Dal punto di vista dei generi, The Last of Us offre un incrocio assai contemporaneo: le prevedibili componenti horror e fantastiche, volutamente limitate, cedono il passo alle dinamiche del dramma. E al ritratto psicologico di due reduci, un adulto e una ragazza, figli di un mondo alla deriva. 

Al centro della serie è proprio la relazione tra Joel ed Ellie. E la loro lotta per sopravvivere in un mondo post-apocalittico pieno di pericoli e di difficoltà. Un rapporto che funziona anche grazie alla formidabile alchimia tra i due straordinari protagonisti, Pascal e Ramsey, che avevano condiviso (seppur in stagioni diverse) un altro grande successo: Game of Thrones. 

Stagione 1: setting narrativo  

La prima stagione di The Last of Us segue da vicino la trama del videogioco originale, con alcune modifiche e aggiunte per adattare la storia al formato televisivo. E, in alcuni casi, per introdurre temi e livelli di profondità ulteriore, come vedremo parlando dell’ormai celebre episodio 3. 

Un rapido incipit dal sapore quasi profetico costruisce il setting concettuale. Il segmento di un talk show datato 1968 ricorda l’ammonimento all’epoca ignorato di un esperto di funghi (John Hannah): con le giuste condizioni ambientali, certe specie fungine potrebbero parassitare l’uomo. È improbabile, dice l’esperto. Ma se succedesse per noi sarebbe la fine.  

2003. Senza preavviso, diffondendosi tramite un prodotto da supermercato, la mutazione di un tipo di fungo Cordyceps infetta in massa gli umani, e scatena una pandemia. Il collasso della civiltà è quasi immediato. Incontriamo Joel: col fratello Tommy e la figlia Sarah tenta la fuga dalla loro cittadina texana. Nel caos totale, Sarah viene uccisa da un soldato in preda al panico.  

20 anni dopo, nel 2023, Joel vive a Boston. O meglio nella parte di città sopravvissuta al collasso, trincerata dietro mura, amministrata militarmente dalla FEDRA (Federal Disaster Response Agency). Indurito dalla vita, alterna lavoretti al contrabbando di merci. Finché gli viene assegnata una “missione” particolare: scortare la quattordicenne Ellie da Boston fino a un centro di ricerca delle Lucciole, gruppo ribelle che lotta contro il regime. Ellie è stata morsa da un infetto, ma non si è infettata: forse nella ragazzina si nasconde il segreto di una cura per l’umanità. 

La prima stagione di The Last of Us, così, racconta il loro lungo viaggio in un’America devastata dalla malattia e dalla distruzione, in cui l’umanità è solo un ricordo lontano. 

The Last of Us, stagione 2: SPOILER!

La seconda stagione di The Last of Us riprende la storia a cinque anni dagli eventi della prima, portando lo spettatore in una nuova fase della vita di Joel ed Ellie. I due si sono stabiliti nella cittadina di Jackson (relativamente pacificata, anche grazie al suo isolamento tra le montagne del Wyoming). Qui Joel ed Ellie cercano di costruire una parvenza di normalità, circondati da una comunità sopravvissuta che coltiva la speranza di un futuro possibile. Il sodalizio della parte finale di stagione 1 pare essersi sfibrato. Ellie, ormai adolescente, sfida e contesta costantemente il suo padre putativo. Ma il passato non perdona.

Tutto cambia drammaticamente nel secondo episodio (SPOILER), con quello che è l’evento più scioccante (e discusso) della serie: Joel viene brutalmente ucciso da un gruppo di sconosciuti in cerca di vendetta, guidati dalla determinatissima Abby (Kaitlyn Dever). La ragazza vuole vendicare la morte del padre: uno dei medici assassinati da Joel nel finale della prima stagione, nell’ospedale delle Lucciole, per salvare Ellie. La perdita improvvisa di Joel getta Ellie in una spirale di dolore, rabbia e desiderio di vendetta. Decisa a non lasciar correre, Ellie intraprende una missione personale: trovare e punire chi ha distrutto la sua famiglia.

Il viaggio la porta a Seattle, città cupa, devastata e divisa tra fazioni in lotta e infetti. Qui una Ellie sempre più feroce e spietata si addentra in un ambiente ostile. Accompagnata da Dina (Isabela Merced) – compagna d’avventura e non solo. I primi episodi a Seattle alternano scontri, imboscate e nuovi incontri, mentre Ellie si confronta con il costo emotivo e morale delle sue scelte.

Senza anticipare oltre, la seconda stagione si concentra sulle sfide sempre più dure che Ellie deve affrontare nella città, in una spirale di violenza, perdita e domande senza risposta sulla natura della vendetta e su ciò che resta dell’umanità in un mondo perduto.

The Last of Us: il rapporto tra la serie il videogame

La serie, l’abbiamo detto e lo sapete, deriva da un videogame. Anzi, da quello che per molti nell’ultimo decennio è stato il videogame. Il gioco The Last of Us, uscito nel 2013 sull’onda di una febbrile attesa, è stato sviluppato da Naughty Dog, diretto da Neil Druckmann (anche co-autore della serie) e Bruce Straley, e pubblicato da Sony Interactive Entertainment per PlayStation e Windows. I suoi generi: action-adventure, survival horror, stealth. Ma con una forte componente drammatica e cinematografica. Come chiarito fin dalla prima sequenza, che la serie ricalca quasi inquadratura per inquadratura: l’improvviso irrompere del morbo nel 2003, la disperata fuga di Joel con la figlia. 

Proprio la sua dimensione profondamente coinvolgente ed emozionante, quella di un racconto giocabile articolato in capitoli, più che di un semplice action game, è alla base del suo enorme successo. Assieme, chiaro, all’elevatissima qualità realizzativa. Dalle musiche (del premio Oscar Gustavo Santaolalla, di cui parliamo meglio dopo) alle ambientazioni post-apocalittiche, che trasformano pezzi dell’immaginario urbano americano. Con ben 256 riconoscimenti è uno dei videogiochi più premiati della storia ed è considerato, da gran parte della critica videoludica, uno dei migliori videogiochi di tutti i tempi. Primato poi superato dal seguito, The Last of Us Parte II (2020), che è alla base della nuova stagione dello show. 

La serie segue la trama del gioco, dal racconto lineare. Ma si concede diverse divergenze. In parte approfondendo personaggi, come Marlene, la leader delle Lucciole. In parte creando quasi da niente vere e proprie backstories di enorme impatto: quella di Bill e Frank su tutte, cui è dedicato il prossimo capitolo. Due momenti importanti della prima stagione dello show derivano poi non dal videogioco originale ma dall’espansione The Last of Us: Left Behind, del 2014. Parliamo del prequel “storico” che racconta come, tempo prima, Ellie si era infettata (qui alla base del tesissimo episodio 7, Left Behind). E dell’avventurosa ricerca di medicine da parte di Ellie per cercare di salvare il ferito Joel durante l’inverno (qui in parte raccontata nell’episodio 8, When We Are in Need).

La stagione 2 di The Last of Us adatta non l’intero secondo capitolo del videogame, ma solo metà. Da un lato aprendo a una necessaria e già da tempo confermata terza stagione. Dall’altro creando un problema di struttura e di equilibrio su cui torno in chiusura.

Una magnifica invenzione: stagione 1, episodio 3

Tra le differenze tra serie e videogame spicca l’intero episodio 3 della prima stagione di The Last of Us. Chiamato, come la ricorrente canzone del 1970 di Linda Ronstadt, Long, Long Time. È una puntata meravigliosa, e amatissima. Ma ha suscitato anche un tentativo, in parte riuscito, di review bombing. Quel fenomeno tipico della demenza internettara per cui orde di trogloditi cercano di affossare un’opera abbassandone i voti. Spesso perché qualcosa li ha offesi. In questo caso una storia d’amore omosessuale maschile.

Nel videogame, Joel ed Ellie, allontanatisi da Boston, fanno tappa da Bill, un survivalist asserragliato in una cittadina rimpinzata di trappole. Da lui sperano di ottenere un veicolo. In alcuni rapidi passaggi apprendiamo che l’uomo è stato legato a un altro sopravvissuto, Frank, ora scomparso.

Nella serie la loro vicenda assorbe invece gran parte del terzo episodio. Joel ed Ellie viaggiano fino a Lincoln, Massachusetts: ma prima del loro arrivo avremo avuto modo di immergerci, in una lunga serie di flashback, nella storia di Bill (Nick Offerman, il leggendario Ron Swanson di Parks and Recreation) e Frank (Murray Bartlett, rivelazione della prima stagione di The White Lotus). Era stato il primo, un prepper paranoico e diffidente, a soccorrere e poi accogliere il secondo. Condividendo poi per 20 anni, unici abitanti del borgo, le piccole gioie quotidiane e la costante minaccia del caos. 

La loro è la grande, struggente storia d’amore di The Last of Us. Ci parla del tempo che passa, della felicità possibile anche nell’orrore. Ma soprattutto ricorda, a noi e a Joel, che spetta a chi è più forte prendersi cura degli altri in un mondo che brucia. Trovando, in questo, il proprio scopo.

È la puntata che consacra la serie nella sua dimensione di profondità, intelligenza, maturità.

Musica e atmosfere in The Last of Us: una ballata crepuscolare

Curiosità: dopo la sua apparizione, così importante, nell’episodio 3 di cui abbiamo parlato le riproduzioni di “Long, Long Time” di Linda Ronstadt sono aumentate significativamente. A 50 anni dal suo debutto. Un fenomeno simile al ritorno in vetta del vecchio brano di Kate Bush “Running Up That Hill”, centrale come abbiamo raccontato nella quarta stagione di Stranger Things.

Altre canzoni (di Depeche Mode, Dido, Hank Williams) punteggiano, con efficacia, la prima stagione di The Last of Us: ma è tutta la colonna sonora a contribuire in modo decisivo al fascino e alle atmosfere del racconto. La firma Gustavo Santaolalla, celebre compositore e musicista argentino che aveva già lavorato alla colonna sonora del videogioco. Santaolalla non era certo l’ultimo venuto anche prima del successo del videogame: aveva composto infatti le colonne sonore di tutti i primi film dell’acclamato regista Alejandro González Iñárritu, come Amores Perros e 21 grammi. Soprattutto, aveva già vinto ben due Oscar per le migliori colonne sonore. Nel 2005 con I segreti di Brokeback Mountain, di Ang Lee. L’anno dopo con Babel, ancora di Iñárritu.  

La musica di Santaolalla si adatta perfettamente alla natura post-apocalittica della serie, creando un’atmosfera tetra, malinconica, spesso sommessa. I brani musicali sono stati eseguiti da una varietà di strumenti acustici, come chitarre, mandolini e violoncelli, dando all’intera colonna sonora un tono intimo e in qualche modo “sincero”. Proprio come era stato per la colonna sonora del videogame, il brano ormai iconico “The Last of Us” accompagna i momenti più emotivi della serie. Non è solo l’atmosfera crepuscolare dello show a beneficiare del tocco raffinato di Santaolalla: anche la profondità narrativa ne esce arricchita.

Curiosità: Santaolalla appare in brevissimo cameo nel primo episodio della stagione 2. Durante la scena del capodanno è un suonatore di chitarra. 

Il fungo Cordyceps: invenzione o realtà?

Uno degli elementi centrali della trama di The Last of Us è il fungo Cordyceps, che ha la capacità di infettare gli esseri umani e trasformarli in creature violente e pericolose. A lui si deve l’apocalisse che abbatte le società umane e trasforma il mondo in una costante fonte di pericolo. Come abbiamo raccontato in questo articolo sul documentario Funghi fantastici, il fungo Cordyceps esiste davvero in natura. E può anche essere un parassita. Anche se non infetta gli esseri umani, ma gli insetti.

Le sue vittime sono altri funghi ipogei, di solito tartufi dei cervi (Elaphomyces), oppure insetti o ragni. I Cordyceps si dividono in due gruppi. Il primo, di cui fanno parte parassiti dei funghi sotterranei, include un numero più ridotto di specie nel mondo. Il secondo, di cui fanno parte parassiti principalmente degli insetti ma anche dei ragni, è molto più vasto e comprende più di 250 specie distribuite soprattutto nelle regioni tropicali e in Asia. 

Ma veniamo al dunque. Il fungo Cordyceps è noto anche come il fungo zombie, perché le sue vittime infette mostrano comportamenti simili a quelli degli zombie nei film e nelle serie televisive. Il fungo si insinua all’interno dell’insetto ospite e ne controlla il comportamento. Portandolo a volte a cercare posti bui e umidi per poter germogliare e riprodursi. Altre ad ascendere, per poi cercare di infettare intere colonie di insetti. 

Forse la minaccia del fungo Cordyceps nella serie The Last of Us risulta credibile e spaventosa anche grazie al suo aggancio reale. Non servono orde di infetti dietro ogni angolo: basta la paura della trasformazione, e il terrore dell’ignoto. Particolarmente vero verso il mondo micotico, per noi ancora largamente – e paurosamente – misterioso.  

Il racconto della fine del mondo: la bellezza della natura

The Last of Us non è certo la prima storia a raccontare la fine del mondo, la distruzione della civiltà e il ritorno al dominio della Natura. La panoramica è ricchissima: in parte l’abbiamo trattata in un articolo di approfondimento, focalizzato sulle apocalissi pandemiche tra cinema e tv (qui la versione podcast). È chiaro che un riferimento ovvio potrebbe essere The Walking Dead, come abbiamo discusso anche nel podcast su The Last of Us. Almeno di primo acchito. E infatti i fan del mostruoso franchise zombie, orfani della serie madre, hanno sperato in massa di ritrovare qui le loro atmosfere favorite – perlopiù invano. Ma sono altri gli elementi che forse ha più senso evidenziare, attraverso due riferimenti meno ovvi. 

Il primo è la rappresentazione della natura. Il mondo di The Last of Us è tornato verde. Persino le città, quando non nascondono le insidie degli infetti o la minaccia di altri umani, hanno tratti di pacifico splendore (specie nella stagione 1): la scena delle giraffe, tranquille signore di un contesto un tempo urbano, è esemplare. Fuori, poi, l’America è tornata quella dei paesaggi selvaggi. Come già il videogame, lo show si differenzia quindi notevolmente dall’immaginario post-apocalittico di tante produzioni precedenti, cupo e terrificante: Resident Evil su tutte. Dopo la crisi, il mondo è rifiorito. C’è da avere paura, certo: ma c’è anche tanta bellezza di cui godere. Il canto degli uccelli, cavalcare nelle praterie, una foresta incontaminata. Di più, come diremo alla fine: c’è speranza. 

Possiamo pensare a Nausicaä della Valle del vento, film d’animazione del 1984 diretto dal leggendario Hayao Miyazaki. Dopo che una guerra disastrosa ha annientato l’umanità, il mondo – semidistrutto – è dominato da una foresta tossica popolata di insetti mutanti e velenosi. La foresta marcia di Nausicaä, il fungo parassita di The Last of Us: sono entrambi prodotti delle colpe dell’uomo, della sua distruttiva voracità consumistica. Come abbiamo raccontato in questa riflessione sul cambiamento climatico tra cinema e tv.

Eppure, come vedremo, entrambi consentono forse a una nuova umanità di emergere. 

The-Last-of-Us-giraffe

Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey) e il ritorno della Natura in The Last of Us

The Last of Us, The Road: dopo la notte, l’alba 

L’altro elemento che distingue lo show HBO dai prodotti di genere post apocalittico è allora il suo segno per così dire filosofico. Pensiamo al più celebre di questi: The Walking Dead. Stagione dopo stagione vediamo collassare modelli diversi di ricostruzione della società, come abbiamo raccontato qui. Stagione dopo stagione comprendiamo l’agghiacciante verità: più pericolosi dei morti vaganti sono i viventi. Lupi per gli altri superstiti. Condannati a non conoscere pace (almeno fino al “finale” fiabesco).

The Last of Us sceglie un’altra percorso. Anzi, un’altra strada. Prendendo a modello il romanzo postapocalittico del grandissimo scrittore statunitense Cormac McCarthy che si chiama appunto The Road. Uscito nel 2006, divenuto film (con Viggo Mortensen) nel 2009, The Road racconta il viaggio di un padre e di un figlio nei paesaggi allucinanti di un’America devastata da un catastrofico e misterioso evento, che ne ha alterato il clima e distrutto le risorse. Il mondo è un inferno, il cammino un incubo: ma un poco alla volta, nel cuore del figlio sorgerà la speranza di un’umanità nuova. 

Ecco allora perché la serie di The Last of Us ha modificato, nel famoso episodio 3, la storia di Bill. Nel videogame era una cautionary tale, un monito: se Joel non voleva diventare come lui, chiuso e pieno di rimpianti, avrebbe dovuto aprirsi. Accogliere Ellie nel suo cuore. Nello show il segno cambia: la storia di Bill non è più di ammonimento, ma di ispirazione. Bill – che all’inizio era come Joel, duro e chiuso – ha vissuto accanto a Frank una vita felice fino in fondo. Resa piena dalla condivisione di una fragola. Dall’amore. Dal prendersi cura di un’altra persona.

Proprio come Joel imparerà a fare, nel corso della stagione e del viaggio, con Ellie. E viceversa.  

The-Last-of_us-fragole

La storia di Bill (Nick Offerman) e Frank (Murray Burtlett) in episodio 3 racchiude il senso profondo della serie: piantare semi di speranza anche nell’apocalisse

La stagione 2: cosa funziona, cosa meno (SPOILER)

Ed ecco anche il problema maggiore della stagione 2 di The Last of Us. Gli autori hanno scelto di adattare solo la prima metà del secondo videogioco (The Last of Us Part II), con una stagione di soli sette episodi. Questa decisione lascia il racconto inevitabilmente “in sospeso”: laddove il videogioco costringeva il giocatore a mettersi nei panni di Abby e a fare i conti, fino in fondo, con le conseguenze devastanti delle azioni di Joel, la serie interrompe il percorso prima di raggiungere quella catarsi emotiva. Così, lo spettatore viene privato dell’esperienza più radicale e controversa del gioco: la necessità di comprendere anche il “nemico”. Di ribaltare il punto di vista. Di vedere l’eroe della prima stagione – Joel – come carnefice e vittima insieme. L’arditezza di questa struttura resta, per ora, incompleta.

Ne risente anche la dinamica tra i personaggi. In assenza del confronto-scontro, dall’alchimia fortissima, con il Joel di Pedro Pascal, la Ellie di Bella Ramsey funziona oggettivamente meno. Finendo per apparire monocorde, ossessiva, meno tridimensionale. Salvo poi “distrarsi” un po’ troppo spesso lungo il percorso, e agire a volte con una sprovvedutezza disarmante.

Lasciamo anche perdere la maggior parte delle polemiche esplose online, che hanno portato a un abbassamento cospicuo dei voti medi del pubblico (ma non della critica). Però va detto questo. In attesa della terza stagione, il rischio è che il lungo iato temporale renda ancora più difficile l’immedesimazione e la discontinua continuità emotiva che il videogioco sapeva garantire. A me non interessa granché l’accusa di infedeltà della serie al gioco. Ma proprio perché sono medium diversi, una maggiore distanza avrebbe forse aiutato a preservarne meglio lo spirito. Per esempio, si poteva comprimere un po’ il viaggio di Ellie (a tratti non appassionante) e produrre anche le puntate che completeranno gli archi narrativi di Ellie e di Abby nella stagione 3. Garantendo la densità e il senso di compiutezza che l’opera originale possedeva.

Perché guardare The Last of Us

Ma nonostante questo “peccato originale”, The Last of Us riesce a non tradire la sua anima. Raccontare un futuro post-apocalittico, con un messaggio di resilienza. E persino di speranza. Nella prima stagione impariamo ad amare due ruvidi antieroi, sfaccettati e complessi. La giovane Ellie, bambina-adulta aspra e quasi aliena nella fisicità androgina di Bella Ramsey. Monumento alla sopravvivenza in un mondo ostile. E il Joel cui Pedro Pascal regala la sua maschera di cowboy duro e malinconico. Un personaggio che è l’esatto contrario dell’assertivo superomismo Marvel. Impegnato com’è in un doloroso viaggio di progressiva ri-umanizzazione.

Nella seconda stagione, centrale è il rapporto tra Ellie e Dina, fatto di sorprendenti tenerezza e vulnerabilità. Ma anche la commovente puntata 6. Che – un po’ come aveva fatto la puntata 3 della stagione 1 – ripercorre grazie a una serie di strazianti flashback l’evoluzione del rapporto tra Joel ed Ellie nei 5 anni che separano le due stagioni.  

Ecco perché The Last of Us “parla” a pubblici molto più vasti di quelli di genere. Mescolando sapientemente gli elementi orrorifici e fantastici – assai dosati – alla dimensione emotiva e drammatica di una storia di crescita, di scoperta, di ritorno alla vita. Senza rinunciare alla tensione, anzi usando il suo scavo psicologico come carburante per renderla più intensa. Pensiamo all’episodio 7×01, quello ambientato nel centro commerciale abbandonato: ci sono solo due ragazzine che cercano di strappare un’ultima notte di giovinezza spensierata ai terrori del mondo e ai suoi travagli, ma la tensione monta e monta, fino quasi a risultare insostenibile.   

Alla fine, forse, il segreto è tutto qui. Nel raccontarci i modi – sottili, inattesi – con cui la speranza sa insinuarsi anche nell’apocalisse, The Last of Us ci riconsegna una grande e profonda verità. Una verità che avevamo dimenticato nella cupa e un po’ millenaristica inflazione di storie crepuscolari sulla fine del mondo. 

Che vivere non vuol dire solo sopravvivere. E che non c’è vita senza amore. 

The Last of Us: ascolta il nostro podcast!

The Last of Us, alla ricerca dell’umanità | PODCAST 

Infetti, sopravvissuti e apocalisse tv: la grande saga di The Walking Dead

The Walking Dead, la vita continua (e pure la saga)

Tags: post-apocalitticoThe Last of Uszombi
Post precedente

Godless, impeccabile western sui generis

Prossimo post

Star Wars: Clone Wars 2D. Vintage, da recuperare | PODCAST

Jacopo Bulgarini d'Elci

Jacopo Bulgarini d'Elci

Fondatore e direttore del progetto MONDOSERIE, prende le serie terribilmente sul serio. In una vita precedente è stato assessore alla cultura della città di Vicenza. In altre e non meno reali esistenze, si è perso sull’isola di Lost, ha affrontato i propri gemelli oscuri in Twin Peaks, ha avuto il cuore spezzato da Breaking Bad. Autore e critico tv, scrive interventi sulle trasformazioni dell’immaginario pop (Doppiozero), tiene conferenze, coordina e realizza pubblicazioni. Soprattutto, guarda e riguarda show da quasi 30 anni.

Articoli correlati

Cover di Paradise podcast per Mondoserie
Podcast

Paradise: politica, cospirazioni, fine del mondo | PODCAST

22/04/2025
Cover di Paradise per Mondoserie
Articoli

Paradise, se l’utopia nasconde l’inferno

04/04/2025
Cover film e serie sulla pandemia per MONDOSERIE
Long form, saggi, analisi

Film e serie sulla pandemia: il virus, noi, il senso di colpa

26/03/2025
Artwork The Walking Dead fumetto per podcast Mondoserie
Podcast

The Walking Dead, il fumetto è meglio della serie | PODCAST

11/02/2025
Cover di The Walking Dead podcast
Podcast

The Walking Dead: come ricostruire l’ordine caduto? | PODCAST

21/01/2025
Cover di The Walking Dead The Ones Who Live per Mondoserie
Articoli

The Ones Who Live: il ritorno di Rick tra i (morti) viventi

23/01/2025
Prossimo post
Cover di Star Wars Clone Wars 2D podcast per Mondoserie

Star Wars: Clone Wars 2D. Vintage, da recuperare | PODCAST

MONDOSERIE: COS’È

Tra troppe novità che escono ogni giorno, Mondoserie è la tua guida. Ragionata. Per non perdere tempo: a scegliere, o guardando cose che non meritano.
E per andare in profondità, alla scoperta di cosa i grandi show di ieri e di oggi ci svelano sul mondo.

I più letti della settimana

  • Artwork di The Walking Dead per Mondoserie

    The Walking Dead, la vita continua (e pure la saga)

    736 shares
    Share 294 Tweet 184
  • Murdaugh Murders: il declino di una dinastia nel profondo Sud

    162 shares
    Share 65 Tweet 41
  • The Closer / Major Crimes: se il fine giustifica i mezzi

    1967 shares
    Share 787 Tweet 492
  • Love, Death & Robots volume 4: un preoccupante passo falso

    12 shares
    Share 5 Tweet 3
  • Shiny_Flakes: The Teenage Drug Lord. Una sfida tra realtà e finzione

    781 shares
    Share 312 Tweet 195

RSS MONDOSERIE. Il podcast

  • Criminal Minds: le forme rassicuranti del buio | 2 voci, 1 serie 06/06/2025 MONDOSERIE
  • Star Wars: Clone Wars 2D. Una serie vintage ancora sorprendente | Animazione 03/06/2025 MONDOSERIE
  • Romanzo Criminale, la prima grande serie italiana crime |  2 voci, 1 serie 30/05/2025 MONDOSERIE
  • Secret Level, un bello spot e nulla di più | Animazione 27/05/2025 MONDOSERIE
  • Mythic Quest, l’epica tragicomica del lavoro creativo | 2 voci, 1 serie 23/05/2025 MONDOSERIE
Mondoserie

Una guida critica, per non perdersi. E per scoprire cosa i grandi show ci svelano delle nostre paure, dei nostri desideri, del nostro mondo.

Seguici su

Privacy Policy - Cookie Policy

Tutte le categorie

  • Articoli
  • Artwork
  • Documentari
  • Eventi
  • Film / Saghe
  • Fumetto / Animazione
  • In primo piano
  • Libri
  • Long form, saggi, analisi
  • Mondovisioni
  • Podcast
  • Speciale David Lynch
  • Speciale I Soprano
  • Speciale Mike Flanagan
  • Speciale The Walking Dead
  • Video

Ultimi aggiornamenti

Cover di Love Death & Robots 4 per Mondoserie

Love, Death & Robots volume 4: un preoccupante passo falso

08/06/2025
Cover di The Thing about Pam

The Thing about Pam: psicopatologia di una casalinga serial killer

07/06/2025
  • Missione
  • Redazione
  • Contatti

© 2021 Mondoserie - All rights reserved

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password?

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In
No Result
View All Result
  • Home
  • Articoli
  • Video
  • Podcast
  • Mondovisioni
    • Documentari
    • Fumetto / Animazione
    • Libri
    • Long form, saggi, analisi
    • Speciali
      • Speciale David Lynch
      • Speciale The Walking Dead
      • Speciale I Soprano
      • Speciale Mike Flanagan
  • Eventi
  • Tags
  • Missione
  • Contatti
  • Redazione

© 2021 Mondoserie - All rights reserved

Il meglio di Mondoserie

La tua guida alle serie imperdibili: recensioni, analisi e contenuti esclusivi.

Iscriviti alla nostra newsletter!

Inserisci la tua email