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Cruel Summer: l’adolescenza nei ’90, tra thrilling e nostalgia

La serie antologica regala risultati ben diversi: dopo un'ottima prima stagione, una seconda evitabile

di Jacopo Bulgarini d'Elci
24/11/2023
in Articoli, Artwork
Artwork di Cruel Summer per MONDOSERIE
989
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Nel 2021 misi su Cruel Summer (Prime Video) un po’ pigramente, senza particolari aspettative. Non tanto perché si trattasse di un incrocio tra teen drama e young adult: filone che ormai ha completamente dissolto i confini rispetto alla fiction “normale”, a parte per la giovane età dei protagonisti (ma non più, necessariamente, del pubblico). E che quindi può produrre di tutto: cose estremamente interessanti (Euphoria), cose belle ma miste (13 Reasons Why, Tredici in italiano, o Shadow and Bone), cose pessime e da buttare via (Panic, di cui abbiamo parlato qui, o prodotti italiani che non menzionerò). 

Piuttosto, le non grandi aspettative erano per il genere di appartenenza: perché Cruel Summer è sì un teen drama, ma in salsa thriller. Una combinazione difficile. Fui felice di essere smentito: lo show è un vero gioiellino. Almeno nella sua prima stagione.

Le aspettative verso il secondo capitolo (2023) erano rovesciate, dopo la sorpresa di due anni fa, ma sono stati rovesciati anche gli esiti: la seconda stagione di questa serie antologica non conferma i buoni risultati raggiunti al debutto. E anzi, getta una luce un po’ dubbia sull’intera operazione. Per fortuna, appunto, Cruel Summer è uno show antologico. Vado subito al punto: potete guardarne la prima stagione, e fareste bene a farlo, evitando la seconda. 

Vediamo meglio perché.

Cos’è e di cosa parla Cruel Summer

Prodotta da Jessica Biel (già responsabile della bella The Sinner e star della sua prima stagione), creata da Bert V. Royal (sceneggiatore e drammaturgo noto per la sceneggiatura del film del 2010 Easy Girl, con Emma Stone), Cruel Summer racconta la storia di ragazzi ma soprattutto ragazze adolescenti negli anni ’90. Con un twist. I nostri protagonisti non si limitano a doversi barcamenare tra le insidie e le dolci asprezze della gioventù: debbono anche destreggiarsi tra fatti criminosi.

La prima stagione (10 episodi) segue due ragazze adolescenti a metà degli anni ’90 e le ripercussioni sulla vita di tutte dopo che una scompare (rapita? morta?) e l’altra sembra prendere il suo posto. La seconda stagione (di nuovo 10 episodi) segue la nascita e il collasso di un’intensa amicizia adolescenziale tra due ragazze nel 1999 e nel 2000, e il loro finire per essere le principali sospette di un omicidio.

Ad accomunare le due stagioni l’ambientazione storica (appunto, i Nineties) ma anche, pur nelle differenze, quella geografica. Il Texas della  prima stagione lascia il posto alle brume del nordovest della seconda, ma siamo sempre in piccole cittadine di provincia. Soprattutto, è il modo del racconto a caratterizzare questa serie. Cruel Summer, in ciascuno dei sui capitoli e in ogni singolo episodio, gioca con tre diversi piani temporali, come vedremo meglio nei prossimi capitoli. Minando le nostre certezze, sia quelle iniziali che quelle via via acquisite. Producendo anticipazioni, costringendoci a interrogarci su ciò che abbiamo visto, spingendoci a complessificare ogni snodo.

Per il resto, ovviamente, storie diverse e protagonisti diversi. Ed esiti, come si diceva, assai diversi.

Foto: Cruel Summer
Le due protagoniste della sorprendente prima stagione di Cruel Summer (Prime Video): da sinistra, Kate (Olivia Holt) e Jeanette (Chiara Aurelia)

La prima stagione di Cruel Summer: Texas, 1993-1995

Ognuno dei dieci episodi della prima stagione di Cruel Summer viene raccontato alternando i punti di vista dei vari personaggi. La storia, ambientata nell’immaginaria città di Skylin, in Texas, vede infatti ogni puntata raccontare il medesimo giorno dell’anno in tre anni differenti, il 1993, il 1994 e il 1995. Ogni episodio, quindi getta la luce su un pezzo del racconto. Permettendoci di scoprire, progressivamente, cosa sia successo all’inizio (1993), quali implicazioni e conseguenze abbia portato (1994), e che esiti abbia finito per generare (1995). 

Al centro ci sono due adolescenti: Kate Wallis (Olivia Holt), reginetta del liceo amata da tutti, e la timida, introversa e un po’ nerd Jeanette Turner (Chiara Aurelia). Non spoileriamo niente, perché tutto si definisce nei primissimi minuti, e persino nel trailer. Nel 1993 Kate scompare, misteriosamente. Jeanette si appropria della sua vita, diventando ciò che aveva sempre sognato di essere: una ragazza popolare e corteggiata, con gli amici “giusti”. 

Quando Kate viene ritrovata viva, un anno dopo, muove contro Jeanette una devastante accusa: che fa diventare la seconda – nonostante professi la propria innocenza – la persona più odiata d’America. 

Ma, come si chiedeva Ponzio Pilato: quid est veritas? Che cos’è – e soprattutto dove sta – la verità?  

 

La seconda stagione: stato di Washington, 1999-2000 

La seconda stagione di Cruel Summer è ambientata tra il 1999 e il 2000 nella città immaginaria di Chatham, nello stato nordoccidentale di Washington. Quello di Seattle, per capirsi. O, se volete un riferimento seriale, di Twin Peaks. Alberi o meglio foreste, laghi, tanta acqua, bruma, montagne, cittadine isolate, baite tra i boschi.

Il racconto segue tre amici adolescenti: Megan, Isabella e Luke. Megan, aspirante programmatrice informatica (siamo agli albori della rivoluzione digitale e del web), e la sua famiglia accolgono Isabella a casa loro per un anno, in un programma di scambio per studenti. Megan e Isabella, dopo l’iniziale diffidenza della prima, sviluppano un’amicizia che diventa rapidamente complicata. Prima perché entrambe finiscono coinvolte sentimentalmente con Luke, che è il migliore amico d’infanzia di Megan. E poi perché le due ragazze diventano le principali sospette della sua morte.

Di nuovo, non sto svelando niente. Fin dalla prima puntata si intrecciano tre diversi piani temporali. L’estate 1999, in cui Isabella arriva e sbocciano tanto le amicizie quanto gli amori (e le gelosie). L’inverno del 1999, apice positivo del racconto – e preludio al crollo di ogni rapporto. Le cui conseguenze esploriamo nell’estate del 2000, dopo che il corpo di Luke riaffiora da un lago.

Cosa rende Cruel Summer interessante

Se avete letto fin qui, o anche solo guardato i trailer, siete già in grado di rispondere alla domanda. È la struttura drammaturgica a rendere Cruel Summer il gioiellino che è. L’ho già detto e lo ripeto: almeno nella sua prima stagione.  

Espando il concetto chiave. Ogni puntata delle dieci racconta ciò che succede attorno a una specifica data, ma in tre diversi momenti. Aggiungo che la storia avanza, globalmente, in senso cronologico. Quindi, via via, scopriamo cose in più, dall’inizio alla fine. Ovviamente, il fatto di intrecciare i tre piani temporali ha un’implicazione fortissima: siamo costantemente costretti a cercare di contestualizzare alla luce di ciò che sappiamo (che cresce nel tempo) nuove informazioni che appartengono a momenti diversi, e che derivano causalmente da situazioni ora precedenti ora successive. 

Un esempio per capirci e che non fa spoiler, perché sono letteralmente i primi minuti della prima puntata della prima stagione, e ci sono pure nel trailer. Prima scena (21 giugno 1993): è il compleanno di Jeanette, un’adolescente bruttina e un po’ nerd, e suo padre, come da tradizione, la sveglia dolcemente e la festeggia. Seconda scena (21 giugno 1994): la Jeanette che si sveglia è profondamente cambiata, molto più curata, molto più sicura di sé, ma sempre in sintonia col padre. Terza scena (21 giugno 1995): un padre sfatto e svogliato sveglia di malo modo, a stento augurandole buon compleanno, una Jeanette chiaramente provata: di sotto, le dice, c’è il suo avvocato.

La seconda stagione fa lo stesso gioco. Ma in modo più confuso, affastellando gli eventi con assai minore lucidità.

Una complessità narrativa – e morale 

Pochi minuti del primo episodio e siamo stati posti di fronte a una serie spaventosa di cambi di fronte. Un’attitudine che Cruel Summer manterrà, senza tentennamenti, fino alla fine. Costruendo con sapienza infiniti colpi di scena. Ma colpi di scena che – imbrigliati dalla forza di quella struttura temporalmente complessa che dicevo – non suonano mai vacui. Hanno, piuttosto, una forza quasi gnoseologica: sappiamo solo quello che possiamo sapere, ogni nuova informazione può costringerci a rimettere tutto in discussione. E fino alla fine rimaniamo incollati allo schermo per capire, appunto, qual è la verità. 

Una struttura come questa, naturalmente, porta con sé complessità e ambiguità morali. Pensiamo che la protagonista sia una; scopriamo che sono (almeno) due. Il personaggio per cui parteggiamo ci crolla davanti agli occhi; forse l’eroe è l’altro; anzi no, fermi tutti. Non è neppure banale – né per gli autori né per lo spettatore – districarsi in tale dedalo. Che sia tutto sommato più agevole per chi guarda è testimonianza del buon lavoro di chi ha scritto. Di nuovo: considerate il discorso valevole per la prima stagione. Nel secondo capitolo, Cruel Summer finisce per strafare. Esagerando la doppiezza dei personaggi, estremizzando l’accumulo di accadimenti e colpi di scena. Fino alla soglia non solo dell’implausibilità ma quasi del ridicolo. O almeno del fastidio. 

Mentre la prima stagione è un gran miscuglio, ma nel senso migliore. Quello di una giostra che gioca sapientemente con le aspettative tanto narrative quanto morali, e si diverte a costringerci a farci i conti. Ripetutamente, fino a che non ci è chiara la loro natura: cliché, purissimi cliché.    

Foto: Cruel Summer
L’ombra del rapimento vissuto continua a tormentare Kate… ma le cose sono forse più complesse.

Gli anni ‘90 di Cruel Summer 

Cruel Summer vanta una gran confezione e un’ottima messa in scena. Eccellente lavoro di montaggio, fotografia attenta a caratterizzare i tre diversi tempi, ottimi attori. Specie – anche qui – le due protagoniste del primo capitolo, Olivia Holt e Chiara Aurelia. Personalmente ho trovato invece insopportabile (ma è un’antipatia – lo confesso – epidermica) Harley Quinn Smith, nei panni dell’ondivaga miglior-amica-di.  

Il cui nome però ci porta all’ultimo tema, i Nineties, gli anni ‘90. Suo padre è quel Kevin Smith. Oltre ad averle affibbiato un nome, Harley Quinn, tanto incredibile quanto crudele (dovrebbero esserci leggi che impediscono ai genitori di rovinare la vita dei figli solo per un capriccio citazionista, come quei matti che chiamarono le figlie Daenerys senza neanche aspettare di vedere come sarebbe andata a finire la storia di Game of Thrones), egli è l’autore di Clerks – Commessi. Film del 1994 che diventa un po’ un’icona di quegli anni: a basso costo, indipendente, sboccato, provocatorio, e che non a caso è citato a più riprese in Cruel Summer. 

Gli anni ‘90, a differenza degli ‘80 (quelli di Stranger Things, per capirsi), aspettavano ancora una qualche manifestazione di interesse dal mondo seriale. Questo show ce li riconsegna, in una loro luce in fondo giusta anche se ancora embrionale e bisognosa di ulteriori cure seriali: quella di un’epoca-cerniera, formidabile e densissima. In cui succedono mille cose, e tutto è ancora possibile. La tecnologia sboccia, nelle forme allora (quasi) innocenti delle prime chat sul primo Internet. Prima del 2001 delle Twin Towers e della loro ombra, prima della “Guerra al terrore” ancora oggi attuale. Prima del 2008 dell’inizio della crisi economica infinita, prima del nostro concitato tempo digital-virale.

In modo commovente e assai potente, Cruel Summer evoca quell’età nella sua forma più pura: la musica, formidabile, di quegli anni, in funzione sia extradiegetica che, spesso diegetica. Il secondo episodio ci riserva un pugno pesante: “Zombie” dei Cranberries, il cui ascolto riporta Kate ai momenti angosciosi della prigionia e che tornerà in una struggente cover. Ma c’è spazio per “Stupid Girl” dei Garbage, per gli Smashing Pumpkins di “Tonight” rifatta proprio dall’attrice-cantante Olivia Holt, per “Fade into you” dei meravigliosi Mazzy Star.

E infine, proprio sul finale, quella “Creep” dei Radiohead che fu la prima hit della leggendaria band. A illuminare l’ultimo disvelamento, e a proiettarci verso gli anni 2000.

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Jacopo Bulgarini d'Elci

Jacopo Bulgarini d'Elci

Fondatore e direttore del progetto MONDOSERIE, prende le serie terribilmente sul serio. In una vita precedente è stato assessore alla cultura della città di Vicenza. In altre e non meno reali esistenze, si è perso sull’isola di Lost, ha affrontato i propri gemelli oscuri in Twin Peaks, ha avuto il cuore spezzato da Breaking Bad. Autore e critico tv, scrive interventi sulle trasformazioni dell’immaginario pop (Doppiozero), tiene conferenze, coordina e realizza pubblicazioni. Soprattutto, guarda e riguarda show da quasi 30 anni.

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