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The New Pope, nuovo inno sorrentiniano alla fragilità e vanità umane

Il sequel dello splendido e controverso The Young Pope prosegue il viaggio nel mistero della fede - con un nuovo scandaloso papa

di Livio Pacella
24/05/2025
in Articoli
Cover di The New Pope per Mondoserie
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The New Pope è la serie in 9 episodi, scritta e diretta da Paolo Sorrentino (Sky Atlantic, HBO e Canal+, 2020), reperibile su NOW, che fa da seguito a The Young Pope (di cui abbiamo parlato qui). Sebbene ambientazione e personaggi siano gli stessi, questa non può considerarsi semplicemente una seconda stagione, bensì più correttamente un sequel. Ovvero una storia che, pur seguendo la scia solcata dalla prima, si pone come essenzialmente autonoma e originale. 

Questo lo si deve sia al carattere fortemente autoriale delle produzioni sorrentiniane sia al soggetto di The New Pope: la storia di un altro Papa, di un Papa diverso. E l’arrivo di questo nuovo pontefice – anche se tecnicamente sarebbero due – rimescola completamente le carte sulla santa tavola. Completamente.

Pio XIII (Jude Law) è ormai in coma da nove mesi. Voiello (Silvio Orlando) e compagnia bella subiscono pressioni perché si elegga un nuovo papa. Queste pressioni provengono dagli U.S.A., qui incarnati da un inedito ambiguo personaggio, un losco faccendiere di nome Bauer (Mark Ivanir). Trovandosi nell’impossibilità di ottenere la maggioranza per sé stesso, Voiello riesce a far designare il cardinale Viglietti (Marcello Romolo), il docile confessore del Vaticano. L’intento è sempre quello di avere un papa facile a manovrarsi, e anche questa volta fallisce. Francesco II – questo il più che significativo nome pontificale assunto – compreso il potere di cui è investito, tenta di rinnovare fin da subito la Chiesa. Instaurando una tirannia basata su povertà e carità assolute. 

Il (secondo) nuovo Papa

Supportato da una banda di giovani esaltati francescani, Francesco II fa letteralmente aprire dalle guardie svizzere i cancelli del Vaticano per accogliere i migranti. Confisca e requisisce gioielli, preziosi e conti correnti, eliminando gli abituali privilegi dei cardinali. Il mite confessore infatti, divenuto sovrano, ora minaccia di svelare tutti i segreti di cui è venuto a conoscenza nel tempo, così ricattando il segretario di stato e l’intero collegio cardinalizio. Pochi giorni dopo viene però misteriosamente stroncato da un malore fatale. Secondo alcuni è un complotto ordito da Voiello. Poco prima della sua morte però, si vede Belardo – ancora in stato di coma – muovere un solo dito (fatto che non sfuggirà a Bauer e agli americani).

Si rende dunque necessario un nuovo conclave, e questa volta la scelta ricadrà sulla splendida, sofisticata e fragile figura di Sir John Brannox (il divino John Malkovich), un affascinante e malinconico cardinale inglese. Dopo essere stato lungamente corteggiato, nella sua vasta e decadente tenuta, da una delegazione guidata dall’immancabile eminenza grigia assieme all’altrettanto immancabile Sofia Dubois (Cécile de France) e al Cardinale Assente (Maurizio Lombardi), Brennox, seppur riluttante, accetterà di recarsi a Roma – assumendo il nome (anche questo piuttosto emblematico) di Giovanni Paolo III.

Attorno a questo nuovo papa si costruisce la nuova riflessione di Sorrentino sul rapporto tra umano troppo umano e il mistero della fede. Brannox, come Belardo, si trascina dietro un trauma familiare che da troppo tempo annulla la sua gioia di vivere. Condannandolo ad una reclusione forzata. Ad una solitudine insopportabile. E ad un segreto inconfessabile.

Dolore e dandismo in The New Pope

Questo evento drammatico della sua giovinezza è legato al senso di colpa per non aver saputo impedire la tragica morte del gemello Adam – ragione per cui è ancora odiato dai vecchissimi genitori. La traccia narrativa del gemello apre la porta ad una moltitudine di riferimenti al tema del doppio, di cui la serie è costellata: la coesistenza di due papi, il cardinale Hernandez sosia di Voiello…

Il papato di Giovanni Paolo III, uomo sommamente ferito, contraddittorio, profondo e vanesio, si apre quindi ad una diversa prospettiva della fede e del rapporto tra la dimensione umana e il mistero del divino. La superbia di Brannox non tocca le tracotanti vette di Belardo, che imponeva – e ancora tenterà di imporre – a Dio di operare miracoli per suo conto. La superbia di Brannox si risolve in una vanità dandistica, che del proprio dolore di esistere fa la condizione sufficiente per escludersi dal resto dell’umanità. E il suo personale percorso attraverso l’esperienza pontificia sarà un percorso di sofferenza e superamento di questa sua croce nichilista.

Il cardinale Brannox aveva saputo convertire un gran numero di protestanti anglicani al cattolicesimo – non in virtù dell’intransigenza di Pio XIII o della guerra alla ricchezza di Francesco II, ma parlando di calcio, poesia e donne che accavallano le gambe. Secondo questo nuovo papa la religione va intesa come narrazione sublime. In confronto alla quale l’arte umana e la letteratura non sono che piacevoli passatempi. I riti ecclesiastici devono essere vissuti come non negoziabili, al contrario dei diritti umani, poiché appartenenti a Dio. In sostanza, la sua sembra essere una grandiosa visione della fede cattolica in chiave squisitamente estetica, ovvero come fuga o riparo dall’esistenza.

Minacce, ricatti, fragilità

Ma essere papa significa dover affrontare il mondo e dunque il Male che è in esso. Da una parte la minaccia dell’ISIS, sublimata dall’appello di un misterioso califfo alla Jihad. Dall’altra la minaccia interna dello stesso fondamentalismo cattolico, che si prefigura da quando Pio XIII è in coma a Venezia e soprattutto quando verrà creduto morto, assassinato dallo stesso Vaticano. Sono minacce di una gravità spaventosa, poiché capaci di portare il mondo intero sull’orlo di un nuovo conflitto globale. 

Come se non bastasse, un’alleanza formatasi tra il ministro italiano dell’economia, il nuovo responsabile delle finanze vaticane e un cardinale senza scrupoli, ricatta il pontefice. Con conseguenti illeciti finanziari che non è difficile immaginare. Perché Giovanni Paolo III è ricattabile. Ha uno scheletro nell’armadio, che invero è ancora assai vivo, e che il sopracitato cardinale (Massimo Ghini) conosce, avendo condiviso in gioventù con lui gli alloggi degli studi ecclesiastici. Il pontefice, nel frattempo, si intrattiene con Marilyn Manson e con Sharon Stone, entrambi da lui ammirati, e lascia a metà un’intervista televisiva in diretta mondiale. Ma è proprio la fragilità di questo nuovo papa la chiave di lettura del suo viaggio esistenziale e forse dell’intera serie.

In questa chiave andrebbe vista anche la morte di Girolamo, il ragazzo gravemente disabile che Voiello considera il suo unico amico. L’amico che lo ha accompagnato in tutte le battaglie. Non ultima quella con le suore di clausura di Santa Chiara, da sempre dedite alla cura di abiti e cibo per i cardinali. Suore che rivendicano maggiore dignità. O meglio, con le parole dello stesso Sorrentino: “una volta che il Vaticano avrà risolto il problema pressante della pedofilia, quello della parità dei sessi potrebbe essere il prossimo da affrontare”.

The New Pope: Girolamo e Lenny Belardo

Voiello affronterà la questione femminile, al contrario di Assente – cardinale imposto nella sua successione sempre attraverso il ricatto – con una sensibilità e un’intelligenza che aumentano ulteriormente la caratura di uno straordinario personaggio. Sarà proprio la morte di Girolamo a completare in profondità questo quadro, con il funerale di sfarzo inaudito per lui preparato da Voiello, a cui assistono il papa con tutto il collegio porporato. E qui egli pronuncia un discorso di rara forza e bellezza, che proprio nella fragilità e nella delicatezza di quell’essere tristemente segnato dal destino ritrova il senso della pienezza e della gioia della vita. “Girolamo è tutto quello che noi non siamo. E questo è il motivo per cui siamo riuniti oggi, per celebrarlo, perché non siamo come lui e perché vorremmo essere come lui. […] Girolamo è il mondo che soffre, Girolamo è il mondo che ama.”

Evento inspiegabile per la medicina, o perlomeno per il primario specialista cardiochirurgo che lo segue, dopo aver inutilmente tentato il trapianto di diversi cuori – tra cui quello di un musulmano – Lenny Belardo si risveglia. Non vuole che il mondo per ora ne venga a conoscenza. E questo avrà conseguenze. Torna a bere le sue Cherry Diet Coke. Torna a fumare. Vive in incognito nello splendido appartamento veneziano del suo chirurgo. La moglie del chirurgo gli chiede un miracolo: il suo unico figlio ha una malattia degenerativa incurabile. Non può più muoversi, non vede e non sente niente. Lenny si lascerà convincere. Ma il miracolo non riuscirà. Poiché il disegno divino è sempre imperscrutabile. E anche Belardo comprende la propria fragilità.

Nel frattempo però ci sono stati attentati. Sono scoppiate bombe. E ora sono stati presi in ostaggio un prete e dei bambini. Tutti credono sia opera del califfo e dell’ISIS. 

La fine e l’inizio

Per Lenny Belardo, sempre sensibile riguardo i bambini, è giunta l’ora di tornare in Vaticano. A confrontarsi con un nuovo Papa. Un papa “fragile come un pezzo di porcellana”, un papa dal passato punk. Un papa eroinomane. Infine, un papa che cerca disperatamente l’amore. L’incontro tra questi due papi è qualcosa di sublime. E così è il finale che attende questi due esseri umani.

Come in precedenza, anche The New Pope ha suscitato critiche e dissensi a non finire, sia sul piano squisitamente estetico sia sul piano religioso. Basterebbe l’incipit di questa serie a spiegarne le ragioni. Una grande croce illuminata da un neon color fucsia, il fascinoso corpo seminudo di Jude Law, immobile nel suo coma, lavato con dedizione da una giovane suora. La suora si distende accanto al papa e, con altrettanta dedizione, comincia a toccarsi…

Dai giornali vicini agli ambienti ecclesiastici al Patriarcato di Venezia (alcune scene sono state girate in un ex monastero nell’isola di San Giorgio), diverse voci si sono levate in coro a stigmatizzare l’ultima fatica seriale di Sorrentino. E vabbè. Libero dall’aria di scandalo che si respira in The Young Pope, The New Pope sonda con maggiore libertà i nebulosi territori dell’anima e dei corpi. Corpi deformi e malati, corpi giovani e sensuali. Il corpo come tempio sacro, tentazione, tormento e aberrazione.

L’anima è dolore e desiderio, prigioniera in una realtà di percezioni (“Perception is everything” dice più volte Bauer). La Chiesa è un’istituzione fondata su una ritualità totalmente e volutamente inattuale. Un’istituzione abitata da uomini fragili e vanitosi, esseri più o meno innocentemente sospesi tra vizio e virtù. E The New Pope di Paolo Sorrentino in fondo è proprio tutto questo: un inno alla bellezza e alla malattia, alla fragilità e alla vanità dell’essere umano.

Abbiamo discusso i temi di The New Pope e The Young Pope in questa puntata del podcast

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Leggi il nostro articolo su The Young Pope, il prequel di The New Pope

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