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Home Articoli

RuPaul’s Drag Race: nasciamo nudi, il resto è travestimento

di Francesca Sarah Toich
28/08/2021
in Articoli, Artwork
Artwork di RuPaul's Drag Race RuPauls Drag Race
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RuPaul’s Drag Race è un reality show americano che conta ormai 13 stagioni e un successo planetario (in Italia su Netflix), sintetizzato dagli 8 Emmy vinti dal suo creatore. 

Se amate la moda, i costumi, il teatro e l’eccentrico, non potete perdervelo. Inoltre, per molti fan non è solo un programma tv, ma una famiglia. Un luogo dove trovano spazio tutti i valori LGBTQ e dove il diverso, con tutto rispetto, regna sovrano. 


Cos’è e di che parla RuPaul’s Drag Race? 

Il programma è simile in ogni stagione: il conduttore RuPaul, icona massima della cultura Queer Pop, affiancato da altri ‘giudici’ dovrà scegliere chi, tra le numerose partecipanti, dopo aver affrontato molte folli prove, sarà la Regina annuale delle Drag Queen americane.

Sappiamo tutti cos’è una Drag Queen? Si definisce così un artista, generalmente uomo, che si veste da donna esagerando il carattere femminile per dare spettacolo. Viene spesso erroneamente confuso con un travestito.

Ma è davvero questo? La trasmissione RuPaul’s Drag Race ci insegna che una Drag Queen è molto, molto di più e che la professione sta incredibilmente evolvendo verso forme d’arte mai viste.

“Io non faccio finta di essere una donna. Quante donne conoscete che riescono a camminare su un tacco 12, che indossano parrucche alte un metro e venti, e vestiti aderentissimi?” sottolinea RuPaul e aggiunge “Non mi vesto come una donna, mi vesto come una Drag Queen!”.

Foto: RuPaul's Drag Race
Foto di gruppo dui alcune partecipanti a un’edizione di RuPaul’s Drag Race

Cosa vuol dire essere una Regina del Travestimento

Insomma, essere una Regina del Travestimento ha poco a che fare con l’imitare semplicemente una femmina. Le candidate, o candidati, a seconda di come vogliamo vederli, devono saper ballare, cucire, ironizzare, recitare, improvvisare, e a volte saper trasformare gli altri. Una delle prove consiste infatti nell’abbigliare come una Drag Queen qualcuno che non l’ha mai fatto. E naturalmente bisogna svolgere tutti questi compiti indossando parrucche pesantissime, tacchi vertiginosi e chili di trucco sorridendo a tutto spiano. 

Contrariamente a molte altre trasmissioni così popolari, poco importa se le candidate sono grasse, magre, brutte, alte, nane. Quello che conta è l’attitudine e la capacità di calarsi nello spettacolo.

RuPaul dice sempre alle sue aspiranti reginette che tutto quello che vale è l’unicità, il carisma, i nervi saldi e il talento. E che bisogna amare se stessi, altrimenti, come diavolo si fa ad amare qualcun’altro?

Per moltissimi uomini, RuPaul’s Drag Race è stata una terapia, una consolazione, una scoperta, una mano amica. E non sto parlando solo dei partecipanti, molti dei quali provengono da situazioni complesse, ma degli innumerevoli spettatori che trovano ogni anno un po’ di pace con se stessi guardando lo show.

Foto: RuPaul
Iconico, ironico, coloratissimo: è RuPaul’s Drag Race, fortunatissimo show creato e condotto da RuPaul, leggenda Queer   

La testimonianza di Ahmad

Un caro amico, originario della Palestina, mi raccontava l’estate scorsa cosa ha significato per lui la trasmissione: 

“Ho scoperto RuPaul quando ero studente ad Amman, Giordania. All’epoca avevo una bassissima stima di me stesso, nessuna confidenza col mio corpo, non mi sentivo bello per niente e la mia omosessualità mi risultava difficile essendo nato e cresciuto in un posto dove la mia natura mi veniva negata. (In Palestina tutt’oggi non esiste una legislazione in favore dei diritti LGBT e l’eterosessualità è in pratica l’unica realtà socialmente accettata). Ero quindi un teenager schivo e in parte complessato, ignoravo del tutto che ci fosse un mondo gay, delle comunità possibili non solo dove rifugiarsi ma dove divertirsi e sentirsi a casa. 

Infatti, le prime volte che ho visto la trasmissione ne ho avuto quasi un rifiuto. La mia mentalità ristretta giudicava male un uomo che si vestiva da donna, trovandolo inutilmente ridicolo. Poi però ho capito che il programma non solo era divertente, libero, affascinante ma che la mia autostima, guardandolo, cominciava a crescere. 

Piano piano mi sono messo a comprare parrucche e a danzare tutto solo davanti allo specchio ogni giorno, cantando e allenandomi, quasi senza rendermene conto, a presentarmi in pubblico sotto nuove vesti. Per un limitato periodo di tempo ho calcato le scene notturne delle feste di Amman, mi è venuto spontaneo e naturale. Cominciavo davvero a sentirmi bene vestito da donna, tra gli applausi e il divertimento ho ritrovato fiducia in me stesso. Non sono diventato un professionista ma quel periodo della mia vita mi ha aiutato moltissimo, cambiando tutto intorno a me. Ho cominciato ad amarmi e ad amare il prossimo senza nascondermi.”

Foto: RuPaul's Drag Race
Ogni edizione di RuPaul’s Drag Race seleziona “la prossima superstar Drag”

RuPaul’s Drag Race e il mio personale risveglio 

Parlare con Ahmad mi ha fatto capire l’importanza sociale di questo show, che inizialmente io reputavo interessante quasi solo da un punto di vista spettacolare. 

Ne sono rimasta folgorata subito, dalle prime stagioni, quando ancora la trasmissione non aveva i mezzi incredibili che ha ora. Forse proprio questo mi ha attirato: vedere come degli uomini anche piuttosto brutti o insignificanti riuscissero in poche ore e con quattro stracci (a volte una delle sfide consiste proprio nel farsi un vestito con materiali di bassa lega) a trasformarsi in delle creature fatate. 

Concordo con RuPaul: una Drag Queen non assomiglia ad una donna, è un’apparizione diversa, quasi aliena. Immediatamente anche su di me ha avuto un effetto terapeutico, oltretutto ho cominciato a seguirlo durante il confinamento, un momento non facile per gli artisti. Ero triste, tutti i miei spettacoli erano stati cancellati e vagavo chiusa in casa deprimendomi. 

RuPaul come una fata turchina mi ha risvegliato. Guardandomi allo specchio non avevo più scuse. Oggi ti trovi brutta? Truccati fino a renderti bella. La tua giornata è grigia e deprimente? Mettiti una parrucca blu e delle ciglia finte dorate. Non sei ancora contenta? Esci a fare quattro passi e allena la tua camminata da diva: prima o poi servirà. 

Passavo la mia ora d’aria (all’epoca a Parigi si poteva uscire solo un’ora al giorno stando dentro al chilometro) ad andare su e giù per la via sotto casa vestita sfarzosamente e truccata ancor peggio. Il bello delle metropoli è che nessuno ci fa caso: al massimo ti scansano.

Ad ogni modo lascio agli uomini vestirsi da Drag Queen, infatti ho smesso quasi subito di impiastricciare la mia faccia dedicandomi a quella di mio marito che, vestito da donna, sta benissimo. Abbiamo persino dato una festa a tema Drag per il suo compleanno, quando si è potuti uscire di nuovo. Credo di aver truccato una ventina di ragazzi quella sera trasformandoli in splendide reginette. Insomma, RuPaul è davvero contagioso!

Una figura carismatica e visionaria: chi è RuPaul

Ma chi è RuPaul, e come è diventato la stella delle stelle del Pop?

Cresciuto in California da genitori poveri e divorziati ha lottato con determinazione incredibile costruendo un impero a colpi di rimmel, fard e ciglia finte. Dopo aver studiato arti dello spettacolo si butta a capofitto nella nascente scena Drag degli anni ‘80 americani. Appare in tacchi alti e parrucca in numerosi film e programmi televisivi ma soprattutto sfonda come artista nei club newyorkesi diventando in breve tempo la “Regina di Manhattan”. Negli anni ‘90 continua la scalata al successo come cantante e presentatore di un suo talk show (RuPaul Talk Show del 1996), firma un contratto con MAC diventando la prima modella Drag Queen di una marca di cosmetici (devolvendo tutto il ricavato alla ricerca contro L’AIDS) e presta persino il suo volto per una delle versioni di Barbie!

Oggi RuPaul è una delle figure televisive più popolari negli Stati Uniti e anche oltreoceano. Possiamo vederlo vestito da uomo e da donna in ogni trasmissione: in entrambe le versioni il suo carisma è impressionante. 

Certamente la brillante idea di creare lo show RuPaul’s Drag Race renderà il Drag un’arte sempre più complessa e rispettata, rompendo moltissimi pregiudizi e facendo luce su secoli dove chi si vestiva da donna (o una donna da uomo) veniva severamente giudicato. Moralmente e spesso anche legalmente. 

Non dimentichiamo che una delle accuse più pesanti e forse il motivo principale per cui i giudici  condannarono Giovanna D’Arco ad essere arsa viva fu la sua insistenza nel voler portare solo abiti maschili.

Foto: RuPaul’s Drag Race
RuPaul e RuPaul, ovvero RuPaul Andre Charles in abiti drag e maschili

Un fenomeno antico: il travestitismo nella storia 

Eppure, ci sono stati periodi e comunità in cui travestirsi nel sesso opposto era pratica comune. Rispolveriamo i soliti greci.

Ad Argo ogni anno si celebrava un festival (hybristika) durante il quale gli uomini indossavano vestiti femminili e le donne vesti maschili.

A Sparta le mogli ricevevano i mariti, la prima notte di nozze, indossando abiti e calzature maschili e coi capelli rasati. A Cos invece i mariti ricevevano le mogli vestiti da donna.

Anche a Roma, specialmente durante il periodo imperiale, vestirsi da donna era per molti un’abitudine privata relativamente ben tollerata e giuridicamente del tutto irrilevante. Caligola accoglieva spesso i suoi ospiti vestito in Drag, Eliogabalo appena poteva si trasformava in Venere. Ma abbiamo testimonianze anche di persone molto più umili e comuni che avevano la stessa abitudine. Era normale che un uomo romano a cena si abbigliasse da donna? Apparentemente si, o meglio, non destava nessuno stupore e tantomeno conseguenze legali. 

Dal Medioevo al secolo scorso la nobile arte del Drag è stata salvata e portata avanti per lo più dal teatro dove gli uomini impersonificavano ruoli femminili. E non solo i giovanetti. Nelle commedie di Goldoni spesso la parte della vecchia intrigante è affidata al migliore attore della compagnia.

Insomma, come dice il nostro Rupaul, Identity is a joke e chiunque può cambiare la visione di se stesso e anche, volendo, se stesso. 

Foto: RuPaul’s Drag Race
Alla fine di ogni puntata di RuPaul’s Drag Race due di loro devono affrontarsi in un duello mortale di lipsync

La morale di RuPaul’s Drag Race

Le Drag Queen si prendono molto seriamente: addirittura alla fine di ogni puntata di RuPaul’s Drag Race due di loro devono affrontarsi in un duello mortale di lipsync, ovvero devono ballare e cantare in playback una canzone davanti ai giudici. Chi delle due darà il massimo, potrà restare, l’altra, verrà invitata ad andarsene. 

E’ sempre un momento molto commovente, e scioccante. Un’arena dove si scatenano due fiere leonesse, cantando, ballando e talvolta facendo acrobazie. Nessuna, naturalmente vorrebbe mai essere mandata a casa. Sono persone che hanno sacrificato tutto per essere quello che sono: generalmente hanno tagliato i ponti con la famiglia e si son fatte strada nel duro mondo dello show business con orgoglio ma anche tanta fragilità.

Nell’universo del Drag generalmente ogni regina ha una “mamma”, un’altra Drag Queen più vecchia e con più esperienza che le insegna i trucchi del mestiere e, a volte, diventa una vera e propria famiglia. 

Naturalmente RuPaul è considerata da tutte la Grande Madre che ha aperto la via dell’arte e della vita. In effetti l’intelligenza e la bellezza di RuPaul sono ineguagliabili e fino ad ora resta senza dubbio, all’età di 61 anni, la Regina delle Regine del Drag, con grandissima ironia. 

“Guardami. Sono ormai un vecchio uomo nero sotto chili di trucco. E se io posso sembrare bella, allora puoi riuscirci anche tu.”

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Tags: LGBTQomosessualitàrealityRuPaul’s Drag Race
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Francesca Sarah Toich

Francesca Sarah Toich è un’artista che vive e lavora a Parigi, dove ha una compagnia di teatro e magie nouvelle. Scrittrice, autrice, attrice, ha vinto il primo premio nel concorso internazionale di scrittura per lo spettacolo “Premio Goldoni Opera Prima” con la tragedia intitolata “Diotallevi” e ha pubblicato due romanzi fantasy per ragazzi. Ha prestato la sua voce a numerosi film, documentari, installazioni artistiche e radiodrammi (in particolare per RAI radio Italia). Specializzata in Commedia dell’Arte e letteratura italiana è stata premiata come migliore giovane interprete della Divina Commedia, vincendo per due volte il Lauro Dantesco a Ravenna. Insegna e recita in italiano, inglese e francese in numerose compagnie di teatro e ricerca, ed ha portato le sue performance in prestigiosi teatri e gallerie d’arte in varie parti del mondo tra cui recentemente a New York, Mosca e Tokyo.

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