Shameless è una serie televisiva statunitense (Showtime, 2011-2021), articolata in 11 stagioni e ben 134 episodi, di genere black comedy – family drama. La serie è l’adattamento, ad opera di John Wells, dell’omonimo britannico ideato da Paul Abbott nel 2004 e conclusosi, anch’esso dopo 11 stagioni, nel 2013. Mentre l’originale è ambientato a Manchester, la versione americana si svolge in quel di Chicago, nel malfamato South Side.
Protagonista assoluta di questo originale e stravagante show è la famiglia Gallagher, famiglia economicamente disastrata e altamente disfunzionale. Da una parte c’è Frank (il superbo William H. Macy, vincitore del Screen Actors Guild Award come miglior attore nel 2015, 2017 e 2018): alcolizzato, barbone, tossico, ladro, cinico, bugiardo, truffatore… Che si ritrova casualmente ad essere padre di sei figli. Questi sarebbero la vera famiglia Gallagher, dato che la madre Monica – drogata e bipolare – ha abbandonato tutti molti anni prima. E che Frank va e viene dalla casa nell’indifferenza generale – avendo tutti ormai compreso che l’uomo in questione appartiene ad una specie infestante da cui è impossibile liberarsi.
È quindi la giovanissima Fiona (Emmy Rossum), la più grande, a provvedere a dir poco rocambolescamente e a prendersi cura della ribelle e testarda sorella Debbie (Emma Kenney) e degli altri fratelli. Lip (Jeremy Allen White), dalla mente brillante e brillante autosabotatore. Ian (Cameron Monaghan), gay bipolare. Carl (Ethan Cutkosky), furfante sconsiderato e iperattivo. E il più piccolo, Liam (Christian Isaiah), tenero bambino di colore, anche se figlio naturale di Frank e Monica… Completano il quadro dei bizzarri protagonisti i vicini di casa Kev (Steve Howey) e Veronica (Shanola Hampton). Coppia erotomane e multirazziale, proprietari del pittoresco Alibi, pub d’elezione di Frank Gallagher e perfetto palcoscenico per la fauna più sbandata della zona.
La folle quotidianità del South Side di Chicago
Il mitico Alibi e la squinternata casa dei Gallagher sono veri e propri porti di mare, da cui passa una straordinaria sequela di personaggi più o meno secondari, tra compagni, amanti, soci, amici e nemici… Indimenticabili, tra i tantissimi, Mickey Milkovich (Noel Fisher), giovane duro e criminale amante di Ian; Sheila Jackson (Joan Cusack, che per questo ruolo vince nel 2015 un Emmy come migliore guest star), la surreale e strampalata vicina; Svetlana (Isidora Goreshter), l’avvenente prostituta russa che ingaggia un ménage-à-trois gestionale, famigliare e sessuale con Veronica e Kev…
Shameless non racconta una storia nel senso più tradizionale del termine. Piuttosto è un continuo affresco intrecciato delle pazzesche esistenze dei suoi protagonisti. Che nell’arco di dieci anni vediamo crescere notevolmente, vivendo con loro le avventure e le disavventure più improbabili e spesso letteralmente impensabili. Tutte però rigorosamente all’insegna del politicamente scorretto.
Questa è una serie in cui i valori cardine della società americana – famiglia, lavoro, fede – sono continuamente ribaltati e posti su una corda tesa. Dove vengono acrobaticamente fatti saltare e risaltare, senza che sotto vi sia una qualsiasi rete per attutire la caduta. Come se la realtà borghese (di serie come ad esempio Modern Family, di cui abbiamo parlato qui) qui andasse irrimediabilmente a infrangersi contro il muro della realtà. Una realtà senza filtri di nessun tipo.
Passando, senza soluzione di continuità, dalle lacrime a crepapelle alle amare risate, Shameless è un immenso racconto in cui il più delle volte nulla sembra venire raccontato: nulla, se non la folle quotidianità del South Side di Chicago.
Shameless: Frank Gallagher e la miseria della condizione umana
Uno show che non cerca di rispondere a canoni di realismo, ma che anzi viene sfacciatamente messo in scena in maniera estrema e parossistica. Perché questa serie, al di là del livello di comicità o (più raramente) di drammaticità raggiunto, è innanzitutto una commedia – e dunque un’articolata e sofisticata finzione della realtà raccontata. Il paradosso è che, proprio attraverso questa audace teatralizzazione, il South Side di Chicago – e con esso tutti i South Side delle grandi città americane – viene rappresentato in modo assolutamente efficace e veritiero.
Come, in fondo, estremo efficace parossistico e veritiero è il nichilismo di Frank Gallagher, da tutti disprezzato (Fuck Frank! è il saluto più affettuoso che i figli gli rivolgono). Un uomo morto e risorto diverse volte, divenuto santo, contrabbandiere, ladro d’arte, filosofo, onesto lavoratore, delatore, icona gay, psicologo, stratega politico, focoso amante – restando naturalmente sempre un padre mancato…
Un esaltante e irresistibile cocktail delle peggiori deviazioni e sfumature dell’essere umano, allegra caratterizzazione dell’individualismo più incurante e sfrenato. Eppure, a suo modo, irresistibile nella sua impossibile anarchia che vive giorno per giorno, senza mai smettere di deridere ed inveire contro il sistema. Perché, nel guazzabuglio di aspirazioni, desideri, lotte e fallimenti di tutti gli altri, la schifosa e sublime indole parassitaria di Frank rimane forse fino all’ultimo la testimonianza di una coerenza esistenziale come poche.
Per quanto i suoi figli possano compiere i tentativi più strani e disperati per migliorarsi, per migliorare la propria condizione, sua sarà sempre l’ultima risata – la risata di chi parte dal sacro presupposto che tutto risulta sempre e comunque essere vano di fronte alla miseria della condizione umana, a prescindere dai South Side del mondo…
Un finale ai tempi del Covid
Eppure Fiona continua a cercare con tutte le sue forze di assicurare alla sua famiglia un avvenire diverso: un avvenire migliore. Abituata fin da giovanissima a sacrificare tutto per i fratelli, dovrà fare nel tempo amaramente i conti con i rosei futuri infranti – ad esempio – di Lip, espulso dall’università. E di Debbie, rimasta incinta minorenne. E dovrà infine fare i conti con il suo stesso sogno, quello di diventare una donna d’affari, beffardamente scontratosi contro la sua stessa ingenuità e infrantosi in mille dolorosi pezzi…
È ahimè innegabile che, con l’uscita di scena di Emmy Rossum dal cast, nella penultima stagione, la serie abbia cominciato seriamente a perdere colpi. Avendo probabilmente perso quello che era fino ad allora stato il suo baricentro narrativo. Il calo qualitativo subito dallo show, con la scomparsa della sua giovane matriarca, ha avuto ripercussioni sul ritmo adrenalinico e, soprattutto, sulla tenuta delle diverse vicende.
Fiona era non solo l’anti Frank, ma in qualche modo il vero collante della famiglia Gallagher. Senza lei, l’intera storia è andata un po’ allo sbando – come testimoniano i cambiamenti apportati in quella che era la superba sigla iniziale, ambientata nel bagno di casa Gallagher sulle note di The Luck You Got, di The High Strung.
Comunque, dopo lungo tempo, alla fine Shameless arriva alla fine. L’ultima stagione è opportunamente ambientata ai tempi del Covid. La storia ha sì un finale, eppure – coraggiosamente – non finisce: Debbie finirà in Texas con il suo ultimo improvvisato amore fuorilegge? Carl comprerà l’Alibi per farne un bar per poliziotti? Mickey e Ian vivranno davvero nell’East Side, adotteranno un bambino? L’unica certezza è che Frank, dopo aver passato un’intera esistenza a provarci, e dopo essersi fatto tatuare un gigantesco ‘don’t rianimate’ sul petto, è finalmente morto. Paradossalmente, grazie al Covid.
Non vivrai felice e contento (in Shameless)
Il marciume narcisistico e il delirio opportunista di Frank vengono un’ultima volta espressi riprendendo il monologo del primissimo episodio, mentre ascende verso il cielo stellato tenendo in mano una pinta della sua amatissima birra. L’egoistica e commovente lettera d’addio lasciata per i figli verrà invece scarabocchiata e colorata dalla piccola Franny, la figlia di Debbie, senza che nessuno abbia la possibilità di leggerla. Del resto Shameless non è mai stata una serie buonista e di certo non si è mai posta come opera dal finale ‘e vissero tutti felici e contenti’…
È uno show unico nel suo genere, sregolato e anticonvenzionale, in cui tutti i protagonisti continuano a mostrarci il lato peggiore e quello migliore. Scivolando soavemente dall’uno all’altro, in una perpetua dipendenza condivisa dal caos e dal disordine. L’ordinario trasformandosi irreversibilmente in assurdo. La sregolatezza divenendo norma di vita che preclude qualsiasi domestica quiete. Tra sesso povertà alcool droga malattie mentali cleptomania e illegalità ad ogni grado, con immoralità ad ogni livello, l’unico cuore pulsante alla base essendo il profondissimo legame che tiene tutti loro insieme – forse la cosa dannatamente più umana, e non solo in questa serie così cruda, irriverente e senza vergogna…
Mentre Frank assale il cielo, fuori dall’Alibi ha inspiegabilmente preso fuoco una vettura Tesla: mentre il proprietario si sgola inutilmente al cellulare, tutti i nostri amati personaggi lo insultano blandamente e se la ridono, intonando insieme The Way We Get By degli Spoon…
E dopo i titoli di coda dell’ultimissimo episodio di Shameless, il corpo di Frank Gallagher entra nella camera ardente – ma la sua quantità alcolica fa esplodere la porta del forno crematorio…
Un finale scanzonato (per una serie diversa dalle altre)
Shameless non è una serie come le altre – perché, a differenza delle altre, richiede una visione spudorata, ovvero senza vergogna (shameless, per l’appunto).
Una visione scanzonata. Che non abbia bisogno di perché e per come, ma che sia puro godimento di condivisione di queste stralunate esistenze senza capo né coda…
Esattamente come è la nostra esistenza…
O come potrebbe essere nel South Side di ognuno di noi.
Una satira (rassicurante) sulla famiglia d’oggi: Modern Family
Una famiglia follemente irriverente: Rick and Morty