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Jeffrey Epstein: soldi, potere, perversione – e morte

La docu-serie Netflix getta luce, persino più delle pubblicazioni di documenti processuali e agende segrete, sull'incredibile vicenda di un inquietante predatore sessuale - e sulla sua cerchia di "amici", tra celebrità e potenti vari

di RDB
25/05/2025
in Documentari
Cover di Jeffrey Epstein - soldi potere e perversione per Mondoserie
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La pubblicazione dei nomi della sua agenda segreta continua a offrire interessanti conferme, come vedremo. Ma Jeffrey Epstein: soldi, potere e perversione (Jeffrey Epstein: Filthy Rich), passata su Netflix nella primavera 2020, è stata iniziata prima che il mondo fosse sconvolto dalla notizia del «suicidio» di Epstein nell’estate 2019. E poi da quello di Virginia Giuffre, la grande accusatrice, di cui parleremo meglio dopo.

Quello di Epstein fu un «suicidio» talmente incredibile (cioè, nell’etimo, non credibile) che perfino Michael Shermer, scettico professionista (immaginate il CICAP sotto steroidi), è arrivato a parlare di complotto vero e proprio. Ricorderete: si ammazzò nella sua cella di massima sicurezza dove doveva essere osservato 24 ore su 24, ma per pochi minuti, casualmente, la telecamera disfunzionò. I secondini responsabili sono stati scagionati.

Insomma: una pagliacciata che nemmeno quella dei membri della Rote Armee Fraktion  «suicidati» nel carcere di Stammheim che ha generato tante barzellette (per esempio, quella di Andreotti che si fa criogenizzare…). 

E questo è solo l’antipasto. Perché il personaggio era ben più allucinante di così.

Il progetto di una serie su Jeffrey Epstein

Il progetto di una seria su Jeffrey Epstein era, all’epoca, significativo. E temerario. Perché era noto come i suoi tentacoli, invisibili quanto violenti, potenti quanto misteriosi, arrivassero ovunque. La produzione lavorava con un server segreto, girava le intervista in luoghi chiusi a chiave, e nascondeva il girato in casseforti. Se Epstein fosse stato vivo forse non sarebbe bastato. Anche perché di casseforti rilevanti se ne intendeva: nel suo palazzo in Upper West Side, a New York, hanno trovato cose (video, soprattutto) di cui non hanno parlato più di tanto. Limitandosi a raccontarci del bizzarro quadro a olio con Bill Clinton vestito da donna con i tacchi a spillo.

La vicenda è pazzesca, ma soprattutto è enorme. La vicenda di Jeffrey Epstein è enorme perché, in realtà, riguarda il mondo. Non solo per i voli sui jet privati, le isole caraibiche, le garçonnière parigine, la tratta delle russe, i politici di vari Paesi del globo.

Riguarda tutti perché espone un livello di menzogna e di censura dei media protratto per anni, senza possibilità di uscirne. Epstein e la spirale di silenzio che lo attorniava era semplicemente impenetrabile: e questo nonostante le condanne per gli abusi su minori. La questione politica, geopolitica e morale non ha trovato ancora soluzione. È un vero buco nero, e si ha il sospetto che possa inghiottirsi altri pianeti e galassie da un momento all’altro.

Il principe Andrea e la vittima-accusatrice, Virginia Giuffre

La serie Netflix prova a fare luce intanto sugli aspetti personali di questa tragica catena di crimini e abusi. I quattro episodi ripercorrono la storia – pazzesca – del miliardario pedofilo e dei suoi «amici» ricchi e famosi utilizzando, come prospettiva principale, quella delle vittime e delle forze dell’ordine schiacciate in decenni di impotenza rispetto al caso. 

Le ragazze, giovanissime, venivano reclutate seguendo il classico radar pedofilo: famiglia problematica, giovane che vuole (o deve…) uscire di casa. Ma non solo: il tentacolo arrivava anche dove le famiglie erano più solide, e le ragazzine avevano già carriere scolastiche o artistiche avviate.

Virginia Giuffre, forse la vittima preminente, fu «trafficata», sostiene in una querela, al Principe Andrea d’Inghilterra, abituale frequentatore delle magioni epsteiniane anche e soprattutto dopo la condanna del ricco molestatore nel 2006.

Di fatto, quando il miliardario fu «rilasciato», Andrea lo andò a trovare subitaneamente a Nuova York. In una intervista TV allucinante Andrea ha negato tutto, di conoscere la Giuffre (che sventola al mondo una foto di loro insieme quando lei aveva 17 anni) e perfino di sudare a causa di una overdose di adrenalina patriotticamente riportata durante la guerra delle Falkland – un argomento convincente per invalidare la testimonianza della ragazza, la quale invece lo ricorda iperidroticamente accaldato in disco e non solo in disco.

La polizia metropolitana di Londra ha deciso di non procedere con le indagini sul Principe. Si tratta, del resto, del più grande scandalo mai capitato ai Sassonia Coburgo-Gotha, ora chiamati Windsor – in confronto, le scaramucce con Lady Diana furono bazzecole. 

E ad aprile 2025 Virginia Giuffre si è suicidata.

Il mondo di Jeffrey Epstein, come si evince guardando le abbondanti immagini del drone nel III episodio, pare davvero uscito da quello dei cattivi di James Bond. Nessuno conosce davvero l’origine dei suoi miliardi. Possiede un’isola, Little Saint James, dove sono scaricate quantità di ninfette, e dove avviene di tutto. L’isola avrebbe pure uno strano tempio marino, sul cui interno, compreso un fantomatico sotterraneo, si specula e basta.

VIP, pedofilia, eugenetica

Passano di lì, secondo i log del Lolita Express (l’areo privato dove Epstein, si dice nel documentario, trasportava ospiti e ragazze magari iniziando il sesso lì, davanti a tutti) nomi enormi della politica mondiale, della finanza, dell’accademia, di Hollywood. Nomi emersi nella pubblicazione della lista fin qui secretata. 

Quasi tutti i nomi vengono fatti con il cognome: il ricercatore di Intelligenza Artificiale Marvin Minsky, il principe del foro Alan Dershowitz (che dice di aver ricevuto solo massaggi) e perfino il fisico in carrozzella Stephen Hawking (!) di cui si ha pure un’immagine.

Bill Clinton ha negato di essere mai stato sull’isola: un testimone sentito nella serie lo smentisce apertamente. Chissà se gli credono anche Monica Lewinsky, Paula Jones, etc.

Bill Gates, è emerso in un’inchiesta del NYT, frequentava Epstein, e la cosa, sostiene la quasi ex moglie, potrebbe aver indotto il suo divorzio. La profondità della loro relazione si allarga ad ogni scoop della stampa americana (il secondo esecutore testamentario di Epstein è un collaboratore stretto di Gates), e l’uomo Microsoft, quando gli chiedono del suo rapporto con l’oscuro pedofilo, si inalbera, balbetta, gesticola. 

Perché tutta questa gente importantissima lo frequentava?

La Giuffre racconta nella serie che scappò dalle grinfie di Epstein quando questi e Ghislaine Maxwell (la «dama», della storia, di cui scriveremo poco più sotto)  le chiesero di diventare madre surrogata di un figlio.

È emerso quindi che Epstein stava programmando, utilizzando un grande ranch nel Nuovo Messico, di ingravidare alcune delle ragazzine a sua disposizione con il seme di scienziati-geni del MIT e simili, una frequentazione che non si è fatto mancare mai. In pratica aveva intenzione di attuare un vero programma eugenetico. Creare materialmente una razza superiore. Epstein era una sorta di prepper apocalittico con tanti mezzi, tanti contatti e un’inclinazione per il sesso con fanciulline. 

Il lettore capisce che siamo davvero in zona Spectre, o forse perfino molto oltre. Un abisso romanzesco del genere non poteva non colpire la mente di uno scrittore, e di fatto lo sceneggiatore della serie è James Patterson, uno dei più venduti thrilleristi mondiali.

Il non detto della serie: l’intelligence e Jeffrey Epstein

Le puntate aiutano a capire come sia stato possibile riattivare il caso in cuore alle forze dell’ordine, che erano state negli anni sfinite dalla figura del miliardario invincibile. Era impossibile portare avanti un’accusa a Epstein – nonostante la condanna in giudicato.

A metà anni 2000 Alexander Acosta, che poi divenne il Segretario del Lavoro di Trump, allora  Procuratore dello Stato della Florida, fornì al perverso manager di Hedge Fund un cosiddetto  sweetheart deal. In pratica lui si dichiarava colpevole e otteneva la pena di entrare in prigione solo per dormire, e solo per qualche tempo. Acosta disse poi che gli avevano detto dall’alto di fare così, perché, disse, lo avevano informato che «Jeffrey Epstein era dell’Intelligence», senza specificare se si trattasse di quella americana o meno.

L’Intelligence, di fatto, è la parte che manca alla serie. I dubbi dei più si concentrano su Ghislaine Maxwell, figlia del «Berlusconi inglese» Robert Maxwell, controverso editore miliardario finito in disgrazia. E, sostiene per esempio il Pulitzer Seymour Hersh (e non solo lui), spia atomica israeliana impiantata a Londra.

Maxwell sparì una notte dal suo yacht – che si chiamava come la figlia preferita, Lady Ghislaine – mentre si trovava in alto mare. Al funerale, tenutosi a Gerusalemme dove è sepolto, erano presenti, oltre al presidente dello Stato ebraico e il primo ministro, almeno sei capi dell’Intelligence israeliano. Capite dunque perché i media iraniani abbiano scherzato, nel caso Epstein, come il caso dei «massaggi del Mossad».

Foto: USA vs Jeffrey EpsteinKompromat, potere assoluto e Donald Trump

In pratica, Epstein potrebbe aver gestito un’industria di kompromat, il termine russo che il KGB utilizzava per il materiale compromettente. Invita i potenti nelle sue tenute, li fa accoppiare con massaggiatrici minorenni, filma tutto (questo, nella docuserie, è detto apertis verbis) con un sistema di videocamere che neanche Batman in un film di Brian De Palma. E da lì, per via del materiale compromettente, ricatta ottenendo qualsiasi cosa. Danaro, investimenti, favori, operazioni politiche. Nessun limite, perché il potere dei potenti, una volta che erano sottomessi alla vergogna pedofila, diventava di Epstein. Si tratta di un’ipotesi.

La Maxwell, che aveva contatti ovunque (fin dentro la famiglia reale inglese, come si è visto), fu complice di Epstein (oltre che fidanzata, dama di casa, organizzatrice, etc.). Secondo alcuni potrebbe aver ereditato la funzione del padre, ma chissà – anche qui, siamo a pensare che Ian Fleming sia uno scrittore realista.

La serie non si tira indietro nemmeno davanti all’implicazione di quello che all’epoca era il presidente degli USA, Donald Trump. Il quale, tuttavia, esce dal documentario in 4 parti più pulito di altri. Pur avendolo frequentato per decenni, non nasconde il suo disprezzo per Epstein (il quale non aveva fama, ed era arrivato da poco nella tribù dei ricchi che svernano in Florida, una specialità del Trump di Mar-a-Lago), non occulta le sue foto con la Maxwell (alla quale, bizzarramente, augurò «il meglio» quando gli chiesero una dichiarazione dopo il suo arresto), e viene in altre interviste raccontato dalla Giuffre come un bravo datore di lavoro che non aveva mai visto nei circoli privati di Epstein. 

Già nel 2015, avviando la campagna elettorale che lo avrebbe portato alla Casa Bianca, Trump si lasciava scappare a mezza voce, agli albori del riesplodere dello scandalo, che Epstein avrebbe potuto diventare un problema per la campagna di Hillary. E buttava lì il nome anche del principe Andrea, che ancora non si era schiantato nell’opinione pubblica mondiale. 

Jeffrey Epstein e la spirale del silenzio mediatica… 

Soprattutto, la storia di Epstein è la storia del silenzio attorno a lui.

Nel novembre 2019 uscì un fuori onda del canale TV americano ABC, dove la giornalista-anchorwoman Amy Robach raccontava, nervosissima, di come l’emittente avesse soffocato la sua intenzione di trattare il caso Epstein per ben tre anni, con la paura che non avrebbero mai più avuto accesso alla Famiglia Reale britannica.

Nella serie è raccontato anche il lavoro di censura fatto dai grandi giornali: Epstein e la Maxwell riuscivano enigmaticamente a sapere se qualcuno (magari una giovane giornalista in carriera) voleva fare un articolo su di loro e le loro losche attività. Seguivano minacce e altre cose strane che potevano capitare. Vengono fatti i nomi di grandi direttori di giornali nuovayorkesi che sapevano tutto e stavano zitti.

…anche in Italia

E non crediamo che la cosa riguardi solo gli USA. Anche l’Italia può avere la sua parte nella spirale del silenzio epsteiniana. Il caso più disdicevole è stato quello di un noto quotidiano italiano, che riportò che nell’agenda nera di Epstein (il libretto dei contatti, finito rocambolescamente in rete prima) ci fossero tre nomi italiani. Un famoso playboy, un ristoratore conosciuto, e un finanziere che aveva tentato la scalata al giornale. Potete vedere voi stessi: nell’agendina c’erano diecine e diecine di italiani, molti dei quali, magari, orbitanti attorno ad una certa famiglia, moltissimi quelli assai noti al grande pubblico.

Nessuno di essi può (o deve) essere accusato dei crimini di Jeffrey Epstein. Questi era una macchina da contatti, aveva il numero telefonico di chiunque, e poi puntava molto più in alto del jet set italiota in trasferta a Nuova York. Tuttavia, il livello di acqua torbida può impressionare. Noi, francamente, siamo impressionati.

La questione è che mica finisce qui. La Maxwell, catturata dopo una pazzesca latitanza (era stata avvistata a Parigi, l’hanno ritrovata in una villa in New Hampshire), nel giugno 2022 è stata condannata a 20 anni di carcere per adescamento di minori e altri reati commessi con o per conto del finanziere ed ex compagno Jeffrey Epstein. Mentre in rete fioccano i meme sul suo prossimo «suicidio» in carcere. Perché la quantità di kompromat che può saltare fuori potrebbe essere, per molti membri dell’élite ancora in sella, di livello Armageddon. 

 

Giudizio: chiaro, personale, definito, con alcune lacune vista la vastità del soggetto e l’impossibilità di dirla tutta. Ma potrebbe arrivare una nuova stagione. 

NOTA: questa versione aggiorna un articolo pubblicato qui il 1 novembre 2021.

Leggi il nostro articolo su un altro scandalo sessuale e politico: Weiner

Weiner: gli dei fanno impazzire chi vogliono distruggere

Tags: documentarioJeffrey EpsteinpoliticasessoTrump
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