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Imposters, il piacere vertiginoso dell’inganno

di Livio Pacella
09/06/2021
in Articoli, Artwork
Immagine: artwork di Imposters per MONDOSERIE
135
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Il mondo è un palcoscenico, diceva solenne Shakespeare. Sì, e i ruoli sono mal distribuiti, chiosava sublime O. Wilde. Dunque non vi sarebbe altra soluzione che quella di divenire attori consapevoli, acquisendo l’abilità di cambiare maschera all’occorrenza. Diventare, insomma, impostori. E non lo siamo forse tutti, chi più chi meno consapevolmente? In un mondo in cui la menzogna è sempre in agguato e il commercio umano si svolge pressoché tutto sotto il segno dell’inganno, o si è truffatori o si è truffati. Questa è la filosofia di fondo di Imposters, commedia nera americana senza troppe pretese, in due stagioni (Bravo, 2017-18), per un totale di 20 episodi, annunciata inizialmente con il titolo di My So Called Wife (La mia cosiddetta moglie).

Di cosa parla Imposters

Maddie (Inbar Lavi), donna irresistibile dai mille nomi e dalle mille personalità, seduce indistintamente uomini e donne allo scopo di sposarli per poi scomparire, dopo averli ripuliti dei loro soldi. Ad aiutarla vi sono Max (Brian Benben) e Sally (Katherine LaNasa), coppia di complici di mezza età, di volta in volta genitori, parenti, vecchi amici, a seconda della storia che viene messa in scena per poter spennare il pollo di turno. Tutti e tre lavorano per il diabolico Dottore (Ray Proscia), fantomatica figura che gestisce il loro e altri gruppi di truffatori sparsi per gli USA. Naturalmente del Dottore non è dato sapere niente, se non che ha il controllo totale sui suoi collaboratori e che, una volta finiti alle sue dipendenze, non si può più uscire dal gioco. Ci vediamo nel gioco, questa la significativa espressione che ricorre tra i protagonisti della storia. 

Ma questo non è che il punto di partenza… 

Il destino riunisce tre cuori truffati e spezzati, Ezra (Rob Heaps), Richard (Parker Young) e Julia (Marianne Rendon), tutti impegnati nella ricerca del loro comune carnefice, ovvero la succinta, succitata e sfuggente Maddie. In un vorticoso proseguo narrativo, sfacciato quanto sfilacciato, i tre, due lui e una lei, tutti di bell’aspetto, tra i 20 e i 30 anni, si legano inizialmente in un comune accordo – trovare e smascherare la causa delle loro pene – per poi diventare poco a poco veri e propri amici. Epperò i nostri tre eroi si scopriranno a loro volta, facendo di necessità virtù, abili truffatori. La novità non dispiacendo, si scaraventeranno letteralmente nel corso del nuovo inganno amoroso di Maddie.

Il suddetto vortice vorrebbe diventare ancora più vertiginoso con la messa in campo della tutto sommato innocua FBI, che insegue da tempo Dottore e soci; con l’amara e sudata ammissione che nessuno dei tre ha mai smesso di amare Maddie e che quindi non è detto possano fidarsi l’uno degli altri; con il solito immancabile milione di dollari, in forma di anello con prezioso diamante; e, dulcis in fundo, con i due sicari mandati dal Dottore ad aggiustare le cose (il primo di questi, Lenny Cohen, interpretato da una giacchincravattata Uma Thurman, che così acconciata non può non far venire in mente ben altri riferimenti, di tarantiniana memoria!)

Foto: Uma Thurman in Imposters
Uma Thurman in Imposters, dark comedy sull’arte dell’inganno

Tutti indossano una maschera, tutti truffano…

Dunque, se non si fosse finora capito, Imposters è una simpatica serie scacciapensieri che scorre via liscia, nella misura in cui non vi si cerca profondità alcuna, psicologica o altro che sia… Tutti i personaggi diventano, a turno, prima o poi, impostori. Devono interpretare tutti diverse parti, per truffare, per catturare i cattivi, o anche solo per restare in vita. Tutti, si badi bene: dall’FBI al Dottore, che è poi un vero dottore specializzato in cure ortopediche. E tutti indossano maschere senza spessore alcuno, ma ciascuna avendo la propria gigionesca caratteristica. Lo scopo non è, per l’appunto, costruire una solida narrazione ma mettere in atto l’impostura stessa dell’intrattenimento puro, dove tutto scorre sempre liscio, nonostante le rocambolesche peripezie, come in un cartone animato (o come nella saga di Ocean 11 – 12 – etc, per intenderci) e dove truffare il prossimo appare la cosa più naturale e semplice del mondo. 

Perché questo è l’assunto dell’innocente serie: nonostante non sembri così difficile ingannare il prossimo, nonostante sembri a tutti noi che i polli siano sempre gli altri, l’essere truffati e il truffare non sono che due facce della stessa moneta. Chi accetta questo gioco accetta anche di lanciare la moneta e, a meno che non sia truccata, inevitabile è che cada da una parte o dall’altra (tecnicamente cadrà così anche se truccata, solo che uscirà sempre la stessa faccia). 

Foto: il cast di Imposters
Il cast di Imposters, andata in onda per sole due stagioni (2017-2018) su Bravo

… e tutti sono truffati. Come in un gioco.

Insomma, chi dice che soltanto avidi e stupidi cadono vittime delle truffe? Tutti noi ci siamo, prima o poi, cascati, fosse questa in forma economica o in forma amorosa. Il venditore dirà sempre che il proprio prodotto è il migliore, anche se così non è. L’amante dirà sempre le dolci cazzate dell’amore che, se funzionano nonostante siano cazzate, un motivo ci sarà. Come tutto questo può essere considerato un inganno? A pensarci bene, è l’anima stessa del commercio umano. Siamo tutti impostori nella misura in cui ci relazioniamo agli altri… Dipende solo da che parte cade la moneta. Oppure da quanto bravo sei diventato a fottere il prossimo. Ad indossare consapevolmente la maschera. 

Ad ogni modo, il godimento di Imposters viene proprio dal continuo ribaltamento della prospettiva ingannare / essere ingannati e dal sentimento di leggerezza che lo accompagna. L’importante, come spettatori, è sapersi fermare alla superficie e non essere avidi. Perché l’avidità del pollo è la giustificazione morale della stessa truffa. E in un mondo in cui non ci si può relazionare altrimenti che con l’inganno, essere avidi allora è una colpa. La colpa è di non saper godere del piacere che è l’impostura in sé, ovvero di non accettare l’esistenza come gioco… Passi la vita recitando per avidità? per necessità? Allora non c’è niente da fare: prima o poi incontrerai qualcuno che reciterà meglio di te. E sarai fottuto. Accettare la vita come gioco di maschere, come carnevale dell’essere (A. Jarry), significa invece restare sempre acrobaticamente in piedi, a prescindere da dove cada la moneta.

Tutti indossano una maschera, tutti imbrogliano tutti.

Imposters: come goderne

Non ha quindi senso criticare Imposters, pura finzione fumettistica piena di colori luminosi, belle facce, luoghi comuni tra il Messico e le cascate del Niagara e, su tutto, un plot senza capo né coda, che serve a sostenere una sequela di situazioni divertenti e surreali… L’unico modo per godersela qui è proprio quello di sapersi fermare alla superficie, al gioco, al piacere dell’impostura, e di non sostenere la parte dello spettatore scioccamente avido.

Tags: commediadarkmorale
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Livio Pacella [altrove Al Lecap o liviopacella]. Attore, autore, regista, filosofo ballerino, poeta maledetto, bohemien, da tempo impegnato nella stesura di "In Progress - a work", continua a vivere, tra lo stupore generale, al di sopra dei suoi mezzi.

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