La notizia del suo arresto, nel gennaio del 2019, ha fatto il giro del mondo. Così come, a dicembre 2020, la rocambolesca grazia concessagli dall’allora Presidente Trump. Se vi siete chiesti: chi è Roger Stone?, questo brillante documentario del 2017 fa al caso vostro. Pensate che un documentario politico voglia dire noia? Ripensateci: il suo soprannome è “The Prince of Darkness”, il principe delle tenebre. Ed è meritato.
Stone non è solo stato coinvolto nell’elezione di ogni singolo presidente Repubblicano dal 1972 ad oggi, da Nixon a Trump passando per Reagan e i Bush, padre e figlio: ha contribuito a inventare la politica moderna. Anche e soprattutto nei suoi aspetti degenerativi, fatti di campagne negative, scandalismo, attacchi personali, troppo denaro, interessi speciali, influenza spropositata dei lobbisti.
Chi è Roger Stone?
È lui il padre dei famigerati PAC con cui la politica USA è stata invasa dai soldi illimitati delle grandi corporation. Lui il primo a usare scientificamente le campagne negative e la disinformazione come strumento elettorale. Animato da due convinzioni: la gente crede a qualsiasi cosa; l’odio è una leva più forte dell’amore. A chi lo accusa di aver avvelenato la politica risponde che vincere è tutto, non importa come.
Tra le sue regole: “Attaccare, attaccare, attaccare, mai difendersi”; “Non ammettere nulla, negare tutto, contrattaccare”. Non basta a incuriosirvi? Ha la faccia di Nixon tatuata sulla schiena. È l’uomo che ha messo in testa a Trump l’idea di correre (fin dagli anni ‘80).
L’Olivia Pope di Scandal viene da qui: dalla figura del fixer
Ma poi, è forse il modello più potente – anche in termini di estetica pop – per i tanti fixer rappresentati da film e serie che si sono occupati di politica negli ultimi decenni. Il fixer: quella figura – a metà tra maestri della comunicazione, delle PR e dei magheggi – che risolve situazioni politicamente imbarazzanti. Tipo la Olivia Pope di Scandal, per capirci.
Get Me Roger Stone, il documentario, come detto, è del 2017. Nel gennaio 2019 Stone è stato arrestato su ordine del procuratore speciale Robert Mueller per falsa testimonianza, ostacolo alla giustizia, false dichiarazioni e per aver fatto da tramite tra il comitato elettorale di Trump, gli hacker russi e Wikileaks. Giudicato colpevole per tutti i capi d’accusa e condannato nel febbraio 2020 a scontare 40 mesi in prigione, a luglio di quell’anno ha prima visto la sentenza commutata da Trump, e pochi mesi più tardi ha ottenuto la preziosa grazia presidenziale.
Durante l’indagine, pare, ha intimidito un testimone minacciando di rapirgli il cane.
Giudizio: intrigante, come altro definirla?
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Una versione parziale di questo articolo è stata pubblicata il 18 febbraio 2019 su The Week, settimanale del gruppo editoriale Athesis.