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Brian the Brain, il mondo agghiacciante di M. Á. Martín | Fumetto
Brian the Brain, podcast | Puntata a cura di Untimoteo.
Il disturbante Brian the Brain (in Italia pubblicato da Edizioni Npe) è l’opera più nota del fumettista spagnolo Miguel Ángel Martín, l’autore europeo più controverso degli ultimi quarant’anni. Un artista dal tratto preciso e netto, fatto di linee pulitissime che contrastano con storie sempre al limite (e più di qualche volta oltre il limite). Le opere di questo autore suscitano disagio nel lettore per la spietatezza dei temi e per l’assoluta mancanza di filtri sulle miserie umane. I suoi libri sono porte spalancate con lucida freddezza sul lato più oscuro della mente umana.
Miguel Ángel Martín ritrae la crudeltà del mondo a cui noi, come il povero piccolo Brian, siamo continuamente esposti. Un artista pronto a squarciare con la fredda lama di un bisturi le ipocrisie di una società che pratica sistematicamente la rimozione di concetti come malattia, morte e sofferenza.
“Fumetto” è il formato del podcast di Mondoserie dedicato al mondo dei fumetti. Dai grandi classici alle opere più recenti. Italiani, orientali, occidentali.
Life of Brian
Brian è un bambino diverso da tutti gli altri. Nato senza calotta cranica, il suo cervello è esposto agli sguardi, ai colpi e alle intemperie. Nasce così perché la madre, per sopravvivere, testa prodotti per una grossa casa farmaceutica e non smette neppure durante la gravidanza. Brian è più intelligente degli altri ma anche più sensibile e presto diventa l’oggetto delle cattiverie dei compagni, figli viziati di un mondo orrendo che poi è il nostro: moderno, benestante, apparentemente asettico. Ma che nella realtà è permeato di morte, abominio e decomposizione.
Un mondo in cui i poveri sono costretti a diventare cavie, a subire ogni sorta di esperimento, di mutazione. Un mondo di freak aberranti tutti accomunati dalla disperazione, dalla ricerca di un amore che viene continuamente negato o crudelmente portato via. La storia di Brian procede per piccoli episodi. Si narra la sua quotidianità, i suoi amici, il suo cane, la mamma, il laboratorio di ricerca, le visite mediche, le terapie, gli scherzi crudeli e i commenti acidi dei compagni. Brian è anche un genio della tecnologia, un telepate e un telecineta.
Nella retorica delle storie cui siamo abituati, il protagonista usa il suo genio e i suoi poteri per una meritata rivalsa sociale. Ma Miguel Ángel Martín non è qui per consolarci. Brian deve per tutta la vita sopprimere i propri poteri, inibirli tramite farmaci e terapie. Per non essere diverso, per non venire ulteriormente emarginato – o peggio ancora, per non essere temuto come un mostro. Lui che, a conti fatti, è il più umano di tutti.
Miguel Ángel Martín, un autore scomodo
I titoli dei libri di M. Á. Martín non lasciano spazio a equivoci: Rubber Flesh, Psychopathia Sexualis, Total Overfuck, Cannibal Holocaust 2 (scritto a due mani con il regista cult Ruggero Deodato), Keibol Black – Violenza psicologica per giovani europei e per l’appunto Brian the Brain (sottotitolo Un tecno melodramma del XXI secolo).
Di lui la critica scrive: “Martín ha il più assoluto disprezzo per il genere umano” (The Independent). “Se mi cadesse una banconota da 10.000 dollari all’interno del cervello di Miguel Ángel Martín ci penserei due volte prima di riprendermela” (Los Angeles Time). “Il miglior disegnatore europeo di fumetti” (Time Magazine).
In Italia un suo libro è stato al centro di una vicenda giudiziaria sconcertante. Nel 1995 il tribunale di Cremona ordina il sequestro di tutte le copie e delle matrici di Psychopathia Sexualis, con l’accusa di essere osceno e raccapricciante. In suo favore si schierano artisti e intellettuali del calibro di José Munoz, Asia Argento, Enrico Ghezzi, Oliviero Toscani, Davide Toffolo, Milo Manara, Aldo Busi. Una sentenza dello stesso tribunale del 17 luglio del 1996 stabilisce che il fatto non sussiste e ordina il dissequestro di tutte le copie che, curiosità, erano state messe sotto chiave assieme a delle stampe dell’artista Hans Ruedi Giger.
Ammettere il diritto ad esistere dei lavori di Martín equivale ad ammettere la presenza del male nel mondo. Le sue opere non sono un’apologia della violenza, del sadismo, della perversione, ma la fredda rappresentazione dei lati più oscuri e terribili del comportamento umano.
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