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Queer Eye: siamo tutti Cenerentola

Cinque uomini queer (i Fab 5) cambiano in meglio le vite di persone che si sono lasciate andare: è la formula di un programma di enorme successo.

di Francesca Sarah Toich
03/01/2023
in Articoli, Artwork
Cover di Queer Eye per MONDOSERIE
68
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Queer Eye (6 stagioni, Netflix) è un reality show americano, remake di Queer Eye for the Straight Guy del 2003. Programma che a sua volta ebbe un enorme successo (fu uno dei primi reality LGBTQ) e che dal 2018 rinverdisce i suoi fasti con questa nuova versione. Al punto che Netflix ha commissionato di recente altri nuovi adattamenti: Queer Eye in Giappone, in Brasile, in Germania. 

Di che si tratta? Immaginate che qualcuno, un vostro amico, o parente vi voglia molto bene ma sia preoccupato per voi. Vi trova una bella persona ma sciatta, poco curata, con problemi di autodisciplina e ordine domestico. Angustiato per il vostro destino, a vostra insaputa vi nomina al programma Queer Eye, che vi seleziona: diventate così il protagonista di un episodio. 

Ogni puntata funziona in questo modo. Cinque uomini dichiaratamente queer, i favolosi 5 (Fab 5) arrivano in macchina fino a casa vostra e vi dicono: sei stato nominato (per esempio) da tua figlia, che pensa tu abbia bisogno del nostro aiuto. Siamo qui per migliorare la tua vita, fuori e dentro. 

E per una settimana, come una moderna Cenerentola, sarete ‘curati’ dai favolosi 5, ognuno esperto in un campo. Antony Porowski si occuperà della vostra cucina. Tan France vi porterà a fare shopping migliorando il vostro look. Karamo Brown farà crescere la vostra autostima con delle chiacchierate informali. Bobby Berk vi rifarà la casa. e Jonathan Van Ness si occuperà dei vostri capelli.

Per un’intera settimana queste cinque “fate madrine” non vi molleranno un minuto. E tutto verrà ripreso dalle telecamere di Netflix. 

I fab 5, e come funziona lo show 

Alla fine vi ritroverete sbarbati e ripuliti, con la casa che assomiglia ad una SPA, un armadio pieno di vestiti nuovi e sarete anche diventati (per un attimo) famosi. Come vi suona? Potrebbe sembrare un incubo. Eppure, Queer Eye funziona. E ogni “selezionato” al termine della settimana saluta i Fab 5 con gli occhi pieni di lacrime e gratitudine. Perchè?

Anzitutto, i casi selezionati hanno effettivamente bisogno di aiuto. Spesso si tratta di persone sole, disordinatissime, con un look al limite del clochard, che a fatica si guardano allo specchio. Per loro, dopo un primo momento di grande imbarazzo, ricevere l’affetto dei favolosi 5 – e naturalmente migliorie impensabili alla propria abitazione – è un vero e proprio miracolo. 

A differenza della trasmissione primigenia del 2003, che si basava a New York, la nuova versione è ambientata perlopiù in Texas, nel Missouri e in Georgia. Stati Americani dove le cose sono ben diverse dalla Grande Mela. Bizzarrie umane al limite del cattivo gusto e dell’assurdo si concentrano spesso in queste zone periferiche o rurali. Vediamo sovente i Fab 5 alle prese con individui eccentrici che vivono perlopiù isolati. 

Quindi il programma è per farsi quattro risate alle spalle di qualche Redneck (buzzurro, in italiano)? Assolutamente no! I conduttori hanno un grandissimo rispetto per le persone in difficoltà, nate e cresciute in posti ostili. Alcuni dei Fab 5 provengono da situazioni simili. Omosessuali dichiarati, sono stati spesso bullizzati in giovane età e hanno dovuto lottare duramente per farsi strada in un’America solo apparentemente progressista.

Le “vittime” di Queer Eye: eccentrici, eremiti, altruisti…

Per questo quasi sempre entrano subito in empatia con il loro ‘caso’ e la loro voglia di aiutare sembra del tutto autentica. Confesso che io stessa mi commuovo quasi ad ogni episodio. Perchè? Anzitutto è la prova che non ci vuole molto per far sentire a proprio agio qualcuno, anche le persone più schive e diffidenti: basta un po’ di interesse e voglia di dare una mano. E poi i Fab 5 sono davvero bravi: in pochi giorni riescono a far emergere una persona dal suo isolamento, riportandola a connettersi col resto del mondo.

Oltre alla categoria degli eremiti, un altro target di Queer Eye sono le persone che si sacrificano talmente per gli altri da non avere un momento per se stesse. Infermiere che lavorano notte e giorno, responsabili di centri per accoglienza di senzatetto o associazioni benefiche, animalisti e gente devota al volontariato.

Loro sono forse i casi più interessanti e strappalacrime: gente che da anni non ha il tempo di cucinare qualcosa di buono, o di tagliarsi i capelli, o di comprare un nuovo vestito, si ritrova per un attimo a pensare a se stessa in faccia alle telecamere. In cambio i Fab 5 non solo gli rifanno il guardaroba, ma spesso danno una sistemata anche al centro accoglienza dove lavorano, costruendo o ampliando spazi che altrimenti sarebbero magari destinati all’abbandono. 

La 6^ stagione, in particolare, si concentra su persone che dedicano la propria vita agli altri.

La puntata del santuario degli animali 

Una delle mie puntate preferite di questa ultima stagione di Queer Eye è No more bull, dove i Fab 5 raggiungono un santuario per animali disabili ad Austin, Texas. Josh, la proprietaria, ha trasformato casa sua e il suo piccolo appezzamento di terreno in un rifugio che ha chiamato Safe in Austin. Lì hanno trovato casa varie capre, maiali, cavalli, cani, gatti con problemi di disabilità. 

“Il tutto è nato quando il mio terzo figlio, autistico, ha approcciato un cane con delle difficoltà. Angel, la cagnetta che avevamo trovato, era considerata non addestrabile e con dei forti problemi caratteriali. Ma in poco tempo è diventata il cane di supporto a mio figlio, facendolo uscire dalle sue angosce e disagi. Da lì io e mio marito abbiamo cominciato ad accogliere animali reietti e disabili e a creare degli incontri tra animali e bambini con problemi motori. I risultati sono stati incredibili e la nostra vita è completamente cambiata”.

Quando i Fab 5 arrivano a Safe in Austin trovano una casa e un terreno strapieno di animali. Maiali in casa, gatti ovunque e capre sul divano. “Quest’inverno è venuto un freddo senza precedenti. Non abbiamo avuto altra scelta che accogliere gli animali in casa, altrimenti sarebbero morti”, dice Josh, con le lacrime agli occhi. Più che per l’aneddoto in sé, sono lacrime da esaurimento nervoso. Josh non ha un secondo di riposo: tre figli, e quasi 100 animali a cui badare. Senza parlare degli enormi sforzi per far quadrare i conti dell’associazione no profit. 

I Fab 5 allora la “rapiscono” e la portano qualche giorno in una SPA. Josh non sembra particolarmente entusiasta ma si lascia fare.  Segue persino un corso di equinoterapia, dove per una volta è un animale ad occuparsi di lei e non viceversa. 

Nel frattempo Bobby Berk, l’esperto in arredamento, le costruisce un’enorme stalla nel suo terreno. L’opera più grande mai fatta fino ad ora da Queer Eye. Quando Josh ritorna a casa non riesce a trattenere la sua gioia: ora centinaia di animali e bambini diversamente abili avranno un ‘mondo’ tutto loro. 

La morale di Queer Eye: amare se stessi

I Fab 5 e Queer Eye hanno dato un grosso contributo al miglioramento del santuario per animali. La bellezza di questo reality è che fa bene a chi lo vive e anche a chi lo guarda. L’ironia imperante delle cinque fate madrine è poi molto contagiosa. Tra colpi di spazzola e vernice, salti in padella e un po’ di shopping rimettono in gioco vite a volte quasi sepolte. 

E non si tratta più di portare la visione LGBTQ nel mondo degli eterosessuali, come nelle precedenti edizioni. Ma di portare gioia e miglioramento di uno stile di vita che può adattarsi a chiunque.

Quanto c’è di finzione e di costruito attorno alle missioni dei Fab 5? Tutto, ma si ottengono risultati autentici che durano nel tempo. Queer Eye è un programma che ha ancora molto da dare. “Lo show originale del 2003 riguardava la lotta per la tolleranza soprattutto verso le persone LGBTQ. Ad oggi sono passati 20 anni e molte cose sono cambiate. Ora lottiamo perché le persone si accettino l’un l’altra. E soprattutto se stesse.” Lo dice Tan France, uno dei Fab 5. Subito incalzato dall’esuberante Jonathan Van Ness, esperto in cura dei capelli e della pelle: “Il modo in cui vi prendete cura di voi è il modo in cui il mondo vi vede. È giusto avere una relazione con se stessi”.

Insomma, come direbbe Oscar Wilde: “Amare se stessi è l’inizio di una relazione lunga tutta la vita”.

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Francesca Sarah Toich è un’artista che vive e lavora a Parigi, dove ha una compagnia di teatro e magie nouvelle. Scrittrice, autrice, attrice, ha vinto il primo premio nel concorso internazionale di scrittura per lo spettacolo “Premio Goldoni Opera Prima” con la tragedia intitolata “Diotallevi” e ha pubblicato due romanzi fantasy per ragazzi. Ha prestato la sua voce a numerosi film, documentari, installazioni artistiche e radiodrammi (in particolare per RAI radio Italia). Specializzata in Commedia dell’Arte e letteratura italiana è stata premiata come migliore giovane interprete della Divina Commedia, vincendo per due volte il Lauro Dantesco a Ravenna. Insegna e recita in italiano, inglese e francese in numerose compagnie di teatro e ricerca, ed ha portato le sue performance in prestigiosi teatri e gallerie d’arte in varie parti del mondo tra cui recentemente a New York, Mosca e Tokyo.

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