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MeatEater, le avventure del cacciatore ambientalista

Lo show Netflix (10 stagioni) sa affascinare non solo i fan di caccia e pesca (e della cucina): è un’appassionata e meravigliosa dichiarazione d’amore al mondo naturale.

di Jacopo Bulgarini d'Elci
17/08/2022
in Artwork, Documentari
Cover di MeatEater per Mondoserie
102
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Se siete vegani o la caccia vi provoca le convulsioni evitate accuratamente questo show: MeatEater, con le sue 10 stagioni e 118 puntate, è una vera strage degli innocenti. Già il numero di stagioni ne evidenzia la longevità: il programma è nato nel gennaio 2012, 10 lunghi anni fa. Un decennio in cui il mondo è cambiato, profondamente. Mentre lo show migrava dall’originale canale, Sportsman Channel, verso Netflix che lo ospita dalla stagione 7.

Così la piattaforma lo sintetizza: “Steven Rinella va a caccia in alcune delle più selvagge aree degli Stati Uniti animato dal proprio appetito e dalla voglia di avventura, dedicandosi alla cattura di ogni genere di bestia edibile, dal tacchino selvaggio all’alce”.

MeatEater, Il Carnivoro in italiano, fedele al suo titolo, segue in effetti nel corso degli anni le gesta di Rinella nelle sue battute di caccia e pesca. Scrittore, divulgatore, ambientalista convinto, l’autore e protagonista è un fanatico delle attività all’aria aperta. Che ama praticare sia da solo che in compagnia di amici e compagni di avventure. 

E che culminano in abbondanti libagioni preparate col frutto della fatica venatoria. Cervi, alci, orsi, bufali, cinghiali, quaglie, conigli, anatre, pesci di ogni ordine e grado… Tutte le creature che il buon Dio ha creato finiranno prima o poi cacciate, uccise, divorate dall’affabile Rinella.  

Chi è Steven Rinella

Steven Rinella, che oggi ha 48 anni, è nato e cresciuto nel minuscolo paesino di Twin Lake, in Michigan. 1500 abitanti ma immensi spazi, dai laghi alle foreste, per una precoce educazione alla caccia e alla pesca. Da una quindicina d’anni è uno dei nomi più importanti nel campo della divulgazione e spettacolarizzazione mediatica di caccia e pesca. E probabilmente il più famoso cacciatore americano vivente. Ha scritto sei libri, alcuni dei quali di notevole successo. American Buffalo: In Search of a Lost Icon (2009) è il suo titolo più celebre, e quello che gli è valso i maggiori consensi. Diversi dei volumi successivi sono ispirati o comunque connessi al franchise di MeatEater.

Uso la parola franchise non a caso. Oltre alle 10 stagioni dello show, che di per sé sono un fatto piuttosto eccezionale, e all’evidente successo che ha spinto Netflix a investirvi, e ai libri appena citati, Rinella è attivo anche nel campo del podcasting. The MeatEater Podcast è regolamentare nella top ten dei podcast sportivi. L’autore è poi stato frequente ospite di The Joe Rogan Experience: cioè il podcast più popolare del mondo (ahinoi). 

Una connessione, quest’ultima, non casuale. Joe Rogan è una delle numerose celebrità che negli anni hanno partecipato allo show di Rinella. Di più: che hanno imparato a cacciare durante la registrazione di una puntata. Magari sparando per la prima volta in vita loro. E per la prima volta uccidendo una preda. Sempre secondo la filosofia ambientalista e rispettosa del nostro.

Che si riflette anche nella scelta delle armi e delle tecniche. Spesso Rinella e i suoi abbandonano il moderno fucile da caccia per cimentarsi con sfide più ardue. L’arco. La lancia. Gli antichi fucili a pietra focaia, con un solo colpo disponibile.  

MeatEater: mangiare solo ciò che si caccia

Il tema della caccia come intrinsecamente legata alla sussistenza è al cuore dello show. Come quello dell’amore e rispetto per la natura. Il programma segue avventure di caccia in zone come Montana (cervi, alci); Alaska (uccelli acquatici, capre di montagna, pecore, caribù, orso nero); Messico (tacchino selvatico, bufalo); Nuova Zelanda (camoscio, cervo rosso); Arizona (leone di montagna, cervo di Coues); Wisconsin (cervo dalla coda bianca, coniglio, castoro, topo muschiato); e California (maiali selvatici, quaglie e tacchini). Ma anno dopo anno nuovi luoghi, e nuove specie, si aggiungono. La lista degli episodi con la descrizione delle specie cacciate e – spesso – delle modalità in cui sono state cucinate la si trova nella pagina inglese di Wikipedia sullo show. 

Gli esempi includono il cuore di un cervo avvolto nel grasso e arrostito sul fuoco, la carne di cinghiale selvatico bollita nello stesso stomaco dell’animale e preparazioni più comuni.

Ma il tema della cucina non è una divagazione, né solo il (riuscito) tentativo di allargare la platea di coloro che possono trovare interessante un programma di caccia e pesca. È proprio l’anima dello show. Il credo di Rinella viene enunciato dalla sua stessa voce nei titoli di testa di ogni puntata di MeatEater: “Io vivo per cacciare, e caccio per vivere”. La caccia non è solo sport, attività outdoor, passione bruciante. È anche un modo – il più naturale possibile – di procurarsi il cibo. 

Non a caso, tutto viene utilizzato dell’animale ucciso. Nulla è sprecato. Una frazione viene consumata subito. Il resto – comprese le parti meno pregiate – diventerà il pasto delle settimane e dei mesi a venire.

Il tema della caccia e le sue connotazioni politiche

Il binomio caccia / cucina aiuta anche a capire come abbia fatto MeatEater a sopravvivere alle sabbie mobili della tribalizzazione polemica, vero flagello del nostro tempo. Tanto più visto il suo tema e il suo approccio. Lo show infatti difende a spada tratta la caccia, secondo la tesi per cui i cacciatori sono ipso facto custodi del territorio. E persino delle specie cacciate. 

L’evoluzione della discussione pubblica sul tema è ben raccontata da un recentissimo articolo del New York Times dedicato all’impero di Rinella. A scrivere è una giornalista che, complice la pandemia, ha scoperto i piaceri della pesca nella natura. Un’attività divenuta presto, come racconta, il centro degli interessi condivisi col marito e i due figli piccoli. 

Il dibattito sul tema della caccia, ricorda l’articolo, è sostenuto, a tratti feroce. Non solo secondo la più evidente, anche in Italia, delle spaccature: quella tra chi supporta la caccia e chi la detesta, considerandola un’attività crudele e antiquata. Ma anche secondo linee di frattura per noi meno evidenti. Quella tra bianchi e minoranze: al 95%, i cacciatori americani sono bianchi e, in larga prevalenza, maschi. O quella tra mondo urbano e mondo rurale. E in parallelo a questa quella tra democratici e repubblicani, progressisti e conservatori. 

È un dibattito che esiste da decenni, ma che nel Paese delle armi per tutti assume inevitabilmente tratti faziosi. Non è un caso che Donald Trump jr., figlio maggiore dell’ex presidente e cacciatore a sua volta, abbia con altri soggetti messo nel mirino MeatEater. Secondo loro, Rinella è troppo sensibile ai temi ecologisti. A partire proprio dal credo per cui si caccia per mangiare: famigerate le battute di caccia per pur divertimento di Don jr, con relative foto-trofei di animali esotici. Un modello assai diverso.

L’abbraccio alla natura in MeatEater

MeatEater è una sapiente eccezione alla polarizzazione socio-politica e culturale che sta ormai frammentando il nostro mondo. Finendo per dar vita a vere e proprie realtà parallele, universi alternativi tra i quali il confronto è impossibile. Tema, questo, su cui abbiamo riflettuto nella nostra puntata del podcast dedicata a una serie sci-fi di qualche anno fa: Fringe. 

E il merito è tutto di Rinella. Che ha saputo costruire una sorta di rifugio per esperienze e posizioni diverse, riuscendo (almeno in gran parte) a schermare il suo programma dalle polemiche. E portando persone differenti, con storie diversissime alle spalle, a trovare un terreno comune. Quello dell’abbraccio totale e incondizionato alla natura. L’autore non per caso si definisce un “conservationist”, cioè un appassionato difensore della natura. “Un ambientalista con il fucile”, come ricorda l’articolo del New York Times.

Su questo fronte non c’è alcuna ambiguità possibile in MeatEater. Il mondo naturale è sacro. Il cacciatore vi entra in punta di piedi. Dedica giorni all’osservazione, alla ricerca, a volte allo studio, spesso con esperti del luogo. Sa quali animali cacciare e quali no. Impara a conoscere le loro abitudini. A rispettarli. Ad amarli. E a sfidare se stesso: come l’ultima puntata della seconda parte della stagione 10, appena uscita su Netflix, mostra. Con Rinella che, dopo aver fatto cilecca, si interroga malinconicamente sui suoi prossimi 50 anni. 

L’immersione nella natura è totale, ipnotica, irresistibile: si dorme all’aperto, si cammina per ore, si esplora l’ambiente alla ricerca di tracce, si insegue la preda nei meravigliosi scenari dei più spettacolari paesaggi del mondo. 

Ed è un mondo incantato, magico, meraviglioso. Squarciato a volte dall’esplosione di un colpo di fucile. E rimesso in qualche modo in equilibrio dalla meticolosa preparazione di un pasto davanti al fuoco, sotto le stelle.  

Altri cacciatori americani – ma di mostri! – nell’irresistibile e folle Mountain Monsters!

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Tags: cibodocumentarioMeatEaternatura e mondo naturaleUomo e NaturaUSA
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Jacopo Bulgarini d'Elci

Jacopo Bulgarini d'Elci

Fondatore e direttore del progetto MONDOSERIE, prende le serie terribilmente sul serio. In una vita precedente è stato assessore alla cultura della città di Vicenza. In altre e non meno reali esistenze, si è perso sull’isola di Lost, ha affrontato i propri gemelli oscuri in Twin Peaks, ha avuto il cuore spezzato da Breaking Bad. Autore e critico tv, scrive interventi sulle trasformazioni dell’immaginario pop (Doppiozero), tiene conferenze, coordina e realizza pubblicazioni. Soprattutto, guarda e riguarda show da quasi 30 anni.

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