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The Boys, quando i supereroi sono i supercattivi

La serie Prime Video - giunta alla quarta stagione - si conferma un’irriverente, sanguinolenta e sboccata satira sull’America di Trump e dei supereroi. E sulla società dello spettacolo

di Livio Pacella
07/09/2024
in Articoli
Cover di The Boys Pr Mondoserie
436
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The Boys è una spassosissima serie americana (Prime Video, 2019-24), che ha finora raggiunto le 4 stagioni (32 episodi). Basata sull’omonimo fumetto (Wildstorm / Dynamite Entertainment, 2006-12) di Garth Ennis e Darick Robertson, questa serie è stata creata per la televisione da Eric Kripke (Supernatural) con Seth Rogen ed Evan Goldberg (Preacher). Dopo una travagliata gestazione durata anni. Per cui il progetto riguardava inizialmente un lungometraggio (con l’interesse sia della Colombia Pictures sia della Paramount Pictures), poi diventato un’ipotesi di serie per la rete via cavo Cinemax (la stessa di Banshee, protagonista quell’Antony Starr che qui è Homelander). Prima del definitivo passaggio alla produzione Amazon, sulla cui piattaforma è oggi distribuita.

The Boys potrebbe a prima vista sembrare una semplice parodia del mondo dei supereroi. Che ha – tra Marvel e DC Comics – letteralmente invaso cinema e serialità ormai da più di un decennio. Irriverente e sovversivo, questo show immagina un mondo in cui esistono centinaia di esseri dotati di superpoteri. Tutti (o quasi) al servizio di una multinazionale multimiliardaria, la Vought International. 

In particolare, una selezione di sette tra questi supereroi va a costituire il fiore all’occhiello della compagnia. Che attorno a questa squadra ha legato una fittissima ed intricatissima agenda di merchandising con profitti da capogiro. Apparizioni pubbliche e televisive, gadget d’ogni tipo, film ecc. costituiscono gli effettivi impegni di questo fantastico team. I cui volti, profili e silhouettes imperversano ovunque, ossessivamente martellanti, in una New York divenuta ormai compiutamente società dello spettacolo.

Supereroi senza precedenti (ma con molte somiglianze)

Non vi è niente di buono o di nobile tra queste superstar viziate ed infantili, ciniche e narcisistiche fino alla nausea. A partire da Homelander (Antony Starr – American Gothic), in italiano il Patriota – il Superman di questi Stati Uniti – straordinario e indistruttibile psicopatico con complessi edipici.  Seguito da A-Train (Jessie Usher – Tales of the Walking Dead) – una sorta di Flash in versione nera – tossico egocentrico. E The Deep (Chace Crawford – Gossip Girl), in italiano Abisso – un Aquaman con le branchie – molestatore sessuale con poco cervello. E poi da molti altri – poiché in molti si daranno il cambio in questa supereroica kermesse della Voight. Da Queen Maeve (Dominique McElligott – House of Cards) – simil Wonder Woman – omosessuale piena di sensi di colpa per le azioni di Homelander, a Translucent (Alex Hassell – Cowboy Bebop), della sua invisibilità profitta per spiare le colleghe nei bagni femminili… 

Con Soldier Boy (Jensen Ackles, Supernatural)  – un Capitan America (malamente tradotto in italiano con Soldatino) cinico, alcolizzato e decisamente fuori controllo, e molti altri ancora. Che si allungano come gomma per meglio praticare la sodomia (mentre di giorno predicano l’astinenza sessuale della destra cristiana), che auspicano di nascosto l’arrivo del Quarto Reich, che riescono a comunicare esclusivamente con cartoni animati apparsi nella loro testa.

Nel regno di questa ipocrisia di tipo super hollywoodiano – ovvero da società dello spettacolo finalmente compiutasi – sbuca all’improvviso dal nulla (o dall’Idahoo) una nuona eroina. Starlight (Erin Moriarty – True Detective), ovvero Annie – la ragazza naif della porta accanto – pura e ingenua. Che si ritrova catapultata in questo delirante mondo di menzogne, intrighi e marciume senza fine.

The Boys, una rocambolesca squadra strampalata in rivolta

L’altro protagonista positivo della storia è Hughie (Jack Quaid – Vinyl), giovane commesso nerd senza troppa arte né parte. Che, a causa della fidanzata investita, disintegrata e mandata in mille pezzi dalla forsennata corsa di A-Train, entra in un gruppo di vendicatori di super – The Boys. Composto da improbabili personalità, ex agenti CIA o giù di lì, guidate dall’impenetrabile e strafottente Billy Butcher (un meraviglioso Karl Urban – Almost Human). Obiettivo di questa strampalata squadra è contrastare, smascherare e – dove possibile – annientare i supereroi della Vought irreversibilmente macchiatisi di nefandezze. Ovvero tutti e sette i ‘sups’. E, assieme a loro, tentare di affondare l’intera compagnia. Oltre al sopracitato duo agli antipodi, ci sono l’irresistibile Frenchie (Tomer Kapon – Dig) e Marvin (Laz Alonso – Deception), a cui si aggiunge dopo la silenziosa super Kimiko (Karen Fukuhara – Suicide Squad). Ognuno di loro ha ovviamente le sue buone ragioni per questa caccia ai ‘buoni’ della nazione..

Dissacrante, irresistibilmente pulp e truculenta. Talvolta raccapricciante, al limite del cattivo gusto. The Boys inscena the dark side of Avengers, Justice League & company. Ma qui non si tratta tanto di ‘chi sorveglia i sorveglianti?’, che è stato il quid del meraviglioso Watchmen (mi riferisco sia al fumetto di Alan Moore, sia al lungometraggio, sia alla serie di Damon Lindelof). In questa serie abusi di ogni tipo, dallo stupro all’omicidio, dalla minaccia alla sicurezza nazionale al tradimento degli stessi Stati Uniti (sic), vengono perpetrati nell’ombra da Homelander e compagnia bella. Ovvero questi superesseri comparsi misteriosamente anni prima negli USA. 

La Vought mira addirittura ad un contratto esclusivo con la Difesa nazionale, che includa i suoi eroi nell’esercito statunitense. E il superman dai capelli tinti sprofonda sempre più nel suo delirio d’onnipotenza. Così, mentre gli altri contano followers, like e percentuali di gradimento degli ultimi video, oscuri e malefici complotti si stendono sull’America e sul mondo intero.

Divertimento sfrenato e impietosa riflessione

L’immaginifica e ricca mitologia creata da Batman e Iron man si scontra in modo folgorante, all’interno di una narrazione unica ed iperbolica, con la totale spettacolarizzazione della società. Dando vita ad un gioiello eccessivo e visionario. Dove, come raramente accade, il divertimento sfrenato – ad alto tasso di violenza e effetti speciali – si accompagna ad una riflessione impietosa sui meccanismi paralleli di marketing e mitizzazione in vigore nei nostri tempi.

In The Boys la tensione narrativa è continua. Si procede in un universo di umorismo nero, capace di diventare brutalità gore talvolta persino insopportabile. Spappolamenti e sventramenti sono all’ordine di puntata. Budella e interiora spesso esplodono sparpagliandosi sull’intera scena. Gli effetti sono infatti un altro aspetto smaniosamente qui curato. Macelli sardonici e sovversivi. 

Smembramenti e altro non sono visioni gratuite, ma assolutamente funzionali al contesto narrativo di questa serie su supereroi villain sociopatici. In The Boys non si contano infatti clip promozionali, video musicali, manifesti propagandistici e tanto altro ancora a cura della Voight. Con campagne pubblicitarie tese di volta in volta a salvaguardare l’ambiente, la famiglia, la lotta alla droga, la sicurezza. Per non parlare delle premiere cinematografiche sulle loro stesse imprese: di cui spesso vediamo nello show, con un abile balzo metanarrativo, teaser e trailer. 

Attivismo politico e celebrità social sono, in questo mondo, un tutt’uno. E il consenso dell’opinione pubblica passa necessariamente attraverso l’immagine dei 7 super Vought. Di stagione in stagione poi, il discorso politico si fa sempre più pregnante. Fino a rischiare, in S4, la caricatura grottesca del trumpismo più sfrenato. Come abbiamo discusso in questa puntata del podcast. 

Da Superman a The Boys, il mondo dopo(?) Trump

La serie si concede il lusso di approfondire anche un altro tema fondamentale legato al mondo superomistico. Il ruolo chiave del concetto di autorità – quindi della figura paterna – nella costruzione dell’ego di un vincente, di un leader. In questo caso, di un supereroe. Ma il supereroe è davvero un vincente, per il solo fatto di avere superpoteri? 

Il personaggio di Homelander, nella doppia veste di padre e figlio mancati, regala in questo senso momenti assai preziosi e significativi. Mostrando tutta l’inadeguatezza di un uomo che confonde l’amore con l’adorazione. E che fatica a comprendere come l’eccezionalità della sua condizione non sia sufficiente a garantargli l’incondizionata sottomissione dell’umanità. “Posso fare il cazzo che voglio!” continua a dirsi Homelander, mentre si masturba sul tetto di un grattacielo. 

Siamo molto distanti da Superman & company, quei supereroi senza macchia nati per esorcizzare ansie e demoni dell’americano medio. Già Frank Miller e Alan Moore, negli anni ’80, avevano trasformato l’uomo pipistrello e gli altri in figure molto più adulte e problematiche. Con The Boys siamo arrivati dall’altra parte, nel lato oscuro – the dark side – di questi supereroi. Che sono tornati da molti anni ad essere idolatrati da adolescenti e non solo. E si sente tutto il peso dell’eredità di Trump: caduta nel frattempo, come una pesante ombra, sulla nazione americana. Così come si sente l’ombra della sua possibile rielezione, pesante come un macigno, sul destino del mondo.

Sorprendente, sorprendentemente sboccata e smaliziata, per stomaci forti. Ma irresistibile.

La quarta stagione di The Boys: ascolta la nostra discussione. 

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Livio Pacella [altrove Al Lecap o liviopacella]. Attore, autore, regista, filosofo ballerino, poeta maledetto, bohemien, da tempo impegnato nella stesura di "In Progress - a work", continua a vivere, tra lo stupore generale, al di sopra dei suoi mezzi.

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