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Home Mondovisioni Documentari

Last Stop Larrimah: surreale giallo e documentario antropologico

Il true crime australiano è il singolare affresco di un omicidio avvenuto nel mezzo del nulla

di Livio Pacella
26/11/2023
in Articoli, Documentari
Cover di Last Stop Larrimah per Mondoserie
204
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Last Stop Larrimah (An Outback Tale In Five Chapters) è un originale documentario true crime di 2h circa diviso in 5 capitoli (HBO, 2023), e presentato da Netflix in 2 episodi (con sottotitoli in inglese ma non in italiano).

La Larrimah del titolo (Ultima fermata Larrimah) è una remotissima cittadina nel mezzo del nulla del Nord Ovest australiano. Una cittadina attualmente composta da 11 abitanti. O meglio – dieci. Perché è proprio la scomparsa, o la presunta morte, dell’undicesimo residente – Patrick ‘Paddy’ Moriarty – e del suo cane Kelly il tema centrale di Last Stop Larrimah. I corpi dell’uomo e del cane non sono mai stati ritrovati. La scomparsa di Paddy è quindi rimasta ufficialmente tale, senza poter essere elevata al rango di omicidio. Ufficialmente, sia chiaro.

Fatto sta che il destino dell’undicesimo residente di Larrimah, dopo essere stato per l’ultima volta visto assieme a Kelly uscire dall’unico pub della comunità, nella notte del 16 dicembre 2017, pare essere chiaro a tutti. Paddy è stato ucciso. I sospettati sono tutti e dieci (anche se altrove diventeranno 11 o anche 12!) i restanti residenti di questa singolare e minuscola realtà. Una realtà che sognava un tempo d’essere un’utopia, e forse a suo modo lo era anche. Ma che ora rivela la sua triste natura di caotico covo di illazioni, maldicenze, impensabile malanimo e assurde rivalità.

L’inferno sono gli altri

Il prologo dipinge Paddy come “the life of the party”, ovvero la proverbiale anima della festa. In alcuni video lo si vede assieme al cane, alla guida del suo fuoristrada, ridente, chiassoso e baffuto sotto il suo cappello da cowboy, mentre ingolla lattine su lattine di birra. Caratteristica, questa, che in realtà accomuna praticamente tutti i residenti di Larrimah.

Nella nostra lingua, è bene ricordare, la traduzione più precisa di cowboy sarebbe vaccaro. E tutti gli insoliti e sfacciati sospetti di questo surreale giallo, a metà tra la commedia nera dei fratelli Coen e il documentario antropologico alla Tiger King, sono orgogliosi vaccari.  Queste donne e questi uomini hanno infatti consapevolmente scelto di vivere ai margini della cosiddetta società civilizzata. Si potrebbe comunque pensare che un delitto commesso in una cittadina di 11 abitanti sia piuttosto semplice da risolvere. E invece no: Last Stop Larrimah dimostra assolutamente il contrario. Nel profondo entroterra australiano, quello che un tempo era un vivace avamposto si è ora ridotto a un’eccentrica comunità agée. Strano come quella che avrebbe dovuto essere un’oasi, un rifugio per anime solitarie, possa essersi trasformata in un groviglio tribale di acerrimi sociopatici. 

L’inferno sono gli altri, soprattutto se in giro per miglia e miglia non c’è niente e non c’è nessun altro.

Larrimah sarebbe a suo modo una perfetta location per una situation comedy (ovvero una sitcom). Nessuna ricezione per il cellulare, nessuna stazione di polizia, un unico pub e un coccodrillo più o meno addomesticato. Improperi e risate già abbondando, mancherebbero soltanto gli applausi preregistrati. Paddy vi arriva dall’Irlanda nel lontano 1966, lavorando da subito come allevatore. Un ragazzino irlandese che non lascerà mai più l’australiana Larrimah.

Last Stop Larrimah: un macabro intrattenimento

Impossibile Patrick ‘Paddy’ Moriarty abbia abbandonato di sua volontà l’abitazione, in cui non solo viene ritrovato il portafogli ma soprattutto il suo inseparabile cappello da vaccaro cowboy, senza il quale non sarebbe mai uscito di casa, causa più che incipiente calvizie. Ognuno degli abitanti ha una teoria riguardo la sua scomparsa. Ciascuna di queste teorie non fa che sottolineare come l’odio reciproco abbia irrimediabilmente preso il posto dei principi cardine di benevolenza e mutua assistenza.

Divertenti e snervanti al contempo, questi folkloristici personaggi – più o meno emarginati, sbandati, alcolizzati – si lasciano tranquillamente andare a confidenze e sproloqui senza filtri di sorta, innaffiando generosamente di birra il tutto, all’esterno delle loro vecchie roulotte o in cortili a metà tra il paese delle meraviglie e la discarica comunale… Rispetto alle interviste solitamente condotte in studio – caratteristiche di una miriade di documentari true crime – queste si presentano fin da subito in modo molto più verace e casereccio. Dandoci l’impressione di assistere al racconto di una di quelle classiche storie da bar, invece che alla ricostruzione di un ipotetico efferato delitto. Si ha dunque la sensazione di assistere ad un macabro e scanzonato intrattenimento, basato sull’assassinio di un tizio incredibilmente ridicolo, avvenuto in una piccolissima comunità altrettanto ridicola.

Nell’idilliaco passato di questa piccolissima realtà però, non troppi decenni addietro, ci si ritrovava gioiosamente per giocare a cricket, gozzovigliare con i barbeque, e cantare tutti assieme ubriachi e felici. A testimonianza di questa decantata età dell’oro, che alcuni residenti ricordano non senza una certa commozione, vengono mostrati diversi filmati amatoriali. 

La materia prima di Last Stop Larrimah

Se quel tempo di Larrimah è ormai andato per sempre perduto, anche quella di Paddy si rivela comunque essere una perdita sconvolgente tra le dieci eccentriche personalità – tra cui si nasconde il killer, senza contare che metà di loro lo voleva morto… Ma bisogna ricordare che Larrimah si trova nel bel mezzo del nulla: facile allora comprendere perché il corpo di Paddy, così come quello del suo cane, non sia più stato ritrovato. 

Chissà, forse è stato dato in pasto agli alligatori. Oppure è stato cucinato e messo come ripieno nei famosi tortini di Fran. Oppure giace sotto i fiori piantati dal suo nuovo giardiniere… Karen e Mark Rayner, marito e moglie, tra quelli che probabilmente non avevano motivi per uccidere Paddy, sono entrambi sulla cinquantina. Sono i più giovani tra i residenti, tutti sui 70 o giù di lì. E dicono senza indugi: sì, è stato sicuramente ucciso. “Qui, in Larrimah, buon Dio!” La strategia investigativa della polizia – di cui nessuno di loro si fida – parrebbe lasciare non poco a desiderare. Perché in fondo non sarebbe difficile orientarsi tra le ostili dinamiche della comunità, fatte di gelosie, rancori e tradimenti.

Destino infatti volle che, anni prima della scomparsa di Moriarty, un’emittente locale intervistasse i residenti per un servizio televisivo, sì che questi ebbero modo di esprimere tutta la loro reciproca animosità. Questi filmati sono quindi preziosissimi per esaminare questi insani rapporti. E sono ovviamente anche la materia prima di Last Stop Larrimah.

Last Stop Larrimah: ricapitolando

Attraverso queste vecchie interviste si scopre che erano in diversi ad avercela con il vecchio Paddy. Il colpevole è forse Barry, proprietario dell’unico pub, possessore del coccodrillo, autoproclamatosi sindaco? Oppure sono stati Karl e Robbie, i vicini che non potevano sopportarlo? O l’esagitata e schietta Fran, che gestisce l’attività dei tortini di carne? Si tratta infine di Owen, il misterioso e silenzioso giardiniere tuttofare assunto da Fran?

Certo, siamo molto lontani dal giallo alla Poirot. Ma questi vecchiacci alcolisti hanno un unico pub in questo posto dimenticato dal dio australiano – pub dal quale è praticamente bandita metà di loro, a causa di questi surreali scazzi locali. Costituiscono una comunità che fieramente non dispone di una centrale di polizia, avendo però un coccodrillo. E questo è un quadretto a suo modo irresistibile. In ognuno dei 5 capitoli di Last Stop Larrimah vi è un delizioso sproloquiare, spesso a vanvera, di questi carismatici bifolchi, alternato ad un sapiente dosaggio di informazioni fondamentali che il regista, Thomas Tancred, tace fino al momento narrativamente più opportuno,

Ricapitolando: il sornione baffone da tutti chiamato Paddy scompare da casa a notte fonda, lasciandovi il cappello da cowboy e senza che lì venga in seguito trovato alcun segno di lotta. Per di più, al crepuscolo, due chiamate vengono effettuate dalla cabina telefonica pubblica che si trovava giusto fuori casa sua. Paddy difendeva a spada tratta gli amici, come Barry, così come attaccava in modo irritante e dispettoso quelli che considerava suoi nemici, come Fran. E quindi l’irlandese poteva essere al contempo visto come un amico leale o uno stupido ubriacone, un innocuo furfante o uno smaliziato figlio di buona donna…

Dispetti, falli asinini e tortini di carne

Ma di che dispetti stiamo parlando? Uno ad esempio riguarda il furto di un ombrello (sic) di Fran. Furto che Paddy nega ridendo, in uno di quei video intervista girati tempo prima. Peccato che, nella medesima inquadratura in cui afferma di non saperne niente il regista Tancred – effettuando un ferma immagine con zoom – va a scovare proprio l’ombrello in questione. Che corrisponde perfettamente alla descrizione fornita dalla stessa Fran. In realtà la causa originaria dell’iniziale dissapore tra lei e Paddy, trasformatosi poi in vero e proprio odio, si deve alla decisione di quest’ultimo di mettersi a vendere tortini di carne nel pub locale, attuando da subito una concorrenza a dir poco sleale.

Paddy non perdeva occasione per diffamarla o metterla pesantemente in imbarazzo, non solo rubando i suoi ombrelli, ma arrivando a recidere l’organo genitale di un asino per lasciarlo in bella vista nella proprietà della malcapitata… Lo stesso ex marito di Fran, Billy – noto con il soprannome di Billy Light Can (Billy lattina di birra), per la sua sfrenata propensione ad ingollare lattine di birra chiara da mane a sera – crede l’ex moglie possa davvero avere a che fare con la scomparsa del burlone. Da notare come Billy, pur vivendo a fianco di Fran, non si parli con lei da più di un anno…

Addirittura il notiziario locale arrivò a scherzare sulla faccenda. Dando credito al pettegolezzo che voleva Paddy tritato e cucinato nei famosi tortini di carne di Fran.

Last Stop Larrimah: whodunnit

Il sospettato numero due è, paradossalmente, Barry Sharpe, il proprietario del pub: paradossalmente, perché Barry era notoriamente il migliore amico dell’irlandese. Ma tutto gira forse intorno alla fascinazione del suo coccodrillo. La storia vorrebbe che Barry abbia fornito addirittura al padre di Steve Irwin – un eroe nazionale – il suo primo coccodrillo. Il che lo renderebbe in un certo qual senso il padre putativo del famoso cacciatore di coccodrilli australiano. L’ultimo sospettato, ma non per importanza, è il già citato ed ombroso Owen Laurie, il giardiniere tuttofare di Fran, che sarebbe stato sentito minacciare Paddy proprio a causa dell’abbaiare inconsulto del suo cane Kelly. Senza dimenticare i vicini di casa di cui sopra: insomma, per essere una piccolissima tribù, il simpatico Paddy era malvisto da almeno metà dei suoi componenti. 

Componenti da una parte così franchi e liberi e dall’altra così pieni di iracondi segreti… Ma anche questo fa parte del fascino di Last Stop Larrimah, ultima fermata su una città fantasma. La tensione sul chi l’ha fatto – whodunit – verrà sciolta soltanto nell’ultimo atto, grazie ad una scioccante ed involontaria confessione registrata all’insaputa del presunto assassino (qualcosa che ricorda molto The Jinx, famoso true crime). In questa confessione canticchiata (sic), la persona in questione ammette di avere ‘uccisato’ (non saprei come altro tradurre ‘killerated‘) Paddy e il suo cane. Lo ammette canticchiando e strimpellando la chitarra. Con ogni probabilità, in pieno stato di ebbrezza.

I Still Call Australia Home

Questa provvidenziale intercettazione la si deve stranamente alla polizia, che subito dopo la scomparsa di Paddy decise di installare dei microfoni nella casa di uno dei sospettati di cui abbiamo scritto. Chissà perché però tutto questo viene rivelato solo quattro anni più tardi. La registrazione infatti non ha di per sé valore probante e dunque le indagini sarebbero ancora tecnicamente in corso. In pratica si arriva a capire chi è stato, anche se non lo si può provare.

Ma il vero finale di Last Stop Larrimah scorre sulle struggenti parole di “I Still Call Australia Home” di Peter Allen. Qui viene malinconicamente svelato il destino del paese: il trasferimento di alcuni, la morte di altri, come Barry Sharpe. Scopriamo però anche che il nipote di Fran ha deciso di rilevare l’attività dei tortini di carne e che addirittura una giovane coppia – con neonato! – si è laggiù trasferita per gestire il pub. Forse per Larrimah non è ancora giunto il tempo di svanire nel nulla.

Last Stop Larrimah è in fondo una straordinaria miscela tra un surreale giallo e una realtà antropologica che ha dell’incredibile. Senza prendere troppo sul serio né l’una né l’altra parte, si assiste ad un viaggio quantomeno singolare. Unico nel suo genere. Della serie: ultima fermata. Capolinea. Dopo, il nulla. Oppure il tutto, perché – come dice un simpatico residente – Larrimah si trova in mezzo al nulla, e dunque anche – perché no? – in mezzo al tutto.

Leggi anche Making a Murderer: l’irruzione del true crime nella realtà

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Tags: AustraliadocumentarioLast Stop Larrimahtrue crime
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