Night Stalker: The Hunt for a Serial Killer (caccia a un assassino seriale) è una docuserie true crime (Netflix, 2021) in 4 episodi della durata media di 48 minuti. Diretto da Tiller Russell (The Last Narc), questo documentario ricostruisce con dovizia di dettagli le complesse indagini che negli anni Ottanta hanno portato dapprima all’individuazione e quindi all’arresto dell’assassino e stupratore seriale Richard Ramirez, meglio noto come Night Stalker.
Il fortunato filone true crime, nella forma documentaristica, viene da anni frequentato con successo un po’ da tutte le maggiori piattaforme di streaming. In particolare proprio da Netflix che, dopo il grande successo di Making a Murderer (2015), ha deciso di continuare a puntare sulla produzione e distribuzione di questo genere di progetti. Andando a ripercorrere le vicende criminali più famose del passato, soprattutto se legate a serial killer et similia. John Wayne Gacy, Dahmer (a cui si è addirittura ispirata un’omonima serie fiction), Charles Manson e Ted Kaczynski alias Unabomber sono alcune tra le tante personalità psicopatiche analizzate e raccontate nei rispettivi documentari a loro dedicati (Conversations with a Killer, Unabomber: In His Own Words ecc).
Diciannove pene capitali (per essere precisi)
Night Stalker: The Hunt for a Serial Killer si inserisce a pieno titolo in questa oscura parata del macabro, anche se in Italia (come nel resto d’Europa), non ha mai raggiunto la notorietà che ha in America, e principalmente in California. Night Stalker ha terrorizzato Los Angeles, e in parte anche San Francisco, tra marzo e agosto 1985, portando a compimento più di quaranta agghiaccianti atti criminali tra omicidi, stupri, furti, aggressioni e molestie ai minori.
Nello specifico, nel settembre dell’89 Ricardo ‘Richard’ Ramirez, il cui vero nome era Ricardo Leyva Muñoz Ramírez, nato a El Paso (Texas) il 28 febbraio del 1960, venne giudicato colpevole di 13 omicidi, 5 tentati omicidi, 11 violenze sessuali e 14 furti con scasso. Si preferì non procedere con le varie accuse di abuso su minori, per evitare il traumatico calvario del processo alle bambine e ai bambini da lui molestati. Condannato alla pena capitale – a diciannove pene capitali per essere più precisi -, muore nel famoso carcere di San Quentin in California, il 7 giugno 2013, per un’insufficienza epatica.
Il Night Stalker non aveva un preciso modus operandi, né un tipo preferenziale di vittima. Sfogava la sua terrificante violenza indistintamente su uomini e donne, giovani, anziani, bambine e bambini. Ma non sempre le sue imprevedibili incursioni finivano con dei cadaveri. Questo rendeva difficile riuscire ad inquadrare e mettere a fuoco questo atipico e brutale sociopatico. Il primo passo fu quindi riuscire ad attribuire ad un’unica persona tutta una serie di crimini prima apparentemente sconnessi e slegati tra loro. Questa fu una brillante intuizione dell’allora giovanissimo detective Gil Carrillo che, assieme al veterano Frank Salerno, fu protagonista nella cattura di Ramirez.
I due leggendari detective che catturarono Night Stalker
I due detective, diventati delle leggende grazie a questo caso, sono anche le principali voci narranti di Night Stalker. Il racconto di Carillo e Salerno permette di scavare a fondo tra i fatti vissuti in prima persona di una vicenda complicata e, con il passare del tempo, fin troppo romanzata. Costituisce dunque un punto di vista assolutamente privilegiato sugli eventi di quegli anni. Ma è altresì una prospettiva assolutamente parziale, vista cioè solo dal lato poliziesco, tralasciando o lasciando sullo sfondo diverse altre chiavi di lettura. A partire dal profiling di Richard Ramirez all’analisi del ruolo fondamentale che i media giocarono in questa storia.
Avendo risolto il caso dello Strangolatore di Hillside (o meglio, degli Strangolatori) sul finire degli anni ‘70, Salerno era un detective molto stimato dai colleghi nella squadra omicidi di Los Angeles. Fu infatti lui a dare per primo credito alla convinzione del giovane Carrillo, che aveva connesso casi di rapimento e violenza sessuale su bambini ad omicidi di adulti colti nel sonno, compiuti con armi da fuoco. Sembrava totalmente assurdo ma la successiva corrispondenza di impronte e poi anche di bossoli trovati sui diversi luoghi del crimine, fece cambiare idea anche ai più scettici.
I primi tre episodi ripercorrono in ordine cronologico e con dovizia di particolari le terribili violenze perpetrate da Ramirez nei suoi solitari e notturni assalti. Alle dichiarazioni dei due poliziotti si alternano le testimonianze dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime. Colpisce in modo particolare il toccante racconto di Anastasia Hronas, che venne rapita all’età di sei anni e abusata per ore, prima di essere riaccompagnata ad una stazione di servizio, dove Ramirez le disse di chiamare i genitori per venire a prenderla. Imprevedibile, appunto.
2 Bulldogs & one bad boy
Ci sono poi molti altri interventi, tra giornalisti e colleghi dei detective. La narrazione si carica di avvincente tensione, puntata dopo puntata, dando a tratti la sensazione di non trattarsi di una storia vera. Questo, nel bene e nel male, è uno degli effetti dell’abile montaggio e, in generale, della regia di Tiller Russell. Nel bene e nel male, dato che in quei momenti sul realismo prende il sopravvento la spettacolarizzazione delle atrocità compiute da Night Stalker.
La regia di Russell opera in questo senso delle scelte precise: come quella di non mitizzare ulteriormente la figura di Ricardo ‘Richard’ Ramirez. Che nel tempo è stata volutamente mistificata, insistendo a tratti sull’immagine da bad boy, a tratti su quella del demoniaco satanista. Anche per questo si insiste, ad esempio, sull’odore pungente e la dentatura rovinata di Ramirez. Come se si volesse riportarlo alla sua dimensione di umano troppo umano. Ad ogni modo il mondo di questo assassino psicopatico rimane per lo più precluso allo spettatore.
Night Stalker: The Hunt for a Serial Killer si concentra paradossalmente di più sul mondo dei due detective. Soprattutto su quello di Gil Carrillo, di cui viene introdotta la famiglia d’origine, il periodo in Vietnam, le difficoltà coniugali durante l’investigazione. Diverso il discorso su Frank Salerno, che al tempo era già a suo modo una leggenda, e che è più restio a raccontare il suo privato. Comunque siamo partecipi degli sforzi, talvolta addirittura del senso d’impotenza e della frustrazione provata dai due detective, rinominati ‘the Bulldogs’. Ma restiamo invece all’oscuro della vita interiore di Richard Ramirez.
La fine dell’incubo
Il Night Stalker viene infatti identificato nel quarto e ultimo episodio, in cui la scrittura impone alla storia una brusca accelerazione. Dopo il cadenzato svolgersi in parallelo di violenze perpetrate e progredire dell’investigazione, tutto accade piuttosto freneticamente. La sua foto segnaletica viene pubblicata da stampa e televisione e Ramirez viene immediatamente riconosciuto su un mezzo pubblico. Tenta una rocambolesca fuga a piedi per le strade di East Los Angeles ma viene inseguito e braccato dagli stessi passanti. Messo letteralmente all’angolo, viene duramente malmenato e solo l’intervento delle forze dell’ordine lo salva dal linciaggio. Interessante notare (cosa che la docuserie non fa) come tutto questo avvenga in una zona di L.A. a maggioranza ispanica. Così come ispanico era Ramirez e anche uno dei due Bulldog che l’hanno catturato.
In un caldissimo agosto del 1985 finisce dunque l’incubo di Night Stalker, iniziato pochi mesi prima. Ancora più velocemente viene documentato il processo e gli anni passati in prigione fino alla morte. Niente viene detto, ad esempio, sulla sua proficua attività di pittore dietro le sbarre (come John Wayne Gacy). O sul suo matrimonio, celebrato nel carcere di San Quentin nel 1996, con la giornalista freelance Doreen Lioy, con cui si scriveva da più di 10 anni. E che aveva giurato si sarebbe uccisa lo stesso giorno dell’esecuzione di Ramirez, tramite camera a gas. Esecuzione che, come s’è detto, non avvenne mai.
Durante il suo processo, uno dei più costosi mai celebrati fino ad allora, con 140 testimoni chiamati a deporre, il famigerato assassino seriale ricevette decine, se non centinaia, di appassionate lettere d’amore.
Come spaventare i benpensanti
Perché questo serial killer riuscì a conquistare il favore di tante giovani donne? Molte tra le lettere da parte delle ‘Ramirez Groupies’, assieme alle opinioni che lui stesso aveva a riguardo, sono pubblicate in The Night Stalker: the disturbing life and chilling crimes of Richard Ramirez, di Philip Carlo. In questo libro, frutto di anni di ricerca e corredato da diverse interviste allo stesso assassino, si indaga sulla ‘mostruosa’ natura di Night Stalker.
Night Stalker era Richard Ramirez, ma chi era Richard Ramirez? In Night Stalker: The Hunt for a Serial Killer la sua infanzia e, in generale, la sua giovane vita vengono narrate soltanto per sommi capi. Perché un bel ragazzo di origini ispaniche, quinto figlio di una coppia normalissima (il padre era addirittura un ex poliziotto), è diventato un assassino seriale? Quale il ruolo avuto nella sua metamorfosi dal cugino Mike, un veterano del Vietnam che si vantava di aver torturato e ucciso decine di “musi gialli”, mostrandogli ripetutamente foto in cui praticava sesso orale con teste mozzate di donne vietnamite? E che, davanti ad un Ricardo 13enne, uccise la moglie a colpi di pistola? Perché, infine, i riferimenti satanici in alcuni tra i suoi delitti? Lui stesso si presenta al processo con un pentacolo tatuato sulla mano.
Evidente che durante il processo Ramirez fosse vittima della suddetta sindrome del bad boy – all’ennesima potenza – e che godesse immensamente della fama che aveva acquisito. Evidente che lui per primo giocò consapevolmente con la questione del satanismo, sapendo in questo modo di oltraggiare e spaventare i benpensanti. Del resto Ramirez si sentiva una sorta di oscura e sanguinaria rockstar per lo meno da quando gli stessi media lo consacrarono, ribattezzandolo ‘The Night Stalker’. Il suo narcisismo sociopatico è ottimamente e parodisticamente traslato nella serie antologica American Horror Story: 1984 (Mondoserie ha invece dedicato un articolo ad American Horror Story: Apocalypse).
Night Stalker: una fotografia satanica
Ma il supposto satanismo di Ramirez è sempre stato superficiale e d’accatto. Il marchio demoniaco che lasciava in giro era estremamente pacchiano. E il virare di questa docuserie, verso la fine, proprio dalle parti del diavolo è quantomeno curioso, se non addirittura sconcertante. Il regista mostra la famosa foto in cui Richard Ramirez digrigna i denti decimati dalle carie. Immagine che è stata – e anche in questo caso è – furbescamente adoperata proprio per promuovere la fantomatica natura satanica del serial killer. Le immagini – disseminate anche negli altri episodi – riprendono i due anziani ex detective, in silenzio, percorrere in auto le notturne strade di Los Angeles. Alle loro voci fuori campo è affidata la surreale chiusa. Salerno: “Cosa porta una persona a fare ciò che fa? Non lo sappiamo davvero. Io non lo so”. Carrillo: “Esiste il diavolo e esiste il male. E io prego ogni sera”.
Un finale sicuramente ad effetto, anche se il sottotesto è: la duplice voce che ha raccontato questa storia – di cui peraltro è stata anche protagonista – non ha la minima idea del perché sia accaduto ciò che è accaduto. E questo è piuttosto assurdo. Oppure no? Vero che anche in The Last Narc l’autore Tiller Russell conclude il racconto con un riferimento alla volontà di Dio, in un contesto di eterna lotta tra tenebre e luce. Così Night Stalker: The Hunt for a Serial Killer finisce con la preghiera di Carrillo, che ricorda uno ad uno i nomi di tutte le vittime. Per ultimo, lo stesso Ramirez. Raramente l’espressione ‘sia fatta la volontà di Dio’ ha mai avuto una connotazione più forte.
La vecchia coppia di Bulldog ha terminato il suo lungo racconto dell’orrore. Orrore indicibile e incomprensibile, che allora scelsero di combattere con ogni mezzo, e a qualsiasi prezzo. Un orrore che ride, con i denti marci, dicendo: “Non mi capirete mai”.
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