Non ci sono più gli UFO di una volta. Quelli di “I want to believe”, per intenderci. Quelli per lo più trattati con paternalistica e sbeffeggiante diffidenza. “Non crederai mica agli alieni tu?” si diceva fino a non molto tempo fa. Quando complottismo, extraterrestri e “Jim Morrison è ancora vivo” (o Elvis, Paul McCartney…) erano colpevolmente miscelati in un unico denigratorio calderone di insensatezze.
Fino a non molto tempo fa, e per essere più precisi, fino a prima del 2017: quando l’allora più che autorevole New York Times (di questi tempi non si sa mai) decise di mettere in prima pagina – in cartaceo – la storia dei video riguardanti gli UAP (Unidentified Aerial Phenomenon, ossia fenomeno aereo non identificato). Video in possesso del Dipartimento della Difesa statunitense, e pubblicati naturalmente nell’edizione on line. E sì, stiamo parlando di UFO. Perché la nuova sigla? Proprio per differenziare la materia in questione, liberandola da tutta quella paccottiglia psicoculturale fatta di dischi volanti e omini colorati, all’inizio verdi ma poi in realtà grigi.
I video, girati durante diverse esercitazioni militari tra il 2004 e il 2015 da piloti di caccia altamente qualificati, mostrano chiaramente degli ‘oggetti’ (a forma di gigantesca Tic Tac), in possesso di una tecnologia di volo per noi ancora fisicamente inconcepibile. L’assurda accelerazione, la sconvolgente velocità e il repentino cambio direzione lasciarono increduli i presenti. Per non parlare della loro capacità di inabissarsi e fuoriuscire a piacimento dall’oceano (per cui talvolta si parla anche di USO – Unidentified Submerged Object). Qualche anno dopo, è lo stesso Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a mettere a disposizione del pubblico suddetti video, ammettendo candidamente l’accaduto.
Una nuova generazione di documentari su UFO (UAP) ecc.
Un’ammissione del genere, proveniente per di più da una fonte governativa, avrebbe dovuto far fermare – almeno per un istante – il respiro dell’umanità tutta. E invece, niente. Vero che diversi anni prima i militari cileni avevano compiuto la stessa operazione. E che l’ex ministro della Difesa canadese aveva ammesso, senza giri di parole, i principali governi del mondo essere perfettamente al corrente della presenza extraterrestre sul ‘nostro’ pianeta. Ad ogni modo, tenendo sempre presente che in questo caso non si parla di dischi volanti ma di fenomeni aerei inspiegabili (la differenza è sottile ma rilevante), non vi è stata alcuna reazione, isterica o meno, da parte degli abitanti degli USA, dell’Occidente ecc. Però qualcosa nella percezione del fenomeno è cambiato. Sensibilmente, e irrimediabilmente.
Di sicuro è aumentata a dismisura la produzione di documentari – seriali e non – sull’argomento. Non più relegati ad improbabili palinsesti notturni sul digitale terrestre, l’ondata di nuove produzioni ha invaso non solo il prime time del digitale, ma anche le principali piattaforme di streaming. Lo stesso YouTube, ad esempio, trabocca di materiale sull’argomento: il difficile è ovviamente sapersi orientare (in tal senso suggerisco di provare l’interessante UFOs: Investigating the Unknown, docuserie in 5 parti del National Geographic).
Non poteva quindi certo mancare Netflix, di cui qui proponiamo – ponendo anche a confronto – tre diversi documentari. Tutti prodotti dalla piattaforma americana: Investigation Alien, Top Secret UFO Projects Declassified, Encounters. Corrispondono a tre distinte modalità di affrontare l’ingarbugliata matassa fenomenologica. Vi sarebbero anche altri titoli, come ad esempio il romanzesco e spassoso The Manhattan Alien Abduction: a cui però dedicheremo un discorso a parte.
Investigation Alien
Investigation Alien (2024) vanta una prima stagione di sei episodi della durata media di 40 minuti, e ne è previsto l’arrivo di una seconda. A guidare l’indagine è il noto reporter investigativo George Knapp: 40 anni di carriera giornalistica, divenuto ormai un autorevole veterano sull’argomento (per le sue inchieste vincitore, tra l’altro, di prestigiosi premi come il Peabody e il Murrow Award). Dalle mutilazioni del bestiame alle luci di Phoenix, Knapp affronta il tema extraterrestre ad ampio spettro (anche a livello geografico), riuscendo a connettere storie apparentemente molto diverse tra loro in un unico peculiare percorso investigativo.
Avvalendosi della collaborazione di Laux, ex militare imbevuto di sano scetticismo, ogni episodio esplora un singolo fenomeno – c’è spazio anche per una piccola comunità brasiliana attaccata da oggetti volanti non identificati – recandosi sul posto, interrogando i testimoni e recuperando ogni possibile prova a riguardo. L’atteggiamento di Knapp aspira ad un’obiettività, per così dire, scientifica (o quanto più scientifica possibile). Cercando ogni volta di non accettare mai alcun dato acriticamente o aprioristicamente, ma di sottoporre tutto – se e dove possibile – a rigorosa verifica. In alcuni casi si tratta ad esempio di testare l’affidabilità dei testimoni; in altri di trattare direttamente con preziose fonti riservate. In entrambi i casi si tratta comunque di seguire un preciso e rigido protocollo.
Oltre ai classici UFO (o meglio, UAP), qui compaiono anche gli USO: diverso spazio viene infatti riservato ad un discorso sugli oceani come possibile (e ipoteticamente probabile) sede di basi aliene. Anche questa ipotesi – che, come tante altre in Investigation Alien, rimane tale – è frutto di supposizioni e ragionamenti a partire da una molteplicità di dati, sempre contestabile, che punta in quella direzione. Frutto di uno sforzo di essere razionali in discorsi che sembrano non esserlo per niente.
I possibili orizzonti di uno show ‘investigativo’
Per finire, l’analisi ragionata di tutti i dati presentati da Investigation Alien sfocia in una relazione ufficiale che viene presentata al Congresso americano, con lo scopo di contrastare le tesi del rapporto governativo stilato dall’AARO (Aerial Anomaly Resolution Office). Come avvenuto in diversi e ormai storici titoli true crime (Making a Murderer), questa docuserie irrompe nella stessa realtà per tentare di modificarla dall’interno.
Se non si ha la malizia di scambiare volutamente la passione giornalistica di George Knapp per ingenua credulità, e si tiene presente la difficoltà di applicare rigore investigativo su un argomento di tale portata, e per sua natura estremamente scivoloso, non si può non apprezzare Investigation Alien per la serietà, l’ampiezza di vedute e l’audacia ermeneutica. Ciò premesso, per alcuni spiriti ultra critici questo show è e rimane soltanto uno show. Ovvero una narrazione coreografata piuttosto che un’autentica ricerca. Per costoro le interviste sarebbero pilotate e non servirebbero che a confermare le tesi di partenza.
Come ad esempio accade in Top Secret UFO Projects Declassified (2021), che affronta i classici dell’ufologia – a partire dal celeberrimo incidente di Roswell, per intenderci – non solo non offrendo nuovi spunti di riflessione ma peccando per di più, e pesantemente, di faziosità e approssimazione. La docuserie, ad opera di Petr Valcher e divisa in sei episodi da 45 minuti circa l’uno, si avvale di svariati cosiddetti esperti del settore, senza fare troppa distinzione tra mitomani e persone di buon senso. In questo modo purtroppo la maggior parte delle testimonianze e delle speculazioni sono tautologicamente a senso unico, ribadendo costantemente, e senza uno straccio di prova a riguardo, la presenza aliena sul pianeta. Presenza naturalmente tenuta nascosta per decenni dai maggiori governi mondiali – in primis quello americano – attraverso sabotaggi, insabbiamenti e campagne di disinformazione.
Top Secret UFO Projects Declassified
In effetti una delle conclamate costanti di Top Secret UFO Projects Declassified è il coinvolgimento del governo americano in operazioni segrete in materia di UFO e alieni, fin dai primi avvistamenti dei dischi volanti. Dall’intensa attività di retroingegneria operata nella leggendaria Area 51, alla collaborazione attiva con entità biologiche extraterrestri sopravvissute allo schianto del loro ‘velivolo’ iperavanzato.
Le ipotesi che cercano di motivare un simile atteggiamento negazionista sono presto dette: tentare di mantenere la supremazia sulle altre nazioni e, soprattutto, evitare lo scatenarsi del panico nella propria popolazione. Con il conseguente inevitabile(?) crollo delle istituzioni e della società tutta. Anche se oggi, come abbiamo visto, allertare l’Occidente con notizie su UFO e alieni sembrerebbe essere molto più difficile che ai tempi della geniale messinscena radiofonica di Orson Welles.
Dal dopoguerra in avanti, non è mai stato particolarmente difficile liquidare la questione dischi volanti et similia come frutto di paranoia mitomane e allucinazioni collettive. Del resto, negli stessi ambienti di ricerca ufologica è cosa risaputa che la stragrande maggioranza degli avvistamenti (si parla addirittura del 95%) di fenomeni aerei di natura ignota, sia in realtà facilmente spiegabile con il ricorso a particolari fenomeni atmosferici e/o ottici, più o meno rari. Ciò non significa che sia a priori esclusa la matrice extraterrestre: significa semplicemente che il 5% di questi avvistamenti non ha, per ora, una spiegazione plausibile. E, tra le ipotesi, vi è anche quella extraterrestre. Ignoranza non significa automaticamente UFO, così come UFO non significa automaticamente alieni (per questo si preferisce oggi ricorrere a UAP).
La To the Stars di Tom DeLonge (Blink-182)
La colpevole interscambiabilità discorsiva tra UFO e alieni lascia spesso spazio alle congetture più disparate e bislacche. Spostando così il confronto in terreni pericolosamente vicini alla demenza complottista. Non ha aiutato l’immensa moltitudine di svitati che effettivamente si è fatta avanti con le storie più incredibili e fantasiose. Di solito si riconoscono perché al posto di un tutto sommato sobrio ‘UFO Researcher’, si fregiano di titoli come ‘Alien Hunter’. In Top Secret UFO Projects Declassified potrete trovare un ex medico dell’aeronautica che afferma tranquillamente di aver eseguito autopsie su migliaia di corpi alieni. E un altro cosiddetto ‘esperto di UFO’ che lo sbeffeggia apertamente.
Chi sta mentendo e chi no? O meglio, chi è in buona fede e chi produce consapevolmente disinformazione, per scopi che si possono soltanto ipotizzare? Come abbiamo accennato, l’atteggiamento di paternalistico snobismo nei riguardi di assertori e ricercatori nell’ambito degli UAP ha avuto una brusca frenata e un deciso cambio direzione con la pubblicazione (New York Times, 2017) dei video girati dalla Marina americana tra il 2004 e il 2015. Che rispuntano in questa docuserie dall’appassionante piglio internazionale (l’azione si sposta anche in Russia, Cina, Belgio, Australia, Perù e Zimbabwe!). Così come rispunta George Krapp. E così come ritroviamo l’azienda privata To the Stars Academy of Arts and Science, fondata da Tom DeLonge, ex chitarrista e cantante dei Blink-182 (sic).
Attenzione a non farsi però ingannare dal peculiare pedigree del fondatore: la To the Stars (come oggi si chiama), avvalendosi di collaborazioni particolarmente prestigiose (Luis Elizondo, Chris Mellon…), ha portato avanti un notevole programma di ricerca indipendente. Con l’urgente obiettivo, anche per loro, di confrontarsi con il Congresso. Perché, in un certo qual modo, i tempi sembrano ormai maturi per fare ufficialmente e politicamente i conti con questo vecchio nuovo fenomeno.
Mala tempora! (si parva licet)
Tornando a Top Secret UFO Projects Declassified, la commistione tra personaggi credibili e dementi esaltati, l’ingenua parzialità della stessa voce narrante, l’uso mediocre e comunque spregiudicato della CGI per ricostruire le varie testimonianze di avvistamenti, contatti e/o rapimenti (ci sono ovviamente anche gli abducted, come non potrebbero?), confondono non poco le idee. A questo si aggiunga l’accattivante formato da B-Movie fantascientifico, dalle musichette alle titolature. E, last but not least, la presenza di affermazioni come quella di George Adamski sul suo incontro con un venusiano, i cui pantaloni non erano come i suoi (his trousers were not like mine). Fortunatamente non hanno però riportato quella della conferenza interplanetaria che si sarebbe dovuta tenere molto presto su Saturno.
In conclusione, Top Secret UFO Projects Declassified è una mistica e carnevalesca parata di oscure e acrobatiche affermazioni, ultrargomentate e mai prova-provate. La paradossale sensazione è che la docuserie finisca con il creare confusione e confondere le acque (non dimentichiamo gli USO) molto più che fare ordine e gettare luce. Verrebbe (maliziosamente?) da pensare che proprio questo potrebbe essere stato fin dall’inizio il suo subdolo obiettivo… Mala tempora! (si parva licet).
L’obiettivo di Encounters – l’industria degli UFO (2023) è invece quello di concentrarsi sull’impatto che alcuni incontri, più o meno ravvicinati e dislocati nel tempo e nello spazio, hanno avuto sulle rispettive comunità. In collaborazione con la Amblin Television di Steven Spielberg, assieme a Boardwalk Pictures e Vice Studios, la prima stagione di questa particolare docuserie consta dunque di 4 episodi da 50 minuti circa l’uno, ad opera di Yon Motskin (Generation Hustle).
Encounters – l’industria degli UFO
Ogni episodio racconta cinematograficamente un’unica storia, sempre ottimamente documentata. Nel primo siamo a Stephenville, una cittadina del Texas, dove nel 2008 centinaia di residenti riferirono non solo l’avvistamento delle solite strane luci ma anche di aver vissuto qualcosa di inspiegabile in connessione a quelle. Sia o non sia questo l’avvistamento civile più significativo degli ultimi 30 anni, come commentato da qualche ufologo statunitense, il secondo episodio ci porta in una scuola elementare di Ruwa, Zimbabwe, nel 1994. Qui una sessantina di alunni fra gli otto e i dodici anni vedono atterrare, durante la ricreazione, alcuni dischi volanti. Da questi fuoriescono degli esseri di piccole dimensioni, dotati però di grandi teste e occhi tutti neri. Tramite telepatia questi alieni tranquillizzano le bambine e i bambini, comprensibilmente spaventati. Lasciando loro un avvertimento di tipo ecologista da riferire all’umanità (per un eventuale approfondimento: Ariel Phenomenon di Randall Nickerson).
Ne Il Triangolo di Broad Haven, siamo nel 1977 nella località costiera di Broad Haven, nel Galles. Anche in questo caso le strane apparizioni – navicelle spaziali sommergibili – coinvolgono, oltre a diversi residenti, molti bambini della scuola elementare locale. Infine il quarto episodio ci riporta al 2011, durante il disastro nucleare di Fukushima, quando in molti riferirono la comparsa di misteriose luci nel cielo. Luci che vennero addirittura filmate.
Il regista Yon Motskin ha dichiarato che “…se le persone guardano la serie, gli piace e ne vogliono di più, siamo praticamente pronti a realizzare altri episodi – possiamo farne altri otto a partire da domani”.
About time!
Come si diceva, Encounters predilige l’impatto che questi incontri hanno avuto sui singoli e sulle comunità. Difficile immaginarne di più diversi. “Abbiamo tutti sentito parlare degli incontri ravvicinati del terzo tipo. Volevamo mostrare una storia forse del primo tipo, in cui si vedono solo luci nel cielo e poi forse ci sono astronavi e poi forse c’è un essere reale, e poi forse c’è persino qualche tipo di interazione e quale impatto hanno avuto questi incontri sulle persone”… Alla fine comunque a colpire maggiormente sono le analogie che accomunano questi quattro incontri più o meno ravvicinati.
C’è inoltre la questione temporale: per cui una storia su un incontro ravvicinato anni ’70 è ovviamente diversa da una anni ’90, o primi anni 2000. Considerando l’imprescindibile influenza dei diversi orizzonti culturali. Per molti osservatori gli UFO e compagnia bella hanno ad esempio sostituito gli angeli della religione. Ovvero, a prescindere dalla loro esistenza, sono primariamente un fenomeno di tipo culturale. Per questo le cosiddette prove hanno sempre avuto un valore tutto sommato relativo. Si tratta di crederci o non crederci (I want to believe, per citare X-Files). O per lo meno si trattava – si era sempre trattato di questo.
Ma da quando le autorità statunitensi hanno pubblicamente ammesso l’esistenza degli UAP nel 2019, le cose sono cambiate. Per lo meno nell’ambito degli show televisivi (e quindi divulgativo). Per più di mezzo secolo si sono relegate le testimonianze dirette su UFO e extraterrestri al rango di storielle svitate e complottiste. Ora però le stesse udienze del Congresso USA in merito alla questione hanno aperto una fatidica porta. Dalla quale non si torna più indietro. About time.
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